Immagini: illusioni o realtà

Giuseppe Lampis

I poeti e gli scrittori più fini ci fanno capire bene che la vita effettiva consiste in un denso vibrante impasto di immagini. Dato che le cose stanno così, è stato facile credere che dominare le immagini equivalga a dominare la vita.

Giovanni Domenico Cerrini - La Maga Circe
Giovanni Domenico Cerrini – La Maga Circe

Le immagini non sono però esangui fantasmi senza consistenza, non sono materiale cedevole; al contrario costituiscono un continuum spesso, un pieno multidimensionale in cui spazio e tempo, suoni e sapori, emozioni e pensieri confluiscono senza distinzioni. Esse sono la sovrabbondante realtà in cui il soggetto si sente vivere concretamente, quella realtà in cui il soggetto e l’oggetto si saldano l’uno nell’altro senza le separazioni metodologiche della gnoseologia prekantiana.

A causa di tale compatta composizione, che non si può chiudere e ridurre in una soggettività astratta e irreale, non è possibile governare le immagini arbitrariamente a piacimento. Una volta entrati nel mondo che costituiscono, è giocoforza subirne la legge. Esse si tengono secondo le proprie modalità e trame; non vanno e vengono allo sbando del desiderio, non sono indifferenti a qualsivoglia combinazione; ma vivono in una corrente trascinante alla quale è impossibile disubbidire.

Le immagini, intese nel senso dell’impasto materiale ed emotivo che dicevo, vivono secondo un’invincibile autonomia.

Ognuno crede di avere dei ricordi personali e presume di poterli evocare e associare in piena libertà, invece i ricordi seguono una logica che eccede il piccolo recinto dell’individuo. Non è l’individuo a ricordare, ripescando il mondo dal cilindro ogni volta che gli garba. Le cose sono assai più complesse. La dinamica delle immagini sfugge alla manipolazione individuale. Il musicista che compone suoni sa bene che c’è una legge che li regola, legge non fissa, non univoca, non oggettiva se si vuole, bensì tale da trascendere la sua creatività e da condizionarla: i suoni, comunque vada, devono vivere nel loro cosmo.

Lo sanno bene, molto bene, gli ultimi eredi dell’arte di usare la forza oggettiva e sovrumana delle immagini, i cosiddetti creativi della pubblicità. Autodefinizione perfettamente calzante. La più recente incarnazione della magia per incanti, per immagini, è la pubblicità. Essa prescinde dalla mediocrità delle singole esperienze e punta con mano ferma verso la trama universale delle immagini che nessuno degli spettatori può alterare. I creativi sanno bene che l’individuo, superata la soglia del mondo delle immagini, viene catturato dalla legge che le comanda.

Questa è la Circe moderna, la maga dai molti farmaci, colei che trasforma e rapisce in una sfera incantata.

Naturalmente le immagini, il fascino, l’incantesimo, il canto, il racconto, il ricordo, come possono ammalare così possono guarire.

Ma ciò si ottiene alla condizione che se ne conosca la logica, e a tale scopo occorre compiere un passo preliminare: divenire immagine.

Si tratta di un passo che riesce molto raramente. Riconoscersi immagine, sentirsi immagine, entrare nella corrente delle immagini, mollare gli ormeggi e lasciarsi cadere in un’insolita fluida materia; tutto ciò spaventa e respinge gli uomini che credono di stare sulla terraferma.

In altri termini, occorre rovesciare il processo, per così dire, compiuto dal mondo moderno. Si prenda Bultmann: togliendo a strato a strato gli involucri del mito dalla figura di Gesù, demitologizzando, alla fine non resta niente; o resta ancora, e maggiormente, altro mito. Dice il teologo che dopo la sua Entmythologiesierung resta il puro nocciolo del vero messaggio originale («sia fatta la tua volontà», «venga il tuo regno»). Ora, sarebbe davvero questo l’atomo oltre il quale il microscopio non può spingersi? Eppure vediamo che si tratta di una parola che per essere rettamente intesa importa la ricostruzione di un’intera mitologia!

Marx ha spellato la storia di ogni rivestimento spirituale fino alle ossa della severa lotta degli interessi economici, Freud ha nietzscheanamente spinto ancora più avanti lo smascheramento della genealogia dei moventi economici fino a una base più profonda – la libido –, gli antropologi hanno scoperto che la dialettica della libido è a sua volta condizionata da una struttura storico–sociale, e così siamo ritornati da dove avevamo cominciato: tutti i fondi via via disseppelliti non hanno retto al procedere dello scavo, tutti sono stati presi dagli interpreti insoddisfatti per miti, miti da sottoporre alla critica e alla scomposizione razionalistica. Il mondo moderno ha frugato con inquietudine sotto le apparenze, ha sentito il bisogno di viaggiare nell’aldilà, di scendere agli inferi, nella convinzione che la realtà fosse là sotto, che il sacro Graal fosse dietro l’evidenza e solo dietro, e non si è resa conto di un’ovvietà: che non appena ci troviamo davanti a ciò che prima stava dietro ecco che ipso facto il rovescio a sua volta diventa un dritto il quale implica un ulteriore rovescio, senza sosta inconclusivamente.

Non bisogna cercare oltre le apparenze, oltre le immagini; per la ragione che oltre le immagini, per l’appunto, ci sono solo altre immagini. Finché non si capisce che le immagini sono esse già la realtà, il fondo, l’essere, il principio, si gira a vuoto.

Giuseppe Lampis


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