L’homo religiosus
e il simbolo della montagna sacra
(da àtopon Vol. III)

Julien Ries

Nota: (*)

Attraverso i testi che l’uomo ci ha tramandato dopo l’invenzione della scrittura e attraverso le costruzioni che ha realizzato in epoche lontane entriamo nella sua concezione del simbolismo della montagna.

Le nostre prime guide sono i Sumeri e gli Egiziani dell’Antico Impero che ci fanno scoprire il senso della montagna sacra: ziggurat mesopotamico e piramide egiziana.

I. La montagna, congiunzione della terra e del cielo.

1.  La volta celeste e l’uomo

Ziggurat su sigillo mesopotamico
Ziggurat su sigillo mesopotamico

L’uomo arcaico è stato impressionato dalla volta celeste che costituisce il primo elemento dell’ambiente che lo circonda. La semplice contemplazione del cielo provoca nella coscienza dell’essere umano un’esperienza di forza e di sacralità. Le zone siderali, inaccessibili all’uomo in via normale, hanno il prestigio della trascendenza. Mircea Eliade ha molto insistito su questo aspetto, ed ha dimostrato che l’influenza della volta celeste sull’uomo e sulla sua coscienza religiosa non derivano da una deduzione logica o causale ma da un dato immediato legato alla presa di coscienza da parte dell’uomo della sua posizione nell’Universo.

Simbolo onnipresente in tutte le religioni e in tutte le culture, la volta celeste significa la trascendenza, la forza, l’immortalità. A questa ierofania sono legati il sole, la luna, gli astri, la folgore, la pioggia, l’arcobaleno, le meteore e le tempeste. Il cielo è anche il regolatore dell’ordine cosmico, cosa che ha indotto numerosi popoli a considerarlo come l’archetipo dei signori della terra. In Cina l’Imperatore veniva chiamato figlio del Cielo. In Egitto, la dea Nut, rappresentata curvata in modo da formare una volta, simboleggia il cielo: i suoi piedi toccano il sole ad Occidente e le sue mani lo toccano ad Oriente. Si riteneva che nella sua curva, percorsa dal sole, essa avvolgesse il cosmo intero. Poiché personifica lo spazio celeste intero veniva chiamata madre degli dei e degli uomini.

2. La terra e la percezione del mistero dell’esistenza

Piramide precolombiana
Piramide precolombiana

Congiuntamente con la volta celeste, la terra costituisce il secondo simbolo primordiale attraverso il quale l’uomo accede al mistero fondamentale degli esseri e delle cose. L’uomo comprende che la terra è legata ad un doppio mistero: in primo luogo, per la sua stessa esistenza, al mistero della creazione primordiale, in secondo luogo, per la sua inestinguibile fecondità, al mistero della creazione continua. Considerata come sostanza universale, chiamata prakriti in India, chaos in Egitto, essa è nella Bibbia la materia prima della creazione operata da Dio. Nella religione vedica è simbolo delle funzioni materne: sorgente dell’essere, della vita. Nella teogonia di Esiodo, genera il Cielo (Uranos) e finirà col portare il nome di Grande Madre.

Nei miti, la terra è spesso associata al cielo, e assimilata alla donna: solchi inseminati, arature, parti e messi, lavoro agricolo e atto della generazione, raccolta di frutti e allattamento del figlio. Presso alcune popolazioni, le donne sono invitate a gettare il grano nei solchi poiché questa usanza è promessa di messe abbondante. Il Corano (11, 223) ha conservato un’eco del rispetto per la donna creatrice del genere umano e simbolo della fecondità. M. Eliade ha più di una volta insistito sulla trilogia terra, donna, fecondità.

Numerosi miti fanno riferimento a una ierogamia cioè a un matrimonio sacro tra cielo e terra al fine di dare origine a forme viventi. I miti del Vicino Oriente che insistono sulla solidarietà terra-donna sembrano affondare le loro radici nel terreno neolitico: la terra è madre perché genera forme viventi traendole dalla propria sostanza, poiché tutto ciò che nasce dalla terra è dotato di vita e il grano che ritorna alla terra diviene anch’esso sorgente di vita.

Questi pochi dati evocano appena la ricca illustrazione operata in questo campo dalla storia delle religioni la cui documentazione si è considerevolmente arricchita negli ultimi decenni.

3.  La montagna simbolo di unione tra cielo e terra

La Mesopotamia fornisce uno dei simboli più eloquenti, lo ziggurat di cui si sono trovate le rovine di trentacinque esemplari. Lo ziggurat era una montagna artificiale costruita in modo tale da permettere alla divinità di discendere sulla terra. Un tempio era edificato alla sommità : accoglieva la statua divina. Un altro tempio era situato alla base: era il luogo di accoglienza dell’ospite divino. Scale monumentali collegavano le terrazze tra di loro. Questa architettura doveva servire alla teoria dei preti durante la solenne processione.

Ricostruzione dello zigguratr della città di Ur

A Larsa lo ziggurat aveva un nome significativo: casa del legame tra cielo e terra. Durante la celebre festa di primavera, l’Akitu, a Babilonia la statua del dio Marduk scendeva dal cielo e per due settimane compiva un percorso festivo di tempio in tempio prima di risalire verso il reame celeste. Ad Assur lo ziggurat era la casa della montagna-universo; a Borsippa, la casa delle sette guide del cielo e della terra, cioè dei sette pianeti. Sappiamo che a Babilonia il tempio della sommità era dipinto in blu, colore della volta celeste.

In Egitto il più antico simbolo della montagna sacra è la piramide, superstruttura della tomba del faraone sotto la III dinastia: è il caso di Sakkara situata di fronte alla reale residenza reale di Memphis. Innalzata dal re Djoser (parola che corrisponde al vocabolo del sacro nell’Egitto faraonico) questa piramide doveva permettere al re defunto di salire nel dominio celeste: simbolo dell’ascensione verso il sole. Dalla Vª dinastia i teologi di Eliopoli daranno al faraone il titolo di figlio di Ra, figlio del Sole.

Il secondo simbolo egiziano della montagna è l’obelisco: grande ago monolitico di granito innalzato davanti ai pilastri dei templi, soprattutto a partire dal Regno Medio (2130-1600). L’obelisco è simbolo del luogo primordiale sul quale il sole ha preso posto al momento della creazione. Grazie alla punta piramidale dalla sommità coperta doro massiccio, è simbolo del sole stesso. Così l’obelisco è il simbolo della montagna cosmica che ha dato slancio al sole, il simbolo del sole e della volta celeste attraverso cui compie la sua corsa. Per costruire queste montagne simboliche sacre, i faraoni spendevano fortune. Il conquistatore dell’Egitto Assurbanipal si vanta daver portato da Tebe fino in Assiria due obelischi di elettro di 2500 talenti ciascuno, il che significa 75.250 chili di questo metallo che contiene il 75% doro.

Il grande impero ittita d’Anatolia (1380-1180) aveva per capitale Hattusa di cui abbiamo ritrovato la prodigiosa biblioteca: 30.000 tavolette coperte da scrittura cuneiforme. Per gli Ittiti la montagna costituiva una delle principali manifestazioni del sacro. In questo paese caratterizzato da un rilievo montuoso molto accentuato le grandi feste religiose si celebravano sulla sommità delle montagne: i preti vi salivano per incontrare gli dei che vi avevano stabilito la loro residenza.

Il tema della montagna considerata come residenza della divinità è molto diffuso nelle antiche culture. In India il monte Meru – una montagna mitica – è la dimora di Indra, il dio della guerra. Il Kailsa è la montagna sulla quale dimora il dio Shiva. L’Olimpo è il luogo del soggiorno di dei e dee della Grecia classica. In Giappone i vulcani sono considerati la residenza delle divinità. In Cina, presso i maestri taoisti, il monte K­ouen-Louen è simbolo del soggiorno dell’immortalità. Nella mitologia taoista, la fama di questo monte proviene da un maestro celeste Tchang Tao-ling che vi avrebbe trovato due spade destinate a cacciare i cattivi spiriti e che vi avrebbe bevuto l’elisir di immortalità prima di salire al cielo su un dragone dai cinque colori. Questa montagna è considerata come il luogo di soggiorno degli immortali.

4.  La montagna luogo simbolico della parola di Dio

In alto: Stupa tibetano chiamato "chorten". In basso: Stupa a campana (II-III sec., isola di Ceylon)
In alto: Stupa tibetano chiamato “chorten”.
In basso: Stupa a campana (II-III sec., isola di Ceylon)

Sulla montagna la divinità ha fatto ascoltare la sua voce. è il caso del dio ittita delle tempeste. In Africa e in America i miti testimoniano di brume, di nubi, di lampi che in prossimità delle montagne segnalano le variazioni dei sentimenti degli dei in relazione ai comportamenti degli uomini.

Nella Bibbia il simbolismo della montagna come luogo della parola di Dio occupa un grande spazio. L’esperienza storica di Israele si radica nella teofania del Sinai (Es 19-24). Dio si è rivelato a Mosé e attraverso di lui ha concluso un’alleanza con Israele sul Sinai. Dio lo ha chiamato dall’alto della montagna, gli ha annunciato che Egli stesso sarebbe disceso il terzo giorno sulla montagna. Mosé sale ad incontrare Dio: la congiunzione terra-cielo si realizza e Dio dà il decalogo a Mosé. Nella Bibbia il Sinai diviene un prototipo, un simbolo primordiale dell’incontro di Dio con il suo popolo: Sion, Thabor, Garizim, Carmelo. Su quest’ultimo monte il profeta Elia confonde i preti di Baal facendo discendere il fuoco dal cielo sull’olocausto preparato da lui (1 Re 18).

Nella vita di Gesù la montagna occupa un posto di privilegio. Tre volte troviamo la montagna come luogo di manifestazione e di solenne proclamazione. La prima di queste manifestazioni è il sermone della montagna con la carta delle beatitudini (Mt 5, 1-12; Lc 6, 20-23). Abbiamo quindi la teofania della Trasfigurazione di Gesù (MtMc 9, 2-8; Lc 9, 28-36). Infine sul Monte degli Olivi ha luogo l’Ascensione di Gesù che ha consegnato ai suoi Apostoli il suo supremo testamento (At 1, 12). Del resto proprio sul Monte degli Olivi Matteo (Mt 24, 3) e Marco (Mc 13, 3) collocano il discorso escatologico di Gesù. 17, 1-8;

II. La montagna centro del cosmo

1.  Il simbolismo del centro come esperienza del sacro

Il cerchio, il quadrato, la croce e il centro sono simboli fondamentali che rivelano una struttura del cosmo e una modalità del reale che non sono assolutamente evidenti a livello dell’esperienza: tutti i simbolisti sono d’accordo su questo punto. Il centro è il focolare da cui parte il movimento: è l’uno che dà origine e dinamismo al molteplice. è anche il punto di convergenza in cui si raggruppano le forze, i ritorni e in cui si congiungono i raggi della ruota. Il centro è un simbolo dinamico in quanto fondatore, supporto e recettore di forze.

Vi sono legioni di esempi. Presso le popolazioni arcaiche, il centro totemico è il luogo delle rivelazioni primordiali, della ripetizione dei gesti rituali che per mezzo dell’iniziazione permettono di raggiungere le potenze originarie. è spazio sacro per eccellenza legato all’esperienza dell’uomo nel cosmo. Già nel neolitico l’uomo ne difendeva l’accesso per mezzo del labirinto che solo l’iniziato era in grado di percorrere fino al luogo sacro. Il centro è il cosmo organizzato di fronte al caos e al  tohu-bohu. Al centro troviamo la collina originaria delle cosmogonie egiziane, l’omphalos cosmico dei Greci, l’albero che è simbolo dell’asse del mondo.

Il centro è il punto di partenza della creazione. In Mesopotamia, l’uomo è stato modellato a Dur-an-kicrocevia del cielo e della terra; nella Bibbia, nel giardino dell’Eden; in Egitto sulla collina di sabbia a Heliopolis o su un’isola a Hermopolis. Queste antiche cosmogonie situano l’uomo al centro del mondo. Ritroviamo un processo identico nelle città archetipiche come Memphis, Babilonia, Gerusalemme, Roma. Ciascun popolo, ciascuna religione ha i suoi centri fondatori nei quali l’uomo trova le sue radici. La geografia sacra costituisce un dato fondamentale della specie umana.

Nelle religioni arcaiche la geografia sacra è regolata da miti che fanno riferimento ad avvenimenti primordiali: miti cosmogonici, miti di creazione dell’uomo, della tribù, degli animali, delle piante. Nelle grandi religioni del Vicino-Oriente, dell’Egitto, dell’India, i miti giocano il loro ruolo significativo: residenza degli dei, luoghi di antiche teofanie divenuti cittadelle del sacro, grandi santuari, laghi e fiumi sacri sorgenti della rinascita dell’uomo grazie alla purificazione, luoghi fondatori del buddhismo. Nel mondo biblico il tema della Gerusalemme celeste diviene centrale: archetipo della città degli uomini e della città futura. L’Islam ha serbato memoria dei luoghi sacri della vita del Profeta. Nel Nuovo Testamento e nella Chiesa cristiana la geografia sacra è determinata dagli avvenimenti della vita di Gesù.

2. La montagna, centro cosmico e sacro

Gerusalemme celeste. Da una miniatura dell'Apocalisse di Bamberga, ca 1020.
Gerusalemme celeste.
Da una miniatura dell’Apocalisse di Bamberga, ca 1020.

a) Nella loro opera Le monde des symboles, Zodiaque, 1981 (trad. it. I Simboli del Medio Evo, Jaca Book, 1992 4), G. de Champeaux e S. Sterckx insistono sulla simbolica della forma montagna-piramide. La montagna è rappresentata dalla piramide che è una forma perfetta in quanto «è un volume orientato verso il punto superiore al quale tende e dove termina in unità » (p. 191). Questo volume ben si presta a significare la totalità e l’equilibrio delle opposizioni cosmiche: evoca tutto ciò che dice la montagna. Poggiando su una base quadrata fissata al terreno riproduce nella sua quadruplice rotazione il ciclo delle stagioni intorno allasse del mondo. è montagna, ma anche imago mundi. è un simbolo straordinario.

b) Nella cosmologia musulmana Kf è il nome della montagna che circonda il mondo terrestre secondo l’antica rappresentazione araba. La terra è infatti concepita come un disco circolare piatto sostenuto dalla montagna Kf di smeraldo verde di cui il cielo rifletterebbe il colore. Kf è dunque una montagna che circonda la terra, ne è il supporto, segna l’estremità del mondo ed è la montagna madre di tutte le montagne. Questa concezione musulmana sembra ispirarsi ad alcune tradizioni indo-iraniche (cfr.M. Strek, Kf, in Encyclopédie de lIslam, Leiden-Paris, Brill, IV, 1978, pp. 418-419).

c) La montagna e i pellegrinaggi 

Ogni pellegrinaggio è un cammino verso un centro al fine di incontrarvi una Realtà trasformante. Numerosi pellegrinaggi hanno come meta la sommità delle montagne: l’uomo vi incontra il divino. In Grecia i più celebri erano le grandi panatenee che la città di Atene celebrava in onore della sua dea per commemorare la nascita di Atena e la fondazione di Atene. Le festività terminavano sulla collina santa del Partenone. In Tibet il monte Kailash nella regione ovest, vicino a Ladakh è venerato ad un tempo dai buddhisti e dagli indù. Per questi ultimi è il luogo di residenza del dio Shiva. Buddhisti e indù assimilano il Kailash al monte Meru, l’asse del mondo. Durante il pellegrinaggio la circumambulazione dura in media tre giorni nel corso dei quali i pellegrini sostano nelle grotte di meditazione dei grandi yogi d’altri tempi.

In cinese chaoshan (andare in pellegrinaggio) significa andare per avere udienza su una montagna. Il pellegrino va a celebrare un culto ad un dio che troneggia su una montagna. Ogni santuario è assimilato a una montagna. I più antichi pellegrinaggi cinesi sono i pellegrinaggi taoistici molto anteriori alla nostra epoca e avevano tutti come meta le montagne sacre. Nel corso dei secoli sono divenuti importanti i pellegrinaggi verso i santuari, tuttavia la porta d’entrata dei grandi templi è spesso chiamata porta della montagna. Quando il buddhismo è entrato in Cina il pellegrinaggio è divenuto necessario al riconoscimento della sua identità : quattro montagne, le più famose, furono consacrate ai pellegrinaggi dei buddhisti, cioè Wutai shan, Omei shan, Jiuhan shan, Putuo shan. Scegliendo quattro montagne principali collocate ai punti cardinali, i buddhisti cinesi armonizzavano le loro dottrine con i principi universali yin e yang. Il pellegrinaggio costituisce un cammino verso l’illuminazione.

3. La montagna asse del mondo

Piccolo Stupa in pietra. Arte indiana di epoca Kushana.
Piccolo Stupa in pietra.
Arte indiana di epoca Kushana.

In tutte le civiltà incontriamo il simbolo dell’asse del mondo. Nelle antiche culture del Vicino-Oriente emerge l’immagine di tre regioni cosmiche collegate da un asse: cielo – terra – inferno. Questa tradizione di Nippur e di Babilonia è stata ereditata dagli Ebrei presso i quali si tramanda che la roccia di Gerusalemme penetri profondamente nelle acque sotterranee. Ritroviamo la nozione dell’apsû mesopotamico e del tehôm ebraico sia in India che a Roma dove il mundus è una fossa che comunica con il mondo inferiore.

Nell’immaginario dei popoli la rotazione della cupola celeste si appoggia su una montagna centrale. Essa gira come un gigantesco pilastro che nei miti prende l’aspetto di una colonna di ferro o doro o come un albero di ferro. Presso i Germani, l’irminsul è un alto palo di legno rinforzato da una punta in ferro che fa da perno. Irminsul sarà il grande albero Yggdrasil degli Scandinavi. I popoli uralo-altaici innalzano la yurta, un’abitazione che si appoggia su un albero maestro centrale, replica del pilastro cosmico. Il foro della sommità si apre sulla stella polare.

III. Il tempio simbolo della montagna sacra

Attraverso realizzazioni, opere, costruzioni, monumenti, l’homo religiosus esprime le sue credenze e le esteriorizza al fine di creare un quadro di vita nel cui contesto svolgere le sue attività. Templi e santuari sono rappresentazioni alquanto significative della simbolica sacrale della montagna.

1. Lo stupa buddhista: un vasto reliquario

Lo stupa indiano, originariamente un tumulo edificato sulle reliquie di Buddha, è divenuto un importante centro di pellegrinaggio.

In India lo stupa di Sañci è molto ben conservato. Lo stupa indiano aveva la forma di una vasta cupola emisferica rappresentante la volta celeste. Sulla sommità è eretto un piccolo tempio, casa mitica delle divinità. Un asse va dal basso verso l’alto. Intorno allo stupa edificato su un quadrato, un muro di cinta apre attraverso quattro portici sui quattro punti cardinali.

Lo stupa è dunque una collina sacra simbolo del centro del mondo. In Birmania, in Cambogia, in Vietnam questa collina è divenuta piramide, cono o pilastro che mette così in evidenza il simbolismo dell’axis mundi. Questa ricca simbolica ha la funzione di aiutare il pellegrino buddhista nella sua meditazione.

2. Le piramidi precolombiane

La piramide è la montagna simbolica in relazione con il sole. In Egitto è in relazione diretta con il culto funerario reso al faraone: simbolo ascensionale. Nelle culture precolombiane le piramidi sono templi solari: ne esistono un migliaio in Messico. In Bolivia a Tiahuanaco, nell’antica civiltà degli Incas, la piramide d’Akapana è perfettamente orientata secondo i punti cardinali. Essa è al centro di un complesso architettonico nel quale è rappresentato il mito della creazione in un contesto di culto solare. A Pumapunka, una piramide di 150 metri di altezza porta alla sua sommità un tempio consacrato al giaguaro, simbolo della corsa notturna degli astri. Alla sommità di queste piramidi i preti celebravano i sacrifici in onore del sole affinché questi continuasse la sua corsa vitale per gli uomini e la natura.

3. La Ka’ba della Mecca

La Ka’ba, santuario per eccellenza dell’Islam, è la “casa di Allah”, il centro del mondo. Orientandosi verso di essa i Musulmani del mondo intero rivolgono la loro preghiera cinque volte al giorno. Ogni anno centinaia di migliaia di pellegrini affluiscono verso di essa. Nella letteratura mistica, la Ka’ba è il primo tempio del cosmo, replica della montagna sacra. Costituisce il grande simbolo dell’unità dell’Islam in preghiera nella sua missione di adorazione del Dio unico.

4. Il tempio dell’Alleanza

Sulla montagna santa Dio ha sigillato l’Alleanza con Mosé e gli ha anche rivelato i dettagli del santuario che avrebbe dovuto costruire. In tal modo la montagna storica del Sinai e il Tempio fatto secondo un modello rivelato da Dio sono due realtà che si sovrappongono nell’Antico Testamento. La linea simbolica va dal Sinai alla collina di Sion. Il salmo 48 celebra la città, la Montagna sacra e il Tempio che diviene il luogo del pellegrinaggio del popolo eletto. I salmi graduali (120-134) cantano questo pellegrinaggio verso la montagna sacra sulla quale il popolo adora il suo Dio.

5. Il simbolismo del tempio cristiano

Ritroviamo il simbolismo biblico e universale nel tempio cristiano, già con i Padri della Chiesa. Sul Golgota, la montagna santa, ha avuto luogo storicamente il sacrificio del Cristo. La grande visione di Giovanni è quella dell’Agnello «…che sta sul monte Sion» (Ap 14, 1); L’epistola agli Ebreiparla del monte Sion «…nella cittò di Dio, la Gerusalemme celeste» (Eb 12, 23). Così la scena del calvario prende un rilievo molto particolare. L’arte cristiana primitiva e bizantina ha trattato mirabilmente questo simbolismo della montagna della salvezza. Questo simbolismo è ripreso essenzialmente nella costruzione dell’altare: i gradini sono simbolo della montagna santa divenuta Golgota mistico in cui il prete celebra il sacrificio della Nuova Alleanza.

Secondo J. Hani (Le symbolisme du temple chrétien, pp. 78-79) bisogna tener conto di un fatto: nell’antichità le torri delle chiese non ospitavano le campane. Esse erano un cubo o una piramide sormontata da una cupola. In tal modo si comprende come la torre con la piramide e la freccia che la sovrasta sia un’immagine della montagna cosmica.

Il simbolismo del tempio cristiano assume interamente il suo significato nell’ordine simbolico della liturgia orientale cristiana che dispiega, nello spazio e nel tempo, l’opera d’amore di Dio e canta la Santa Trinità. Cristo è il tempio nuovo, il luogo unico in cui si può adorare il Padre in spirito e in verità. Ma bisogna edificare templi provvisori che sono, dice Massimo il Confessore, ad un tempo immagine di Dio e dell’Universo. Ogni Chiesa è un piccolo Universo il cui simbolismo si esprime attraverso un doppio movimento: un asse verticale attraverso la cupola sormontata dalla lanterna e da una seconda cupola, quella del Cristo Pantocrator; un asse orizzontale in marcia verso l’Oriente.

Julien Ries


Bibliografia

H. BiedermannEnciclopedia dei simboli, Garzanti, 1991.
M. Eliade
Trattato di storia delle religioni, Boringhieri, Torino 19763.
J. Ries
Le religioni, le origini, Jaca Book, Milano 1993.

G. de Champeaux e S. SterckxI simboli del Medio Evo, Jaca Book, Milano19924.
J. Chelini e H. Branthomme
Histoire des pélerinages non chrétiens. Entre magique et sacré: le chemin des dieux, Hachette, Paris 1987.

J. Hani, le symbolisme du temple chrétien, Guy Ttrédaniel, Versailles 1978
J. Ries
 (a cura di) I simboli delle grandi religioni, Jaca Book, Milano 1988

(*) Comunicazione tenuta al I Convegno Internazionale dell’Istituto di Psicologia Analitica e Psicoantropologia Simbolica Mythos : La Quê te du Sacré et sa symbolique – Bougy St. Martin -Svizzera 17-18 Giugno 1992.

Traduzione dal francese di A. Iacuele


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