Il cristianesimo e la modernità

Indichiamo alcuni paragrafi di riflessione sul tema del cristianesimo
tratti dal saggio Estremadura di Giuseppe Lampis

Giuseppe Lampis

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Il cristianesimo. Qual’era il suo compito più difficile? Risolvere le spinte ascetiche o imparentarsi con il paganesimo agrario mediterraneo? Come ha potuto la religione del crocifisso, dell’uomo che prende su di sé il dolore, dell’uomo che si sacrifica, diventare il presupposto essenziale per il razionalismo tecnico dominatore del mondo?

ELYSIUM AND TARTARUS OR THE STATE OF FINAL RETRIBUTION - James Barry (Cork 1741 - Londra 1806)
ELYSIUM AND TARTARUS OR THE STATE OF FINAL RETRIBUTION – James Barry (Cork 1741 – Londra 1806)

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Si è voluto fare di questo un mondo di piaceri simile a un aldilà beato degli antichi, dove gli abitanti né faticano né invecchiano né soffrono, dove cresce in abbondanza ogni bene e si canta e si danza senza più dolore: eppure, questa trasformazione dell’aldiqua in un aldilà non può essere riuscita senza portarsi con sè anche il carattere essenziale di quel mondo, che si tratti di un mondo di morti.
Trapassando in un’altra vita trasfigurata e potenziata, la nostra viene perduta per sempre. L’Elisio è una nuova spiaggia ma per raggiungerla si deve passare un confine irreversibile. Se tutto di esso è stato riprodotto alla perfezione, oggi stiamo vagando ebbri come morti.

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Il pensare è indissolubilmente legato all’affermare. Anche il dire no contiene un dire sì. Pensare significa enunciare in ogni caso un qualcosa di reale e attuale: questo è Aristotele, e questo era già il significato del famoso frammento numero 3 di Parmenide (“la stessa cosa è pensare e essere”) .
Il principio del pensare, che si formula nel principio d’identità, si pone come la legge alla quale il pensare non può sottrarsi. Tale principio esprime la forza perentoria e ineluttabile della suprema affermazione che sta alla radice del pensare.
Il fondamento della logica della verità è nell’affermazione. Ma l’affermazione, che si esprime nella logica, sta prima della logica. La logica rinvia alla forza fondante della vis affermativa e riporta a un impetus volitivo preindividuale, in cui si costituisce lo stesso uomo logico.
Il risultato paradossale della teoria aristotelica, e della tesi parmenidea a essa sottesa, è che finisce per riconoscere le ragioni degli sprezzati sofisti. Se la forza fondante della verità dei logici consiste in un impulso prelogico, oscuro, biologico, lo stesso che spinge a intraprendere l’arte del dominio, allora la politica, l’interesse, il desiderio, posseggono una verità più elementare di quella dei logici.

Caravaggio - La conversione di San Paolo
Caravaggio – La conversione di San Paolo

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Disagio della civiltà. Desiderio di cambiare. Fantasie di una svolta.
Quasi fossimo nel buio di un evo di passaggio. Eppure da qui ci si prepara, a ricominciare, a ricreare, all’esplosione di una nuova luce. Renovatio.
In definitiva, a dispetto delle apparenze il tempo attuale viene percepito comunque in positivo, come un tempo di preparazione ricco di tutte le potenzialità.
Il disagio ha un’altra spiegazione, proprio a partire dalle straordinarie opportunità che sembrano aprirsi oggi. Bisogna spiegare bene i motivi per i quali questa specie di città hegeliana realizzata crea disagio.
Oggi, per effetto del sistema economico tecnico industriale, tutto sembra già tutto. I tempi sembrano maturi. Non c’è più l’altro. L’altro si è radicalizzato nel totalmente altro, e il totalmente altro è il tutto. Nel tutto in atto non c’è più spazio per l’altro. La situazione attuale, in cui tutto pare compiuto, o in procinto di compiersi a breve, dove predomina una stringente forza dialettica, dove la tecnica pare avere risolto i problemi, ha i caratteri tipici di una situazione antropologica da primitivi. Sembriamo già in illo tempore, nella sospensione astorica dell’inizio, nel punto in cui irrompe la prima nascita, nell’attimo della creazione. Siamo i primitivi sollevati in un tempo mitico.
Heidegger e Bultmann avevano colto la tonalità fondamentale della situazione con la idea di “decisione”. Per il primo la decisione ci riporta alla radice iniziale del tempo, per il secondo ci allinea alla fine del tempo. In queste idee sta un involontario commento allo Hegel più autentico, a colui che sosteneva che l’assoluto è ormai tornato a sé e che la storia è approdata al tempo della fine. Finalmente, ecco l’ora nella quale si decide. L’ora della libertà assoluta.

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Egualitarismo e sinistra rivoluzionaria.
Primo, perché l’egualitarismo è una forzatura ideologica, una presuntuosa teoria che schiaccia il vero uomo, il quale non è affatto un eguale intercambiabile (dice Jünger che gli uomini sono fratelli, non eguali). Colui che opera un tale livellamento non si mette nel conto comune, ma se ne tira fuori a garante. In sostanza, emerge un rapporto stretto tra Hobbes, con il suo sovrano che sta al di sopra dei sudditi garantiti, e Rousseau, con i suoi eguali. Essere eguali non è uno stato di fatto o di natura bensì un ideale; anzi, viene pensato come uno stato di natura in quanto questo stesso concetto (lo stato di natura) è un valore, dal Quattrocento in qua.
Secondo, perché se si è eguali non si vale niente e si può essere soppressi senza intaccare il principio da cui discende il valore. La teoria dell’eguaglianza, che si è presentata mostrando di volere difendere il singolo, non lo difende affatto bensì lo nega. In forza di essa, l’uno vale l’altro e tutti e due scompaiono dinnanzi all’umanità o alla società generica. In forza di essa, il singolo è negato in partenza precisamente nell’edificazione dell’eguaglianza a principio sommo.

E la radice cristiana dell’egualitarismo? La religione dell’amore non sarebbe in contraddizione con il terrorismo? Sì, lo sarebbe e infatti il cristianesimo è stato inteso come egualitario solo per un macroscopico fraintendimento. Amare significa apprezzare le differenze. Volere la vita contro la morte equivale a sentirsi attaccati alla irripetibile singolarità di ciascuno, del vero tu reale e non fittizio. Si è voluto fraintendere e equivocare l’universalismo con l’egualitarismo, dato che gli uomini non sono eguali nemmeno dalla prospettiva di Dio, il quale abbraccia non una totalità uniforme sommersa dal diluvio ma la totalità infinita delle differenze.
Non è vero che una visione aristocratica della società (ammettendo per ipotesi di potere definire così la visione contraria a quella egualitaria) si fondi sul disprezzo dell’uomo. Non bisogna confondere aristocrazia e tirannide: questa ha a che fare con la democrazia, ce lo hanno insegnato i grandi antichi.

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Il Paolo del Caravaggio. Io vedo Te, cadendo sotto il peso della luce, mentre attorno quelli vedono uno stravolto in convulsioni.

Giuseppe Lampis

Estremadura, Mythos, Roma 2008;
dalle pp. 37-48 (cap. III)

(leggi la Prefazione di Maria Pia Rosati al saggio Estremadura)

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