Psicoanalisi e transdisciplinarità L’Istituto Mythos e l’eredità di Eranos

Maria Pia Rosati

Chi ricorda Eranos, il suo senso, il suo segreto, lo spirito che ha animato per anni, dal 1933, quegli incontri nella villetta di Olga Froebe ad Ascona, sulla riva del lago Maggiore?
Carl Gustav Jung, Karl Kerényi, Martin Buber, Heinrich Neumann, Henri-Charles Puech, Henry Corbin, Mircea Eliade, Walter Otto, Giuseppe Tucci, Louis Massignon, Gilbert Durand, furono solo alcuni tra gli ospiti più fedeli che fecero di quel luogo la fucina della cultura europea del ‘900.

Approdare ad Ascona per i seminari di “Eranos”, accogliendo l’invito di Hélène Erba Tissot, della scuola di psicologia analitica junghiana italiana, è stata per il nostro gruppo di psicoanalisti junghiani un’esperienza fondante che ci ha iniziato ad un nuovo cammino: un pellegrinaggio e un’avventura spirituale che ha segnato un punto di svolta. Grazie ad Hélène Tissot abbiamo conosciuto Marie Amélie de Robilant, Gilbert Durand, Jean Servier, Jean Brun, James Hillman. Ma soprattutto siamo entrati in contatto con lo spirito di Eranos, il suo senso e il suo segreto: l’idea di una comunità vera di oratori e di ascoltatori che si riunivano per consumare un cibo sacro (il nome Eranos viene dal greco eranos, il pasto frugale in cui ognuno porta con sé il proprio cibo da consumare ritualmente nella comunità). Uno stesso proposito animava ciascuno dei conferenzieri appartenenti a diverse discipline: «esporre ciò che gli pareva essenziale per l’uomo alla ricerca della conoscenza di sé stesso, cioè alla ricerca della piena valorizzazione di tutte le esperienze umane che hanno un significato permanente ed eterno.» (H. Corbin).

C’era un clima di libertà spirituale assoluta. Senza alcuna preoccupazione di essere al passo con il suo tempo, Eranos si proponeva ben altro fine: quello di essere se stessa, esplicitando e compiendo il proprio senso, di essere una presenza attiva, che mette al presente ciò che la concerne «e quindi perciò è il suo tempo, senza cadere nel suo tempo». Non c’era alcuna ricerca, da parte degli studiosi, del nuovo o dell’originale connotato individualisticamente, ma soltanto il bisogno di spezzare i confini particolari delle proprie discipline, allargare coraggiosamente il proprio orizzonte. Gli incontri più fecondi erano certamente tra psicologi del profondo, orientalisti, antropologi, studiosi delle religioni, i quali entravano in un dialogo continuo con i rappresentanti delle scienze fisiche.

Eranos aveva la forza trasformante di un rito. Quell’atmosfera culturale di raccoglimento e di vera creatività era favorita dal genius loci che proteggeva quel luogo, una villetta sulle sponde del Lago Maggiore, immersa nel verde, con alle spalle i monti.
Tuttavia un’epoca stava finendo. Molti di coloro che dal 1933 erano stati gli assidui protagonisti di quel dialogo e ne erano stati il nucleo inspiratore non c’erano più. Ma i semi gettati avevano solo bisogno di tempo per venire alla luce.

Bougy
Bougy St. Martin

Gli incontri di Ascona hanno fatto nascere forti legami di amicizia. Dobbiamo soprattutto a Marie Amélie de Robilant, allieva di Corbin, studiosa di religioni orientali, l’incoraggiamento a continuare ad incontrarci per studiare in un cenacolo con pochi amici, in Svizzera, nella sua casa di Bougy St. Martin, sul lago di Ginevra.

Nel 1981 in Italia il nostro sodalizio ha dato origine all’associazione “Mythos” Istituto di Psicologia analitica e Psicoantropologia simbolica, con sedi a Roma, a Bracciano sulle rive del lago omonimo, e a Formia sulle rive del mar Tirreno.
Il nostro primo scopo era far sì che il messaggio di Eranos continuasse ad essere vivo: che si continuassero a promuovere e incoraggiare gli incontri e il dialogo tra i rappresentanti delle varie discipline che si rivolgono allo spirito e alla mente umana.

Che proprio degli psicoanalisti junghiani si facciano promotori di questi incontri e confronti tra le varie discipline può essere spiegato dal fatto che la psicologia analitica e la psicoantropologia simbolica rappresentano ai nostri giorni un tentativo propriamente transdisciplnare di un processo di sintesi che, riprendendo il messaggio delle più antiche tradizioni sapienziali, si muove nella direzione (nell’utopia) della ricomposizione dell’originaria unità del sapere.

Come ci insegna Platone, nei miti si celano i fenomeni originari della vita spirituale e le più profonde conoscenze tradizionali, per questo abbiamo dato alla nostra associazione il nome “Mythos” nel suo significato originario di “parola fondante” che è ad un tempo “essere” e “progetto”.

Utopia
Mappa dell’isola di Utopia Illustrazione per la prima edizione di “Utopia” di Tommaso Moro (Lovanio-1516)

Il nostro approccio conoscitivo è transdisciplinare. Il postulato della transdisciplinarità è che esista, oltre i confini delle singole discipline, uno spazio riempito da un flusso di informazioni che attraversa tutte le discipline, si nutre di esse e le supera. Si tratta di un luogo senza luogo, uno spazio di apertura, di libertà, di comprensione, di tolleranza, non solo per esigenza morale, ma per necessità epistemologica in quanto la transdisciplinarità si fonda sull’idea dell’irriducibilità del non conosciuto.

La transdisciplinarità, come ebbe a dire Basarab Nicolescu al Congresso: “Scienze e Tradizione: prospettive transdisciplinari” (UNESCO, 2-6 Dicembre 1991), appartiene alla no man’s land che si situa tra le differenti discipline senza essere definita dai metodi e dalle metodologie di queste differenti discipline.
Essa cerca di ricomporre la scissione multisecolare all’interno del sapere, mira alla riconciliazione tra soggetto ed oggetto, tra l’uomo esteriore e l’uomo interiore, rappresenta un tentativo di ricomposizione dei differenti frammenti della conoscenza.

L’Istituto “Mythos” svolge le sue ricerche nell’ambito della psicologia analitica e della antropologia simbolica sulla linea del nuovo spirito antropologico ed epistemologico di cui danno testimonianza (tra gli altri) il pensiero e l’opera di C. G. Jung, H. Corbin, A. Coomaraswamy, M. Eliade, G. Bachelard, G. Durand, J. Ries.
L’esigenza di uno spazio di incontro, al di là di ogni accademismo e dogmatismo, fuori da ogni definizione e da vincoli burocratici, ma in cui emergano affinità, relazioni, tendenze, in un concorso che prenda significato, ha portato all’idea di creare la rivista di psicoantropologia simbolica e tradizioni religiose «átopon».

Àtopon è “luogo di ciò che è senza luogo”, eppure è sempre presente ad orientarci e a guidarci:

“è il simbolo? Molti sono i suoi nomi”.

Maria Pia Rosati


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