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Biancamaria Alberi
Le figure femminili di Federico Fellini
La grandezza di Fellini si esprime soprattutto nell'incredibile potenza che assumono tutti i personaggi femminili dei suoi film a prescindere dal loro ruolo narrativo. Basta l'immagine della donna per evocare insospettabili paradisi di gioia e di piacere o minacciose prospettive di perdizione.
La genialità visionaria del regista è riuscita a cogliere, attraverso un uso sapiente della telecamera, l'aspetto mitologico del femminile presente in modi diversi in ogni donna sia nel mondo reale sia in quello filmico.
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Ezio Albrile
Aiōn, anomalie del tempo
Il libro tratta del problema del tempo nel suo definirsi in relazione all'eternità. Lo sviluppo di questa idea è colto nelle sue origini orientali e nel suo riverbero all'interno della più antica arte cristiana. L'arte romanica, in particolare, ha codificato il concetto di tempo secondo parametri leggibili ai fedeli di un Dio che muore e risorge eternamente.
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Domenico Burzo
La memoria dell’originario
Riflettendo sull’anamnesi platonica alla luce del legame tra il pensiero di Platone e la concezione ontologica delle culture tradizionali messa in luce da Eliade si può cogliere come l’esperienza della reminiscenza sia intimamente legata ad un’idea di memoria che va ben oltre la capacità di immagazzinare dati empirici e che nel suo fondo più vero si presenta come memoria dell’originario, ovvero come memoria indelebile di un’esperienza religiosa primordiale. Ciò si lega ad una concezione del tempo che per l’uomo arcaico si presenta circolare ed è dunque lontana dalla moderna concezione della storia. Anche in alcuni miti platonici ritroviamo la medesima idea del tempo circolare e del ricordo di quanto accaduto in origine. Proprio il senso e il ruolo del mito riemerge nella sua centralità come mito anamnestico capace di ricondurre la conoscenza a modelli archetipici originari. Perciò, tanto per quanto riguarda l’anamnesi quanto per la conoscenza degli archetipi, non è difficile ritrovare nelle culture primitive una struttura che senza difficoltà può dirsi platonica.
Reflecting on the platonic recollection in the light of the link between Plato's thought and the ontological conception of traditional cultures detected by Eliade, one can see how the experience of recollection is intimately linked to an idea of memory that goes far beyond the capacity to store empirical data and which in its truest background presents itself as a memory of the original, or rather an indelible memory of a primordial religious experience. This is linked to a conception of time that for archaic man presents itself as circular and is therefore far from the modern conception of history. Even in some platonic myths we find the same idea of the circular time and of the memory of what happened originally. In fact the sense and role of the myth remerge in its centrality as an anamnestic myth capable of bringing knowledge back to original archetypal models. Therefore, as regards both the recollection and the knowledge of archetypes, it is not difficult to find in primitive cultures a structure that without difficulty can be said to be platonic.
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Esperienza del sacro e demitizzazione
Partendo dalla riflessione sull’impostazione metodologica di Eliade come storico delle religioni, il saggio vuole rilevare il contributo che il suo lavoro può fornire anche al pensiero filosofico. Eliade ha infatti messo in evidenza come la visione del mondo dell’uomo religioso antico, definita ontologia arcaica, sia caratterizzata da una strutturale portata filosofica che ne fa un pensiero originario esprimentesi nei miti.
Il sorgere del linguaggio filosofico concettuale da un chiaro processo di demitizzazione non ha potuto cancellare la visione mitica. Le strutture della metafisica su cui si fonda il pensiero filosofico sono infatti una scoperta dell’esperienza mitico-religiosa. La presa d’atto di questa continuità è divenuta un compito.
L’attualità della visione di Eliade consiste infatti nella proposta di un’ermeneutica che superi ogni pretesa demitizzazione per recuperare nel presente l’originarietà dell’esperienza religiosa e dunque del pensiero. In ciò Eliade ha saputo anticipare le voci che da alcuni anni invocano un recupero del mito descrivendo il nostro tempo come un’epoca post-secolare.
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Chao-Ying Durand Sun
Le strutture fondamentali dell’immaginario
Chao Ying Durand-Sun in questo saggio di mitocritica durandiana del grande romanzo L’epopea dei Tre Regni di Luo Guan-zhong mette in luce la singolarità dell’immaginario cinese che privilegia il pensiero mitico, sintetico, implicante e, diversamente da quello occidentale, è analogico, considera la realtà unica e instancabilemente cerca l’equilibrio tra gli elementi antagonisti per raggiungere l’accordo perfetto di Yin e Yang.
Il mondo epico di quest’opera la cui influenza sulla letteratura e la cultura cinese è ancestrale e permanente evidenzia lo scopo finale di tutti gli eroi: riconquistare, restaurare l’Impero per giungere a una ri-unificazione del paese.
L’antichissima saggezza cinese è sintetica e il suo mito è la Grande Concordia.
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Alessandro Cilona
Genesi arboree
La cosmogonia dei popoli narra di un Albero della vita, ponte e scala tra Cielo e Terra, generatore sonoro della prima coppia di uomini, antenati e predecessori di quanti oggi abitano la superficie terrestre.
L’Albero, connesso con le divinità superiori, ci appare simbolo archetipico di ciò che caratterizza la vita umana: la consapevolezza, il logos, il culto, il sacrificio, la comunicazione musicale dell’anima. Principale elemento di confluenza tra il mondo dei morti e quello dei vivi, l’Albero cosmico è strumento portatore di illuminazione e rinascita per il sacrificante sciamano-messia, che ha istruito le stirpi sulla conoscenza e la tutela dello spirito.
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Giuseppe Curatolo
La porta: sacralità e simbolismo
L’origine dei simboli, degli spazi ed oggetti sacri, va ricercata in una manifestazione del divino nel mondo. In questa presenza trascendente nasce la percezione del sacro.
Il cristianesimo con i suoi riti, simboli, con le sue pratiche religiose e tradizioni, è parte di questa dimensione della vita umana. La tradizione cristiana ha posto il simbolo della porta al centro del dono di fede. Nella porta fisica, in quanto manufatto, la manifestazione del divino è risonante e diretta e appartiene a tutti gli uomini di tutti i tempi.
Homo religiosus, ne ha percepito e utilizzato la forza dalle origini. L’universalità del simbolismo della porta trova fondamento nel fatto che un simbolo implica una esperienza reale e non una formulazione astratta, e non richiede intermediazioni culturali o cultuali. Nella condivisione ecumenica dei simboli giace un principio di pace tra popoli, culture e religioni.
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Per via di scavare
Per via di scavare
L’autore si è proposto di “salvare“ alcuni luoghi unici e speciali della Tuscia, di prendersene cura per far apprezzare almeno un po’ al lettore il fascino vitale e il mistero di ciò che giace silente, sottraendo temporaneamente quel mondo fisico alla dittatura della geometria e della fisica.
Questa cura è possibile tornando all’esperienza Heideggeriana del Geviert, la Quadratura, unità originaria di cielo e terra, divini e mortali, quando i mortali abitano avendo cura della terra nella sua essenza.
Le formazioni rocciose, le pareti di tufo recano la traccia di una energia e di un tempo incommensurabili. Bisogna tacere e aspettare che i luoghi si dischiudano, è necessario il silenzio.
Quando convergono il mistero e il silenzio si risale a esperienze arcane e alla percezione del Sacro. Allora, come dice R. Guardini, si può pensare guardando e pregare nel vedere.
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G. Durand - C. Sun
Il drago in Asia e in Europa
L’Europa gode di una vantata tradizione di lotta contro il drago, a partire da San Giorgio, e dall’arcangelo Michele, fino al capitano Nemo del famoso romanzo di Giulio Verne.
Completamente diversa è la tradizione dell’Asia continentale e specialmente della Cina.
Gli antropologi dell’immaginario Gilbert Durand e Chaoying Sun ne espongono le cause in un breve saggio a due mani. Inizialmente viene descritto l’essenziale delle due accezioni simboliche del drago.
Si passa ad un’ampia esposizione dei simbolismi del drago in Occidente e in Oriente, soprattutto in Cina. A conclusione, l’interpretazione e la spiegazione delle profonde divergenze di valutazione simbolica del drago.
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Gilbert Durand
Intorno al Graal
Nell'enorme letteratura consacrata al Graal G. Durand si confronta con molteplici piste che tentano di spiegare gli oggetti enigmatici che appartengono ai “Tesori di Bretagna”.
Per l'Autore non bisogna cercare di spiegare il Graal, ma domandarsi ciò che il Graal implica nella costellazione sempre aperta delle sue apparizioni.
Il “metodo” di ricerca si propone di utilizzare la linea della Poetica della Revêrie in cui solo le “immagini rendono conto delle immagini” e in cui il senso è sempre in divenire, aperto, incompiuto.
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L’immaginario, luogo del metasapere
L’immaginario non è una delle tante discipline, bensì un tessuto connettivo tra le discipline, il riflesso – o la riflessione? – che consente di caricare sul banale significante un ulteriore significato: il richiamo del senso. (Gilbert Durand)
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Verità anagogiche del Cristianesimo
G. Durand ha dedicato mezzo secolo di riflessione, nel terribile sanguinoso XX secolo, alla ferma denuncia dell’ipostasi della Storia per ritornare, con un ribaltamento, a una definizione della verità meno angusta di quella unilaterale lasciataci dal meccanicismo e dallo storicismo che ne è l’erede.
Due sono gli approcci paradossali del saggio:
Il Primo, vuol mettere la ricerca storica al servizio di una demistificazione delle falsificazioni della storia.
Il Secondo, cominciando dalla modernità del secolo scorso, vuol promuovere un ribaltamento nel campo della scienza religiosa, cioè della Scienza dell’uomo.
Risalendo nel corso dei secoli si giungerà a vedere le radici o le connivenze dei moderni sconvolgimenti.
Si stabilirà così il luogo delle nuove realtà: il Mundus Imaginalis.
Si mostrerà infine come a una pluralità della verità corrisponda una teoria della pluralità delle cause.
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Le nostalgie di Orfeo
Per comprendere un mito bisogna distinguere i mitemi che lo costituiscono ed esaminare le ridondanze che ne sono la chiave semantica o verbale.
Il mito di Orfeo ha infinite variazioni letterarie, pittoriche, musicali; non ha un’origine assoluta, si forma a partire da tradizioni diverse che si perdono nel ‘profondo pozzo del passato’, nelle strutture cogenti del Sapiens.
Orfeo compare con il nome di Dioniso o come Gesù Cristo…
Leitmotiv di tutte le avventure di Orfeo e dei suoi sinomini è la nostalgia (nostos = ritorno e algia dolore) che si declina nell’orphéon e nella musica come nell’avventura del triste eroe (orphanos)…
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Francesco Giordano
Il ruolo dell’inconscio nella fenomenologia dei tipi
Questo lavoro descrive l'espressione dei Tipi Psicologici prendendo come vertice osservativo il ruolo dell'inconscio nell'ambito delle quattro funzioni, il Pensiero, il Sentimento, la Sensazione, l'Intuizione, che caratterizzano la personalità dell'individuo
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Transfert e Controtransfert nell’opera di S. Freud
lI lavoro è un excursus storico-concettuale sui temi del transfert e del controtransfert attraverso un esame delle opere di Sigmund Freud, in ordine cronologico.
Si è cercato di seguire il pensiero di Freud nei suoi sviluppi e nelle sue contraddizioni, lungo quella che a ragione può essere considerata una sorta di “avventura” teorica.
Vengono infine posti in rilievo gli sviluppi teorici che, dopo Freud, hanno aperto molteplici strade per lo studio di questi concetti così fondamentali nella teoria e nella tecnica psicoanalitica.
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Traslazione e controtraslazione in C.G.Jung
Il saggio analizza i fenomeni della traslazione e della controtraslazione così come vengono esposti da Jung in La psicologia della traslazione, ponendo in rilievo quanto queste dinamiche rivestano per lui significati profondamente differenti rispetto a quelli assunti per Sigmund Freud.
Una differenza profonda, che riflette un’altrettanto profonda differenza nei due Autori nella concezione della psiche e nel dare significato all’esperienza esistenziale dell’uomo.
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Jung e il cammino di individuazione
Il saggio si sofferma sui termini Adattamento e Individuazione, confrontandoli tra loro lungo un itinerario che dal concetto di Persona, come mediatore dell’individuo con il mondo esterno, attraverso il processo di Individuazione, che così tanta parte riveste nell’Opera di C. G. Jung, muove verso il Sé, telos del cammino umano.
Si riconosce alla Psicologia analitica un importante contributo alla insopprimibile ricerca del significato dell’esistenza umana nel contesto dell’Universo, e al riconoscimento delle vie dell’anima nel trascendere la propria finitezza verso l’infinito.
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L’immaginale e la tecnoscienza
L’uomo nei millenni ha dispiegato la sua esistenza, in simbolica corrispondenza con il ritmo vitale della natura, nella terra che ha abitato, in cui ha lavorato e che lo ha nutrito.
Nell’epoca dominata dallo sviluppo vertiginoso delle tecnoscienze, sempre più urgente è la domanda di come preservare il cammino di cultura e civiltà dell’uomo, la sua Humanitas, il suo sentirsi microcosmo di un macrocosmo.
La sua potenzialità creativa immaginale di Homo Symbolicus, prima ancora che Faber, può salvaguardarlo dalla tentazione di affidarsi all’ambigua potenza di intelligenze artificiali.
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La pulsione di morte nell’opera di Freud
La pulsione di morte nell'opera di Sigmund Freud
Studio sull’evoluzione della nozione di pulsione di morte nell’Opera di Sigmund Freud, partendo dai fenomeni psichici ripetitivi che trovano nella dinamica del transfert la loro rappresentazione più tipica e si fanno più complessi nella coazione a ripetere, acquisendo drammaticità.
Inquietante la dinamica della coazione a ripetere che sottolinea la tendenza presente in ogni pulsione verso una progressiva riduzione dell’energia, propria di ogni organismo vivente, fino all’annullamento stesso di ogni espressione vitale, verso uno stato non-vitale.
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Schizofrenia – Definizione, storia ed aspetti psicodinamici
Schizofrenia
In questo lavoro si effettua un excursus sulla storia della schizofrenia e della sua definizione.
Si pone inoltre a confronto il concetto di dementia praecox di Kraepelin con quello di schizofrenia di Bleuler e ci si occupa, infine, degli aspetti psicodinamici che la contrddistinguono attraverso gli scritti di Freud.
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Annamaria Iacuele
Il riso dono degli dei
Perchè ci sia il riso, cioè emanazione, esplosione di comico è sempre comunque necessario che l'uomo abbia acquisito la forza di sdoppiarsi, di assistere come spettatore disinteressato allo svolgersi della sua vita, e così di poter ridere della sua caduta e di se stesso. Il riso creativo, artistico ha in sé qualcosa di profondo e di primitivo che si avvicina alla vita innocente e alla gioia assoluta. Tale riso è appannaggio degli artisti superiori che hanno in se stessi la ricettività sufficiente per ogni idea assoluta.
Simile al sorriso o al riso dei bimbi e allo sbocciare di un fiore: manifesta la gioia di ricevere, di respirare, di aprirsi, di contemplare, di vivere, di crescere, è la gioia di una pianta, è un vero dono degli dei. Questo riso ci riporta nel dionisiaco, il regno della danza, dell'ebbrezza e del riso divino, immergendosi nel quale l'uomo può vincere il destino di morte, divenire simile al dio e scoprire un nuovo senso della sofferenza e della morte.
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A. Iacuele e M.P. Rosati
Gilbert Durand e la mitodologia
Gilbert Durand, antropologo, filosofo, ermeneuta tra i più sottili e coraggiosi della nostra epoca ha fondato il C.R.I. (Centre de Recherches su l'imaginaire) dell'Università di Grenoble da cui sono nati nel mondo circa 50 centri di ricerca presenti nel dibattito transculturale e transdisciplinare.
«Ci siano sempre su questa terra degli uomini, quelli che gli angeli della Natività cristiana chiamano "uomini di buona volontà " e che i Giudei chiamano "Giusti" che sappiano sempre e ovunque dire NO a ciò che in qualsiasi luogo rischi di tradire l'umanità ». Gilbert Durand.
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L’Inquietante nell’Antigone di Sofocle
Antigone è paradigma dell'inquietante vicenda dell'uomo in cammino verso sè stesso e la verità, rivelazione-svelamento del senso del suo esistere.
Antigone si pone in ascolto di quella verità profonda e originaria che parla in tutta semplicità dal suo cuore, anteriore alle leggi degli dei e degli uomini, che non fa distinzione tra vivi e morti, presente, passato e futuro.
Questa verità, fondata nel suo stesso essere, riesce a darle «un cuore ardente anche di fronte a cose che raggelano» e le consente di essere autentica, di esprimere il coraggio di essere, di vivere e di morire in conformità con sè stessa: «non mi capiterà nulla di così grave da impedire che io muoia nobilmente».
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La psicoanalisi come metànoia
La psicoanalisi come metànoia
Metànoia è il momento della svolta radicale quando si sta uscendo da un abisso di sofferenza per iniziare un nuovo percorso di risalita. Momento difficile in quanto ci si deve liberare dalle scorie del passato, ma si è presi dallo sgomento per la paura del nuovo percorso, ancora ignoto.
Il purgatorio dantesco è splendida metafora del processo di metànoia e della possibilità di utilizzare la strada dell’errore, della confusione e dell’angoscia per affacciarsi a un nuovo cammino
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Giuseppe Lampis
Il dito del diavolo
Molti anni prima, mentre giaceva in un torpore profondo, immobile, chiuso in sè, egli fu mandato a chiamare dall'Arcidiavolo in persona.
..."Ci aspettiamo da voi un rapporto, non serviranno più di dieci parole, meglio se cinque, e andrà bene anche un nome soltanto. Al termine di quanto potrete osservare da uno speciale apparecchio che trasmette dal paese da cui provenite, scriverete il rapporto. Il nostro desiderio è semplice: ogni sera dovete indicare, senza indugio, dove a vostro giudizio sia opportuno che le nostre forze vadano a mettere il dito..."Scarica eBook
Empedocle Una metafisica della colpa
Il mondo attuale è per Empedocle un gigantesco enigma da decifrare, se capiamo come sono fatte le cose possiamo capire il senso del nostro destino. Empedocle penetra nella struttura intima del mondo e vi vede la guerra. Un immane combattimento che scende nelle fibre più intime dell'uomo, nella sua carne, nel suo sangue, nelle sue ossa. In illo tempore gli uomini che vivevano con gli dei beati sono stati attaccati dal tradimento, i dèmoni che hanno scelto di macchiarsi di sangue e di usare la menzogna hanno travolto l'umanità.
Un tradimento dei patti originali ha interrotto l'età dell'oro. «E' antico decreto degli dei, eterno, suggellato da ampi giuramenti, che quando uno, per i suoi errori, contamini di sangue le proprie membra e giuri il falso, vada errando lontano dai beati, nascendo nel tempo in molteplici forme di mortali, scambiando le dolorose strade dell'esistenza.» (fr. 115).
Che cosa significa, allora, vivere nel ciclo?
La risposta di Empedocle è: restituire ciò che siamo, pagare il debito.
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Il Novum
All'inizio della storia del pensiero greco, il novum assume in Parmenide i connotati dell'illusione, eppure si tratta di un'illusione potente che comunque esprime una realtà. Il saggio trova il suo movente nell'esigenza di studiare le inquietanti affermazioni del grande pensatore e di procedere a una chiarificazione preliminare del concetto tanto ambiguo e inafferrabile. La questione del novum non è vuotamente accademica, al contrario essa riguarda nell'intimo il mondo in cui viviamo, essendo stato assunto straordinariamente a idea dominante e a valore supremo non solo della scienza ma dell'ethos generale. In effetti, dietro il novum si intuisce il ruolo dell'uomo attivo, misuratore e facitore di realtà.
Più in profondità si intravvede che l'uomo attivo (che si autointerpreta quale soggetto del novum) va cimentandosi con il problema del senso della sua stessa mortalità. Logica ed esperienza si contraddicono pur implicandosi. La logica dell'identità e il suo principio di contraddizione non spiegano l'esperienza e l'esperienza non spiega quella logica e quel principio. Il fatto che il principio del due (il diverso) sia inspiegabile lo mette sullo stesso piano del principio dell'uno. Si pongono così due principi alternativi, originari, irriducibili in quanto tali l'uno all'altro, seguendo i quali si producono due diverse visioni del mondo e due logiche. I due principi sono dotati di una fortissima carica ispiratrice, hanno il carattere di due autentiche verità rivelate, incompatibili reciprocamente e primigenie: due dèi arcaici inconciliabili che confliggono dando vita a due mondi in alternativa.
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Sulla globalizzazione
La globalizzazione è causa ed effetto dello smascheramento del bluff del debito. La crescente scarsità di capitali dovuta alla moltiplicazione dei paesi in crescita svela che è finito il tipo di stato moderno basato sulla spesa strutturalmente a debito. Il processo di decolonizzazione e l’ascesa di un clamoroso pluralismo di realtà prepotentemente protese verso lo sviluppo a ritmi crescenti ha rarefatto i capitali. Un’autentica guerra per la conquista di capitali è in atto. La finanza, che ha il dominio del denaro nella forma più avanzata, sfrutta la crisi degli stati che non riescono più a scaricare il proprio debito sugli altri. Tuttavia, il contrasto tra stati territoriali con confini determinati e corpi armati di sapere tecnico senza confini non si è affatto presentato per la prima volta nel nostro tempo.
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La nascita dell’uomo
L'inaugurazione dell'umanità attuale comincia con l'arrivo di una particolare specie di morte. Però è proprio negli uomini attuali che si trova la porta per l'eterno. Essi custodiscono il segreto della vita eterna, lo custodiscono nella propria morte, nel carattere e nel senso della propria morte.
L'eroe vegliante custode è colui che indica la via della rinascita. È un custode benevolo che forma il mondo nel quale i mortali vivono e abitano e da esso apre la via che va in giù e ugualmente in su.
Gli uomini non sono nè automaticamente perduti nè automaticamente salvi. La vita è un'ascesi, un esercizio, una preparazione. Il vissuto del dolore, la musica, lo studio del numero, la memoria, la teoresi, l'impegno nella direzione della politica, la discesa ad inferos e la risalita, tutto rientra in un efficace rito sacrificale secondo la più importante religione greca.
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Il dio manda segni
Apollo è il dio dell’arco e della lira; della peste e della guarigione; della morte lanciata da lontano e della musica che incanta e muove. Luminoso ed oscuro, i suoi invii dal carattere misterioso e inquietante chiamano al deciframento, la sua espressione esige un salto di livello ed un impegno d’eccezione.
Imperniata sulla religione dell’estasi visionaria e oracolare di Apollo, si accende nella poesia, nella tragedia e nella filosofia un’ intensa discussione sulla verità.«Il signore che ha l’oracolo a Delfi non parla e non nasconde ma dà segni». Eraclito, fr. 93
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Catarsi I – Che il cuore danzi
Questo volume verte su un argomento tanto cancellato quanto incancellabile.
La storia degli uomini è tormentata dall’ineluttabile confronto con il negativo, l’ingiusto, il male, la morte. Per di più, il peso si accompagna al sentimento di una colpa innata.
Religioni e filosofie hanno tentato soluzioni liberatrici, intrecciate e dissimulate nelle varie culture, lungo due traiettorie alternative: sottomissione o ribellione.
Ma solo un’ardua via, che superi le unilateralità, può riuscire. Purtroppo è indicata da rare guide in disparte, in una lingua metaforica e intenzionalmente non comune.
Un lungo taccuino di note, riflessioni e richiami approfondisce ambiguità e slanci, inciampi e risultati, incertezze e rivelazioni.
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Catarsi II – Via della mano sinistra
Questo volume verte su un argomento tanto cancellato quanto incancellabile.
La storia degli uomini è tormentata dall’ineluttabile confronto con il negativo, l’ingiusto, il male, la morte. Per di più, il peso si accompagna al sentimento di una colpa innata.
Religioni e filosofie hanno tentato soluzioni liberatrici, intrecciate e dissimulate nelle varie culture, lungo due traiettorie alternative: sottomissione o ribellione.
Ma solo un’ardua via, che superi le unilateralità, può riuscire. Purtroppo è indicata da rare guide in disparte, in una lingua metaforica e intenzionalmente non comune.
Un lungo taccuino di note, riflessioni e richiami approfondisce ambiguità e slanci, inciampi e risultati, incertezze e rivelazioni.
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Racconti di Stilo
Inaspettatamente nel vuoto, niente lo premeva, non doveva rispondere a niente, libero.
Ricordava bene, stava camminando sotto il portico della stazione e inaspettatamente non aveva più paura di niente. Questa è la libertà? La fine della paura?
Eppure non ho appoggi.
Non capì da quali allineamenti astrali quell’avvenimento fosse provenuto. Non volle approfondire, gli riuscì tanto piacevole che non lo preoccupò il fatto che le chiavi non gli competevano.
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La verità e i confini dell’anima
Aprirsi alla verità è impossibile a un uomo che non sia animato dallo spirito della libertà, a un uomo che non abbia una identità, una storia, una polis.
Questa intuizione dello spirito greco ha mostrato al mondo il nesso inquietante e inscindibile tra il problema dell’uomo e il problema dell’essere.
Nel tempo attuale viviamo l’attenuarsi del rapporto tra ethos e essere, ma dobbiamo ricordare che la filosofia greca e la coscienza occidentale sono nate proprio dal convincimento che la libertà dell’uomo e la conoscenza della verità si trovino sulla stessa via.
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Il paradosso di Eraclito
Il fiume del mondo scorre per l’ intimo motore degli opposti di cui vive; sembrerebbe chiaro, eppure gli opposti sono uno dei paradossi più complicati di Eraclito l’Oscuro.
L’apparenza non è il livello ultimo del reale e gli opposti devono dipendere da un nesso che li contiene.
Questa unità superiore è tanto paradossale che solamente il vero sapiente la può cogliere.
La potremo raggiungere se riusciremo a «pensare d’accordo» con il «Sapiente che governa tutto attraverso tutto».
Allora sapremo che «tutte le cose sono belle e giuste per il dio...» Aristotele riferisce che Eraclito, ai visitatori che lo avevano sorpreso a scaldarsi in un forno ed esitavano, abbia esclamato: «entrate, gli dèi sono anche qui».
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L’enigma di Parmenide
La dea di Parmenide proclama: «l’essere è».
Purtroppo il discorso è cifrato. Che vuol dire?
Per saperlo, l’eletto deve ascendere sul carro delle figlie del sole fino alla dea che sta sulla porta della luce e delle tenebre. Lì, è sottoposto alla prova conclusiva sull’enigmatica costituzione intima dell’essere.
Per trovare la completa soluzione del problema della verità, deve apprendere la ragione per cui anche le mutevoli apparenze appartengono all’essere immutabile.
Come in un essere compatto, continuo e omogeneo può darsi il mondo della molteplicità? Come è possibile che l’errore e il non essere abitino nell’essere e nella verità assoluta?
Per risolvere l’enigma occorre un salto di stato esistenziale, al modo della procedura iniziatica del mandala che, facendo superare gli sbarramenti oltre i quali si accede al più alto sapere, fa entrare nel tempo stesso nel grado più profondo e del reale e di sé stessi.
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Eraclito e l’immortalità
«è con la morte che agli uomini arriva ciò che sta sul piano che trascende la loro esperienza» (fr. 27).
Gli uomini sono decaduti al punto di non sapere più in che consista l’immortalità, e per la ragione che non sanno più in che consista la morte. Il destino è una trasformazione che può scendere in acqua o risalire in fuoco.
Solo l’anima che si manterrà ardente riuscirà a passare attraverso la morte per acqua.
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Immortali Mortali Trasformazioni di uomini e dèi
Raccontano che il destino dell’umanità discenda da una guerra mitica che coinvolse uomini e dèi. Ciascuna delle due schiere comprendeva gli uni e gli altri, dato che nell’epoca antecedente allo scontro uomini e dèi comunicavano in mutua vicenda.
Dopo la guerra gli dèi hanno trattenuto per sé in esclusiva una condizione privilegiata. Celavano un segreto e hanno combattuto coloro che volevano utilizzarlo a proprio vantaggio: il segreto che anche loro possono morire.
Il fatto che in illo tempore abbiano respinto l’assalto degli uomini non li ha però messi al riparo definitivamente.
Ad ogni modo, la sconfitta impose all’umanità una via più ardua e penosa per tornare all’esistenza integrata che condividevano con gli dèi. Ormai il destino è di passare attraverso una via di morte e di ripetere obbligatoriamente la terribile prova di un itinerario iniziatico infero.
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Eraclito e il problema del male
«Per il dio ogni cosa è giusta e bella, invece gli uomini prendono alcune cose per ingiuste e altre per giuste» (Eraclito 102).
Ma da dove potrebbero mai sorgere il male, l’errore e l’ingiustizia in un cosmo chiuso, unico ed eterno, completamente governato dal logos e dalla giustizia?
Unde malum?
La risposta di Eraclito è dura da ascoltare, interpretare e sopportare: ciò che appare ingiusto è nello stesso ordine supremo della giustizia.
E, allora, come si potrà riuscire a consentire con il dio e a riconoscere che il tutto è giusto? C’è una strada per mediare un incontro così paradossale con l’assoluto?
Dike, per accogliere in sé, esige il passaggio attraverso il dramma dell’incontro con il male di vivere.
Solo il saggio sarà capace di trasvalutarsi nel sacrificio di sé e però anche gli altri uomini potranno seguirlo se costruiranno la loro città con leggi ispirate dal logos, la legge divina.
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Alla radice del tempo
In uno dei suoi dialoghi più inquieti, Platone si chiede:
«Non è forse necessario che qualcosa, se è nel tempo, divenga continuamente più vecchio di sé stesso? Ma chi diviene più vecchio di sé stesso, diviene anche più giovane di sé. Allora ogni realtà che è nel tempo, e partecipa di questo, è necessario che sia coeva a sé stessa e divenga insieme più vecchia e più giovane di sé.»
Una verità enigmatica che Eraclito aveva già visto:
«lo stesso in noi è vivo e morto, sveglio e dormiente, giovane e vecchio: infatti, rovesciandosi reciprocamente nel cambio, ciascuno di questi è l’altro.»
Dunque, per la tradizione antica, il passato può essere rovesciato e modificato? Possiamo tornare indietro? Possiamo riavvolgere lo scorrere del tempo e riconcentrarlo in un punto da cui risvolgerlo ancora, ma in un’altra direzione? E dove troviamo questo punto?Scarica eBook
La vampa del destino e i suoi profumi
La vampa del destino e i suoi profumi
Il frammento 67 di Eraclito
Eraclito lancia lo sconcertante messaggio che le cose del mondo sono i profumi di dio; ma più sconcertante è che tutti li raccoglie nel più intenso, il profumo della catastrofe.
Non poteva essere destinato alla massa l’annuncio che il fuoco verrà a prendersi tutto. Peggio: non poteva essere per la massa il sapere che il suo assalto non si colloca in un futuro lontano e che è già qui perché il fuoco è dike.
E dike assegna, sopra il tempo, la sorte meritata a ogni cosa e a ognuno.
Abbiamo capito perché la dottrina che tutto è divenire (samsara) era proibita ai non iniziati?
Scoprire che il mondo precipita infinitamente e misteriosamente nel nulla era una dottrina segreta. Il vero è terribile e sconvolgente. I sapienti greci sanno di dover vivere nell’imminenza della dissoluzione. E scoprire che l’essere passa attraverso il nulla è unicamente per spiriti forti.Scarica eBook
Pòlemos e il nulla – Libri I-IV
La II guerra mondiale determina il collasso dell'ordine mondiale fondato sull'Europa, sicchè la comprensione del significato del pòlemos comporta la comprensione del destino dell'Europa.
La lotta si era dispiegata sotto le insegne della tradizione contro il materialismo e la degenerazione del secolo ma le potenze ammaliate dalle ideologie della tradizione si rivelano incapaci e indegne dell'impresa.
In quale modo la II guerra mondiale è un pòlemos che si è imposto come il "re di tutti"?
In quale modo ha reso, per dirla con Eraclito "gli uni mortali e gli altri immortali, gli uni schiavi e gli altri liberi"?
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Pòlemos e il nulla – Libri V-VIII
La II guerra mondiale determina il collasso dell'ordine mondiale fondato sull'Europa, sicchè la comprensione del significato del pòlemos comporta la comprensione del destino dell'Europa.
La lotta si era dispiegata sotto le insegne della tradizione contro il materialismo e la degenerazione del secolo ma le potenze ammaliate dalle ideologie della tradizione si rivelano incapaci e indegne dell'impresa.
In quale modo la II guerra mondiale è un pòlemos che si è imposto come il "re di tutti"?
In quale modo ha reso, per dirla con Eraclito "gli uni mortali e gli altri immortali, gli uni schiavi e gli altri liberi"?
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Pòlemos e il nulla – Libri IX-XII
La II guerra mondiale determina il collasso dell'ordine mondiale fondato sull'Europa, sicchè la comprensione del significato del pòlemos comporta la comprensione del destino dell'Europa.
La lotta si era dispiegata sotto le insegne della tradizione contro il materialismo e la degenerazione del secolo ma le potenze ammaliate dalle ideologie della tradizione si rivelano incapaci e indegne dell'impresa.
In quale modo la II guerra mondiale è un pòlemos che si è imposto come il "re di tutti"?
In quale modo ha reso, per dirla con Eraclito "gli uni mortali e gli altri immortali, gli uni schiavi e gli altri liberi"?
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Vite irrisolte – L’Ulisse di Dante
Ulisse, giunto a tarda età, incita i suoi compagni a sfruttare quel che loro resta del tempo per varcare i confini entro cui hanno vissuto finallora e lanciarsi a conoscere il mondo senza gente.
Ma per quale ragione la vita sarebbe degna e completa solo alla condizione di andare a esplorare il deserto vuoto di uomini?
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L’uomo nella notte
L’uomo nella notte sta sul confine da cui si accede al reale profondo, il nascosto sottratto alla vita banale del quotidiano: in quel punto di confine egli è immesso in rapporto di congiunzione da vivo con lo stato di morte e da dormiente con lo stato di veglia.
Nel punto di rottura e di trapasso, il mondo delle apparenze si rovescia e la morte si appalesa come la vera vita e il sonno (ovvero la dimenticanza del mondo delle faccende quotidiane) come la vera veglia.
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Una religione dell’atto cruento I misteri di Mithra
L’icona principale dei misteri di Mithra raffigura il dio nell’istante in cui, dopo avere cavalcato e fiaccato il toro, gli affonda il pugnale nella gola. Il sangue che sgorga dalla ferita alimenta il mondo e salva gli uomini.
Dopo duemila anni di cristianesimo, la fede in un dio guerriero può apparire crudele e barbarica, eppure le due religioni avverse condividevano credenze comuni su vari aspetti: la nascita del dio in una grotta il 25 dicembre; la sua funzione di Salvatore; il giudizio finale con cui dividerà i malvagi dai giusti; il rito del banchetto comune dei devoti con pane segnato dalla croce e con vino.
Ma rispetto al cristianesimo nel mitraismo non c’è ombra del sentimento della colpa. L’eroe divino non è un dio che muore. La salvezza che da lui promana verso gli uomini non dipende dalla sua morte, ma dal fatto che egli dà la morte.
Dalla vittima che lui sacrifica scaturisce la vita e la salute. Il saggio esamina l’identità di questa vittima per decifrare perché dal suo sangue può nascere la vita.
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L’inconscio Yoga e noi
L’inconscio Yoga sono le cose che l’Europa non ha più il coraggio e l’intelligenza di dire da molti secoli.
L’inconscio Yoga sono i vortici delle esistenze irrisolte, sbagliate e inconclusive che assediano rancorose l’umanità e affollano l’aria e il sangue entrando in eredità passiva nella psiche di chi nasce.
L’inconscio è il baratro del kali-yuga, l’età dell’oscuro dominata da uomini di paglia, marionette del passato incompreso e oppressivo. Per liberarsene bisogna accantonare i portatori rinunciatari e svirilizzati. Rimettere ordine nella comunità ispirandola alla legge superiore della vita intramontabile.
L’inconscio Yoga è il mondo delle trappole sociali culturali razziali in cui involontariamente siamo gettati alla nascita e che va esperimentato, decifrato, rovesciato, superato per aprire la via alla verità e all’uomo libero. La libertà è libertà dalla menzogna e dalla viltà che la sostiene.
Libero è colui che non si acquatta nell’inconscio per il terrore della morte e per non guardare in faccia la limitatezza della vita.
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Estremadura
Estremadura è innanzitutto il luogo lontano, il luogo dell’allontanamento, della presa di distanza, del distacco dall’esistenza consueta e quotidiana, il luogo simbolico del silenzio, della notte, del ripensamento, degli eventi e delle idee.
Ma allontanamento non significa né fuga né vile rifiuto.
L’allontanamento ha valore e dà senso solo a chi ha vissuto l’avvicinamento. Solo chi si è avvicinato può allontanarsi. Solo l’uomo che ha fatto esperienza della prassi e ha guadagnato spessore che deriva dall’averne affrontato le prove può avviarsi e prendere le distanze e farsi asceta.
Estremadura è il luogo-non luogo in cui si riflette sull’essenziale che sta sotteso all’esperienza della vita; è là che si fa la ‘cerca’ di senso del nostro destino e della vita stessa.
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La forma dell’anima
La forma dell'anima
«I confini dell’anima, andando, non li troverai, neanche se percorrerai tutta la strada; così profondo è il logos che le appartiene» (frammento 45).
Eraclito non afferma che l’anima sia sconfinata, al contrario l’anima ha dei confini, ma solo un sapere superiore può afferrare il senso compiuto della vita.
Il senso della vita è pieno al suo termine e tuttavia colui che arriva a questo confine non è in grado di afferrarlo per il semplice fatto di essere arrivato in fondo alla strada. Proprio come non è a sua disposizione l’inizio della vita o della strada in cui è introdotto non certo per sua iniziativa.
Il senso della vita, o i confini dell’anima, si potranno conoscere unicamente da uno stato e da una prospettiva che trascendono la vita umana particolare.
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Il sole di Eraclito
Un dossografo del primo secolo riferisce che per Eraclito il sole ha le dimensioni di un piede umano. La citazione del sole–piede ha imbarazzato gli studiosi e li ha costretti ad assurde acrobazie. Eppure è corretta: il piede è la base all'inizio della corsa del sole all'orizzonte, il sole che sorge è un piede, un piede che salta, corre, si stacca dalla terra.
Il sole che corre o danza a salti non è ignoto e non è una stranezza nella tradizione indoeuropea. L’icona del sole con i ginocchi piegati e i piedi in alto è lo svastica.
Il sole in corsa a piedi levati sintetizzato in questo simbolo arcaico è il sole levante e trionfante. Afferrando questo sottinteso, ritroviamo la religione del sorgere del sole e dell’anima dalla notte, o contro la notte, che Eraclito identifica con il risveglio del saggio dal sonno.
Il sole che sotto il controllo di Dike sorge nuovo al mattino è parallelo all’uomo che nella notte si accende una luce e vivo accende il morto.
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Sull’eroe
La parola greca heros, eroe, nomina l’uomo straordinario che attraverso una dura iniziazione ha affrontato con coraggio il prezzo per lo stato di non–morte: il sacrificio di sé.
Morire è un privilegio di natura divina che spaventa. Per questo, trapassando, ha acquistato uno speciale potere di influsso. Gli eroi toccano sia la sfera infera che quella divina e da questa doppia natura traggono la loro forza: appartengono alla terra e al cielo, sono vicini e lontani.
Si aggirano invisibili fra gli uomini passati e presenti da benevoli guardiani, controllano e aiutano. Hanno vissuto la vera condizione di mortalità e si sono impadroniti delle chiavi della vita, sono i viventi la morte di cui parla Eraclito.
Prendono su di sé il terribile compito di indicare agli uomini normali la via della liberazione e danno un senso alla loro esistenza.
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Technika
La tecnica, lungi dal consegnare all’uomo il dominio della terra, lo afferra per sé sottomettendo coloro che l’avevano alimentata. L’espansione planetaria del sistema tecnico–scientifico–industriale manifesta che non era l’uomo a promuoverla e a usarla ma che, al contrario, era essa a usarlo nutrendosi della sua inclinazione a illudersi e a servire.
La tecnica conferisce uno smisurato potere a un certo tipo di uomo, l’uomo servile, timoroso della propria limitatezza mortale; mentre glielo conferisce, lo afferra, profittando dell’intrinseca debolezza di quello, in un abbraccio stretto fino a plasmarlo e ricrearlo a sua misura.
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La perfidia dell’Arciere Divino
L’arco ha vita per nome, morte per atto.
L’etichetta di vita su uno strumento di morte può attirare sarcasmi. Più stridente ancora è che lo strumento di morte non solo si chiama vita ma è il principio della vita.
Il gioco di Eraclito sui doppi sensi del nome antico della nobile arma fa riconoscere un motivo centrale nei misteri del signore dell’oracolo, Apollo, il dio che manda segni.
Perfido verso gli uomini, il divino arciere, sciamano e medico, lancia la morte folgorante.
Il segno disorienta e per capirlo bisogna accettarlo.
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Dalle Sirene al Veda
Dalle Sirene al Veda
Perché chi ascolta le Sirene muore? Non si può incontrarle senza entrare in una trappola. Il racconto e la parola cantata irretiscono e trattengono.
L’ascoltatore si mette nei loro lacci per il fatto stesso di ascoltare. Basta sapere che sono nei paraggi perché una spinta irrefrenabile trascini i naviganti verso la loro voce.
Che dicono, che cantano?
Esse invitano promettendo di rivelare la verità intera, un invito affascinante e pericoloso.
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L’occhio sulle ombre
Nessun tentativo di tramonto può andare in porto.
Il «non tramontante mai» ha il potere di impedire ogni eclisse; nessuno può scendere nell’ombra sfuggendo una volta per tutte; ognuno è rivelato, riconosciuto, giudicato.
L’intramontabile non sopporta che qualcuno o qualcosa si nasconda, sente ostile il suo sottrarsi, non gli è indifferente, lo punge da dentro e non lo sopporta perché l’insidia riguarda la sua intima costituzione.
Nondimeno c’è sempre qualcuno o qualcosa che deve nascondersi e illudere. Infatti, inconscio e irrazionale sono integranti stretti dell’inquieta harmonie del cosmo.
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Eraclito l’antimoderno
Eraclito e Parmenide sono allarmati dell’arrivo dell’eone del disfacimento.
Mentre noi moderni pensiamo con Jung che sotto l’io e la coscienza si apra l’immenso territorio dell’onnipotente inconscio, Eraclito pensa l’esatto rovescio: che l’incoscienza siamo noi e l’io nostro e che sotto di noi la vera realtà è l’immenso territorio di un’onnipotente ragione.
Messo a contatto con il pensiero moderno, Eraclito lo fa letteralmente esplodere; al suo cospetto la modernità si sbriciola.
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Morire la vita
La condizione mortale indeterminata e passiva non ha alcun accesso all’immortalità. La mortalità sviluppa il potenziale immortalante se vissuta con anima non vile e con la vittoria sulle tendenze regressive alla liquefazione e all’irresolutezza.
«Morire la vita» ha un significato, noto e ben studiato, tipico della sapienza tradizionale e della filosofia della liberazione dal samsara. Sciogliersi dal desiderio di prolungarsi indefinitivamente nel tempo; uscire dal destino della liquefazione (B 36); evitare di avvitarsi nella condizione di mero inconscio, inconsistente per sé e nichilisticamente affamato di dipendenze.
Morire la vita equivale a liberarsi dall’insistenza penosa nel non risolto e ad assumere una forma definitiva non più rinviabile a rinascite in esistenze di grado inferiore e a morti inconcludenti.
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Strade secondarie
Tutte le malattie sono malattie dell’anima, anche la vecchiaia e la morte. Però c’è una morte che non è malattia bensì guarigione? Qual è? Qual è la morte che non è malattia?
La più alta creazione dei greci è la città–stato, con l’arce agli dèi protettori, il teatro ai poeti sapienti e curatori dei mali dell’anima, l’agorà agli uomini salvati e realizzatori dell’ordine giusto e bello.
La città–stato comporta ed esige una gerarchia dei valori fra gli uomini, fra i singoli e fra le classi, e una parallela corrispondente gerarchia fra le funzioni dell’anima. Il giusto rapporto fra anima uomini e gradi della costituzione risponde all’ordine cosmico.
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Homo religiosus
Homo Religiosus
Le religioni muoiono perché muore il dèmone che le ha iniziate. In ogni epoca gli uomini si legano a quello con il volto del problema dominante. A ogni malattia o problema di una data epoca corrisponde un dèmone e la sua parola a cui ci leghiamo, e quando una religione muore, muore dunque la caratteristica tonale malattia di cui egli era il padrone.
I cavalcatori centroasiatici andarono verso Occidente perché furono attratti dalla morte del sole e dal problema che poneva. Europa non significa sguardo a occidente soltanto, bensì anche sguardo verso l’oscuro e dunque oscurità del volto e del cuore.
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Massa Damnationis
L’umanità è inclinata al male e alla tentazione, una massa damnationis, una folla di condannati a perdersi. Dio l’ha creata e vi si è immedesimato per uno scopo catartico. Per togliersi l’inconscio demoniaco ha creato la libertà di volere l’allontanamento e la morte affinché i veleni si esaurissero autodistruggendosi.
L’uomo si è rivelato il campo della battaglia decisiva di un conflitto cosmico.
La guerra tra la Città di Dio e la Città del suo nemico è essenziale nel processo che fisserà la giustizia eterna e concluderà la creazione. La storia, con un sacrificio purificatore, approderà a una liberazione dell’uomo così radicale da poterla dire una liberazione dall’uomo. Fra i dannati, alla fine, saranno salvi coloro che avranno transvalutato la propria esistenza.
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Mistica bevanda
Il kykeon per essere un kykeon deve essere girato.
C’era bisogno di chiamare Eraclito per dirlo? O il senso della citazione sta proprio nel riferimento al leggendario filosofo?
Teofrasto non lo avrà scomodato per una banalità del genere «la maionese impazza se non la giriamo come dice Eraclito»; perciò, per escludere lectiones faciliores che non giustificherebbero la chiamata di un sapiente di tanto valore, doveva essere intuitivo che il kykeon di Eraclito fosse la mistica bevanda di Eleusi.
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La notte
Il passo di Eraclito «se non ci fosse il sole, (quanto agli altri astri) sarebbe notte» richiama lo scenario orfico.
In assenza del sole, la notte rimarrebbe chiusa, buio selvaggio inospitale antiumano; fortunatamente, il sole, levandosi, interagisce mutandola di segno. L'evento è analogo alla rinascita dell'anima che si riappropria della sua origine astrale.
Dallo sciamanesimo alla religione iranica e indiana, siamo sotto un catino di pietra, o cristallo o ferro, poggiato sull’orizzonte. A scoperchiare la terra premuta e schiacciata, nell’Antico Egitto, è stato il vento solare, il quale ha spinto in alto la notte e ancora la tiene inarcata affinché sotto di sé abbia lo spazio per partorire la luce.
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Logos
Parmenide Eraclito Empedocle hanno tratti sciamanici inequivoci. Lo sciamano sale al piano divino a sondare la verità insopportabile e trascendente per l’uomo comune. Là apprende la tragedia di dio, costantemente lacerato dalla guerra. Ciò che Eraclito ascolta è un ferino arcaico e severo sapere: la realtà è il regno degli opposti, il mondo è lotta interminabile di opposizioni.
Gli empiristi laicisti hanno insistito nel circoscrivere questo logos in mero ragionamento espositivo materiale, senza badare al fatto che il ragionamento presuppone la ragione e un criterio, e cioè un sapere.
Per di più Eraclito sottolinea esplicitamente che il logos si ascolta: «di questo logos che è sempre gli uomini sono incomprensivi sia prima di averlo udito sia una volta che l’hanno udito» (B 1). Ma, se si ascolta, che cosa potrebbe significare, allora, che gli uomini non comprendono il ragionamento «prima» di averlo ascoltato?
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Eraclito mago alchimista
La katharsis purifica purga libera non da generiche emozioni ma dalla principale, l’angoscia della fine, il terrore del cadavere che portiamo in noi.
Il problema non sta nell’evitare la morte, il che sarebbe una bestemmia, sta nel superarne la malvagità: la morte male, condanna, infezione, degradazione, colpa.
Eraclito scaccia via i cadaveri e non i morti; i morti sono la stessa cosa del vivo, ma tali sono se scacciamo via i cadaveri. Ciò che va rifiutato del morto è la parte infetta e velenosa. L’io comune è un involucro esterno al corpo profondo.
Spingere via – dunque – il nemico da uccidere, il peso delle eredità inconsce, la massa delle vite irrisolte che si aggrappano e infettano.
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Debito e divenire
Ogni cosa è per estinguere un debito. Un debito contratto con l’uno.
Ogni cosa sostituisce e ripaga il fuoco e il fuoco sostituisce e ripaga ogni cosa. Il fuoco è creditore verso ogni cosa e ogni cosa è in debito verso il fuoco.
Il fuoco rappresenta l’uno e le cose sono l’uno perché sono il debito che corrisponde al suo credito. La vita cosmica è scambio di debiti e crediti che si ripagano fino alla fine.
Plotino è l’ultimo grande filosofo del mondo antico, dopo Platone e Aristotele, a pensare Eraclito. Egli richiama il passo in relazione al divenire come debito verso l’uno e in particolare in riguardo al destino dell’anima. La caduta dell’anima nella condizione corporea è la scivolata nel samsara, sotto l’imperio del divenire incessante, trattenuta da eredità pesanti che la tirano giù. Lo scambio oro–merci e fuoco–enti viene evocato nel contesto del disagio dell’appesan¬timento dell’anima attratta in basso da gravami drammatici.
L’emancipazione dai vincoli del samsara–incarnazione comporta il pagamento di un riscatto.
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Follia nel frammento 46 di Eraclito
Nella sapienza arcaica, la pazzia è pathos, patimento impresso da una forza superiore. Mentre il chiamato parla con il dio, gli altri vedono appena uno caduto in convulsioni.
Per l’orfico Eschilo è nel pathos–dolore che impariamo le cose decisive. Nella tragedia Agamennone il coro cantava «pathei mathos»: – apprendiamo l’essenziale dal pathos che sconvolge –.
La traduzione pressoché universale «l’opinione individuale (oiesis) è malattia sacra (epilessia)» intende che la credenza individuale sia un errore gnoseologico dovuto a un incidente fisiologico. Una simile lettura è unilaterale e sminuente perché non prende atto che, nella frase, la oiesis è presentata quale segno di un rapimento divino.
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Morire dormire sognare
Nello stato di sonno, essere e non essere non vengono più a contraddirsi e ad autoconfutarsi, il sonno li vede compatibili e convergenti; il sonno vede–sente la vita oltre la logica dell’identità e della non contraddizione.
In alternativa alle cose che si vedono da svegli nel divenire del tempo mutevole, ci sono quelle della dimensione del sonno dove il tempo è sospeso.
Le presenze dell’atemporale hanno una densità al cui confronto le apparizioni del temporale sono vuote. In essa la maya è penetrata al punto che morire, fluire, svanire hanno un altro senso.
Tra la vita banale e passiva e il sonno popolato di affioramenti della vita a occhi aperti non c’è alcuna soluzione di continuità. C’è un sonno però, di qualità diversa dal sonno a occhi aperti dell’uomo passivo perduto nell’inconsapevolezza, nel quale la visione non significa vedere con gli occhi, significa entrare in comunicazione diretta con un’esperienza di completezza.
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Physis
φύσις (la natura) è la Grande Generatrice, la profondità invisibile e inafferrabile, la potenza primordiale del nascosto che incessante s’impone e sorprende, la ingens silva, il folto della foresta, la notte, la cruda elementare selvatichezza.
Questo denso regno, in cui ogni vita affonda e da cui si prepara, ha un suo logos, anzi l’unico logos è proprio il suo. Logos e physis sono i due profili del medesimo problema o mistero.
Chi è in sintonia con il codice giusto lo decifra e rinasce dall’informe. Sapiente è l’anima che ubbidisce alla legge del nascosto, vive in sè la sua tragica struttura di contrasti inconciliabili, ne segue il travolgente movimento creativo.
Impossibile parlarne senza apparire Oscuro, come Eraclito fu chiamato e come lui chiama la natura.
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La Via Lattea in Sardegna
Sa Bia de sa palla, la Via della paglia, è la scia lasciata nel cielo della Sardegna da un mitico ladro. Con questo nome viene chiamata la Via Lattea anche in Africa bantu, nel Maghreb, nel Caucaso, in Iran, in Asia centrale, terra degli sciamani.
La Sardegna è l’unica importante regione del Mediterraneo della quale non si danno interpretazioni stabilizzate e univoche. La forma della sua civiltà si è innalzata in millenni lontani, l’autore ne discute le presentazioni fondamentali, dalla Odissea a Ernst Jünger, in dialogo con i maggiori africanisti e storici delle religioni, archeologi e linguisti, grecisti e semitisti.
Questo è il racconto di una via che ne contiene molte altre e perciò segue i richiami dei loro intrecci: meditazioni filosofiche, studi di simboli e credenze, visioni, racconti, viaggi, discese agli inferi, maschere di antenati, analisi sociali, saggi di storia dell’arte.
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Marionetta degli dèi
Dobbiamo immaginare che ciascuno di noi sia uno stupefacente congegno fabbricato dagli dèi, o per loro trastullo o con qualche scopo serio…
Così nelle parole di Platone si ripresenta la storia antica degli uomini marionette degli dèi, variamente riformulata dalla lunga linea dei pensatori che nel dinamismo della persona riconoscono regole e vincoli provenienti da forze di natura sovraindividuale.
Eppure, nonostante i fili siano tirati dall’alto, la vita nel mondo non è di per sé insignificante e vana.
L’ingannevole illusorietà che esperimentiamo dal verso della nostra limitatezza corrisponde sul piano alto del divino a un gioco sacro. Ciò che per noi è sfuggente mutevolezza, per l’Artefice è libera ed eterna creatività.
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Eraclito e la Polis
Eraclito viene dalla prestigiosa famiglia dei re di Efeso. La sua teoresi nasce da una percezione appassionata della vita e della comunità.
Travolto dalla deriva demagogica e, amareggiato, intensifica la meditazione sui principi dell’etica. Ha il culto dell’anima eroica e aristocratica. Si contrappone spietato e beffardo al potere dei ciarlatani e dei commercianti e, in breve, al tipo d’uomo preda del materialismo.
Non scrive da capo di una polis investito di autorità di comando; egli è un grande sconfitto.
Considera la sua sconfitta irreversibile al punto da spingerlo a riflettere sulle basi profonde dell’attività umana e sulle ragioni per le quali nel suo tempo prevalga una tracotanza che inverte valori e gerarchie e impedisce l’affermazione della giustizia.
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Un dio inquietante dai molti nomi
Nel 1936 Carl Gustav Jung sogna una colata di sangue che inonda la carta dell’Europa e pensa che si sia risvegliato Wotan–Odino, l’archetipo del selvaggio infero.
Improvvisamente, dalle profondità in cui si era reso a lungo invisibile, il dio germanico riemerge e la sua possessione dilaga e travolge. Irrompe con il movimento nazionalsocialista di Hitler, ma la sua azione guarda oltre.
Da dio della morte e insieme dell’estasi visionaria che contiene in sé le vibrazioni segrete (le rune) dell’esistenza, annuncia il caos che azzera e rinnova.
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La propria parte: il viaggio di Dante
Dante affronta la traversata dell’aldilà con il corpo, dalla situazione effettiva avuta in sorte. Per risalire, non gli è permessa strada diversa.
Conscio che la salvezza si ottiene soltanto eseguendo per intero la parte che ci tocca, convoca i suoi dèmoni e per trovare la vera strada per la «vita nova» li incontra senza esitare.
Il cuore dell’intero cammino, cifrato e occulto, sta sulla montagna della purificazione. Una volta lassù, Dante può avere la visione della rosa. Il simbolo sulle facciate delle chiese romaniche e gotiche mostra che «ciò che per l’universo si squaderna» esce dal Principio e tuttavia vi si trattiene. Nulla potrebbe sciogliersene senza perdersi e svanire.
La rosa rappresenta come, per ogni esistente, l’inderogabile maniera di comporsi nel tutto è di seguire integralmente la specifica prospettiva insita in sé stessi.è>
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I nemici dell’uomo
Immortali e mortali sono i risultati alternativi di un’aspra gara per l’appropriazione della vita.
Si tratta di un evento primordiale che inaugura l’ordine gerarchico di dèi e uomini in illo tempore. Dallo Enuma Elish babilonese al Genesi biblico la competizione per l’accesso alla fonte perenne della vita, e per il suo possesso in esclusiva, contrassegna l’arrivo del genere umano.
Il destino dei mortali è di vivere tra due destini: o tra gli amici della morte o tra gli amici della non–morte.
Essi sono tenuti in un mondo di possibilità divaricate simultaneamente e debbono decidere. Il combattimento ha le radici nell’anima. Hanno gli uomini la forza di arrivarci? La risposta è selettiva: dipende dalla quantità di fuoco di cui ciascuno è variamente dotato e dalla guida dei “daimones” nell’agone finale che nessuno potrà evitare.
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Oltre il nulla
Chi non ha sperimentato su di sé l’enorme potenza del niente e non ne ha subìto la tentazione conosce ben poco della nostra epoca. Il proprio petto: qui sta, come un tempo nella Tebaide, il centro di ogni deserto e di ogni rovina.
Qui sta la caverna verso cui spingono i dèmoni.
Qui ognuno, di qualunque condizione e rango, conduce da solo e in prima persona la sua lotta, e con la sua vittoria il mondo cambia.
Se egli ha la meglio il niente si ritirerà in sé stesso, abbandonando sulla riva i tesori che le sue onde avevano sommerso.
Essi compenseranno i sacrifici.
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Maschere e Dèmoni – Vol 1
Le maschere sono un modo di incontrare l’invisibile e di interpretare il significato del proprio destino visibile.
Gli uomini fin dai primordi hanno sentito presenze inaudite e forti avvicinarsi pur non convocate nei passaggi fondamentali della vita e si sono preparati a riconoscerle.
Dietro le quinte dell’inquieta cultura greca si intravvede un antico scenario religioso centrato sul conflitto tra uomini e dèi e sulla sconfitta che ha costretto gli uomini a un viaggio molto penoso per tornare a sé stessi e alla comunione con le potenze dell’invisibile.
Per compiere questo viaggio si sono affidati a guide e mediatori straordinari impersonati nelle maschere. Le maschere conoscono la strada della trasformazione in quanto sono aperte nelle due direzioni, dell’invisibile e del visibile.
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Maschere e Dèmoni – Vol II
Per la sapienza arcaica, dolore, malattia e morte sono l’effetto di un furto di anime da parte di terribili esseri rivali che impersonano le forze della dispersione.
L’uomo ha affidato alle maschere, la cui duplice natura stabilisce il giusto rapporto tra il visibile e l’invisibile, il compito di guide e mediatori nel rischioso combattimento contro le minacce che popolano l’universo.
Una guida trasfigurata in maschera vivente è lo sciamano, modello dal paleolitico delle più vertiginose esperienze culturali e religiose.
Con un’iniziazione dilacerante e tremenda egli ha conosciuto la strada per riappropriarsi dei poteri che la natura umana possedeva all’inizio e sa interpretare il mistero del viaggio verso la guarigione.
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Identità e significato del nostro tempo
Sconvolgente è la fine del mondo in cui siamo nati e divenuti adulti, il mondo di architetture morali e materiali dentro il quale abbiamo potuto reggere mali e dolori senza perdere noi stessi. La storia indaga precisamente questo ambito in cui siamo nati e in cui moriamo avendo un senso e nutrendoci di un valore.
La morte vera sta nella perdita della memoria. Essere perduti alla memoria del proprio mondo sottrae, per la consustanzialità di individuo e comunità, anche sé stessi alla propria. I romani, che avevano le idee molto chiare in proposito, commutavano la pena capitale nell’esilio e nella damnatio memoriae.
Per dare un significato al nostro presente indaghiamo il passato. Per quale ragione la memoria è tanto essenziale al punto che toglierla e togliere la vita sono un’unica cosa?
L’uomo cerca il suo passato per riappropriarsi di sé. Ogni problema storico è problema di storia contemporanea. Lo storico indaga ciò che lo riguarda e che riguarda la base del suo tempo.
Per definire e consolidare l’identità dobbiamo cogliere il significato del «nostro» tempo. Quanto più alto sarà il criterio con cui ci volgiamo a conoscere il passato e a interpretare eventi e fatti di noi stessi e degli uomini reali, tanto più ampio sarà il criterio con cui ci impegneremo a promuovere la vita e la libertà contrastando il male nella forma che si presenterà alla nostra attualità.
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Per tornar là dov’io son
Dante è il pensatore, il poeta, il politico, sconfitto ed esule che sente la lacerazione tra la sua vita e il significato cui aspirava. Egli ha coscienza che la sua personale identità tormentata si risolve in parallelo al significato drammatico del suo tempo. Per essere salvo e definitivo deve trovare il senso del suo peregrinare nella tragedia della molteplicità. Per accedere all’eterno, all’uomo non è dato alcun altro modo.
Perciò ha intrapreso un viaggio inaudito. Si è mosso esperimentando diversi gradi di passioni incontri e circostanze in un mondo che essendo eterno non dovrebbe ammettere cambi e progressi di stati. È trapassato, inoltre, dall’immutabile sede dei dannati all’immutabile sede dei santi. Infine, il viaggio risulta compiuto senza mai abbandonare la base di partenza.
Tutto ciò è sconcertante. La chiave del racconto è coperta e rinvia a una dottrina esoterica molto antica sulla potenza magica che pervade e dà orientamento al cosmo intero e all’uomo in esso.
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La tecnica e il serpente
La tecnica rappresenta e realizza la natura profonda del nostro tempo, del resto la sua marcia ha riguardato l’intero pianeta senza differenze.
Tuttavia, è pur vero che, assieme a indubbi vantaggi, reca alienazione e compressione della libertà e dell’identità personale.
Così, ha suscitato due tipi contrapposti, uno che rifiuta il suo modello e un altro che vi aderisce.
Ma sarebbe possibile prendere le distanze dalla sua forza avvolgente? Sarebbe possibile un rovesciamento della modernità e del progresso?
In effetti la tecnica non avrebbe ammaliato universalmente cuori e menti se non avesse dato una risposta seducente al malessere segreto degli uomini. Di che si tratta?
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L’arte della politica al tramonto della modernità
Le democrazie occidentali hanno promesso la felicità e il benessere, eppure non siamo entrati nel mondo della sicurezza. Nel modello formale attuale, compiti enormi sono in apparenza affidati alle rappresentanze dei popoli selezionate dal meccanismo superficiale del successo mediatico.
Nessuna garanzia sostanziale è data sulla congruenza della loro preparazione e dei loro orientamenti rispetto ai problemi posti dalla crisi della modernità.
Intanto, le élites transnazionali depositarie del sapere tecnico hanno inevitabilmente accentuato la loro separatezza e gli equilibri statuali entro cui si esercitava il potere reale di condizionare e configurare la società sono stati ribaltati.
Per quali vie siamo arrivati a tanto?
Affinché l’arte politica sia arte della giustizia autentica e legittimata è necessario che si metta di nuovo in comunicazione con le sorgenti profonde della vita e della speranza.
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La fine della storia e la civetta di Hegel
La fine della storia e la civetta di Hegel
Hegel annuncia che «la storia è finita». La filosofia, con lui, è finalmente arrivata a capire il significato del mondo.
Il mondo e la storia non sono più un qualcosa di incomprensibile, estraneo e opprimente, non sono più l’alienazione della coscienza. La storia è servita a che venisse in dote all’umanità il lascito fondamentale dell’ideale dell’Europa moderna, il valore della libertà universale.
È giunta l’ora della verità, eppure l’uomo, investito della libertà, si scontra all’improvviso con l’angoscia e il disorientamento. Nella pianura spalancata dalla libertà si presenta alla resa dei conti il combattimento costitutivo dell’anima del mondo, lo scontro fra le forze della vita e gli alleati del nulla.
E a questo punto non sappiamo più se la fine era il coronamento di un processo positivo o l’affondamento di un’epoca di illusioni.
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Fabio Marzocca
Incontro tra Jung e Pauli
Pauli e Jung furono d'accordo sul fatto che materia e psiche dovessero essere intese come aspetti complementari della stessa realtà, governata da comuni principi di ordinamento: gli archetipi. Ciò implica che gli archetipi siano elementi di un dominio al di là della materia e della psiche: la loro influenza giunge contemporaneamente in entrambi i domini.
Occorreva riconoscere che l'approccio scientifico razionale rappresentava solo una via per vedere e interpretare il mondo; un altro approccio – complementare al precedente – implicava che le successive ricerche sulla realtà non potessero più essere condotte separando materia e psiche, ma che entrambe le parti dovessero entrare in un percorso di ricerca comune. In una prospettiva che include la dignità dell'essere umano e il rispetto per la natura, gli aspetti etici e religiosi non potevano più essere lasciati da parte come dettagli di secondo piano.
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Il nuovo approccio scientifico verso la transdisciplinarità
Il riduzionismo scientifico dei secoli scorsi ha portato l'uomo a trascurare sempre più l'osservazione globale della realtà e dei fenomeni, affrontando i problemi da un solo punto di vista sempre più specialistico.
Le discipline della scienza, indispensabili per i primi progressi scientifici, sono un’astrazione artificiale della realtà e spesso introducono limitazioni nella ricerca. Risulta oggi sempre più necessario un coordinamento tra le discipline e un superamento dei loro confini, che dovrebbero essere considerati permeabili, espandibili e trasferibili. Solo quando siamo in grado di superare questi limiti, allora la conoscenza potrà allargarsi oltre i confini disciplinari.
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La tela di Aracne: insidie della rete globale
La tela di Aracne: insidie della rete globale
Come una tela di Aracne, la rete globale maschera le sue insidie nelle trame più sottili dei suoi fili. Una volta dentro, si rimane intrappolati, racchiusi in una bolla che filtra il mondo esterno ai nostri occhi in una sorta di prigione digitale che impedisce un pensiero critico libero e creativo.
Ci troviamo oggi a un bivio e occorre valutare con decisione e responsabilità la scelta che potrà determinare le sorti della nostra società nel futuro delle prossime generazioni. Il rischio è rappresentato dalla perdita di tutti i valori fondanti della nostra “humanitas“.
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Il punto cieco del materialismo scientifico
Il successo della scienza dell'ultimo secolo è stato accompagnato anche dal "disincanto" del mondo naturale.
Il mondo tradizionale considerava l'universo una manifestazione a cui l’uomo partecipava con ammirazione e in commossa sintonia creatrice. La rivoluzione scientifica del mondo moderno sembra voler trattare la natura come un oggetto inerte da modificare secondo l’utilità e i desideri umani.
L'uomo è un essere biologico e fisico, dotato di una mente immaginativa e creatrice che gli consente profonde intuizioni e ardite metodologie per andare oltre i vincoli fisici e biologici. In altre parole, è al contempo dentro la natura stessa, ma anche capace di saperne l’incanto e di trascenderla.
L'esperienza soggettiva del vivere la vita (erlebnis) è spesso vista dalla scienza come elemento disturbante, tuttavia è un filo essenziale, aspetto fondante della nostra umanità e forse ne definisce la natura eccezionale che ne fa un microcosmo nel Macrocosmo.
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Frontiere etiche dell’intelligenza artificiale
Il tema delle frontiere dell’intelligenza artificiale chiede una riflessione profonda in un momento in cui epocali scontri di civiltà stanno coinvolgendo l’umanità intera e il troppo rapido sviluppo delle tecnoscienze ci sta preparando alla transizione dalla humanitas al postumano e al transumano.
La tecnoscienza si sta imponendo come nuova religione, unica verità in cui credere e a cui affidarsi. E anche essa impone riti, regole e sacrifici.
L’Intelligenza Artificiale ha concentrato il potere nelle mani di chi controlla la tecnologia, ma gli scienziati non possono sentirsi al riparo dall’affrontare urgenti problematiche, pena la scomparsa dell’umanità stessa.
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Laura Mazzone
Turandot o la principessa di gelo
La legge è questa: Turandot, la Pura,
sposa sarà di chi di sangue regio,
spieghi i tre enigmi ch’ella proporrà.
Ma chi affronta il cimento e vinto resta
porga alla scure la superba testa!
Per giungere alle nozze tra il principe Calaf e Turandot non basterà né la soluzione dei tre enigmi e neppure quella di un quarto. Il contrasto odio-amore sarà superato nella coincidentia oppositorum solo grazie al sacrificio d’amore di una piccola schiava.
Parsifal per compassione sapiente
Un nuovo mondo è risorto sulle ceneri di quello precedente, dopo che un grandioso incendio ha annientato uomini e dei, incapaci di resistere alla bramosia del potere. Perché la rinascita sia possibile, occorre che il sacro Graal sia posto nelle mani di un innocente in grado di rinnovarne la forza irradiandola sull’umanità.
Una profezia così annuncia:
‘Per compassione sapiente,
il puro folle
costante attendilo,
cui io ho eletto’!
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Maria Pia Rosati
L’aspirazione alla felicità Mythos e Telos
Il tema della felicità "quel dolce pome che per tanti rami cercando va la cura dei mortali" appare come un archetipo universalmente presente nella psiche, fonte di continua tensione, nostalgia o tranquilla serenità.
Il saggio si sofferma a guardare come le grandi religioni, il pensiero dei filosofi e i miti abbiano interpretato questo tema.
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Figure mitiche alle soglie del tempo
Alla sottomissione dell’uomo alla legge delle leggi, al Logos che tutto comanda, quale che sia il suo nome, sempre numinosum e tremendum, si è sostituta ai nostri giorni la sottomissione indiscussa alla cosiddetta verità scientifica, unica dea. Ma la Scienza ha anch’essa un volto tremendum.
È necessario che il mondo odierno, tecnologico e unidimensionale, ritrovi lo spessore simbolico della vita, che custodisce nel profondo l’arreton, l’indicibile, sempre presente, cui alludono gli antichi miti.
«Le strutture e le figure mitiche - scrive G. Durand - sono lo specchio nel quale possiamo guardare il volto delle opere dell’uomo e decifrare la legenda (che sempre ancora deve essere letta) della condizione umana e del suo destino».
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La via del silenzio
Se pure l’uomo ha per intimo statuto la prerogativa di appartenere alla vita della parola, in ogni caso la disposizione all’ascolto della parola impone una svolta e un salto esistenziale.
Per imparare ad ascoltare, è necessario ascoltare il silenzio da cui scaturisce ogni parola che non sia vuota chiacchera o, peggio, rumore di copertura che ci distragga, che ci eviti di pensare al senso e al destino della vita.
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Mitoanalisi – Episteme della sofferenza nel ‘postmoderno’
Salute e sofferenza possono essere considerate solo nell’orizzonte epistemologico di un’unica scienza dell’uomo che, mantenendo viva la ricerca di senso delle tradizioni sapienziali, sappia servirsi del know how dell’era tecnologica, dominandone l’aspetto violento e le implicazioni disumanizzanti per quel che riguarda sia la vita biologica che quella noetica.
Il nuovo corso della civiltà contemporanea, che sembra travolgere culture, religioni e popoli nel processo della globalizzazione, si inserisce sulla trama di antichi miti ricorrenti, immagini archetipali, fondamento della struttura antropologica, la cui potenzialità non può essere ignorata.
Proprio il mondo immaginale dei miti può illuminare di luce radiante modalità fondanti dell’esistere (come bellezza, salute, felicità, dolore, follia, lavoro e festa, vivere e morire), sottraendole al pensiero calcolante e all’aspetto annichilente e burocratico della tecnologia e restituirle alla vita dei singoli e delle comunità.
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P. Giuseppe Scattolin
Spiritualità in dialogo
La mistica è il cuore di ogni esperienza religiosa, e perciò è il cuore dell'esperienza umana nella ricerca della sua identità e del suo rapporto col Mistero Assoluto.
Tale mistero si presenta con il carattere della più assoluta necessità insieme con la più assoluta libertà e gratuità.
Qui il dialogo interreligioso trova la sua dimensione più profonda.
"Tu ci hai fatti [o Signore] e il nostro cuore è inquieto finchè non si riposa in Te" S.Agostino
"Lode a Colui che non ha dato alle sue creature altre vie per conoscerlo se non la loro incapacità di conoscerlo" Abu Bakr al Siddiq
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Aspetti dell’Islam: una visione globale
Il dialogo interreligioso chiama il mondo cristiano, il mondo islamico e gli altri mondi religioso-culturali, ad orientarsi verso una convivenza pacifica con l’altro, il diverso, nel comune villaggio globale umano.
Da recenti incontri è nata l’idea della ‘fraternità universale’, meta comune per la costruzione di un villaggio in cui tutti possano vivere insieme la propria umanità, nell’unità e nella differenza, superando tradizionali rivalità e atroci conflitti.
Speriamo sorga l’aurora di un mondo nuovo, sognato e desiderato da secoli da innumerevoli popoli e nazioni: il mondo della pace.
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Manifestazioni spirituali nell’Islam
Giuseppe Scattolin, uno dei massimi esperti del sufismo o mistica islamica, presenta in lingua italiana il primo di tre tomi dedicati al ‘sufismo’ e alla spiritualità musulmana.
L’opera, lavoro pluriennale di rara precisione filologica, apre alla conoscenza di un fenomeno trasversale che interessa il mondo islamico, fin dagli inizi: un viaggio interiore in una delle tradizioni spirituali più profonde, ricca di testi poetici, delle pratiche religiose di confraternite seguite da innumerevoli seguaci.
In profondo dialogo con i mistici di tutte le religioni, il sufismo accompagna l’uomo alla ricerca dei valori spirituali, del senso dell’essere, del cammino verso il Principio, l’Assoluto, Dio.
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Jean Servier
Anima-Animale
Per il grande etnologo africanista Jean Servier «quando l’uomo ritrova il mistero delle sue origini attraverso l’iniziazione venuta dal mondo muto della fitta foresta, può evocare gli animali che vi abitano, portatori del messaggio segreto che ci destinano».
L’uomo può decifrare il messaggio e, seguendo il signore dell’ombra Orfeo, arrivare a comprendere perfino il segreto del silenzio e a farlo cantare.
Bisogna attraversare il Mediterraneo ed andare nell’Africa profonda, ancora non lontana, delle foreste vergini e delle paludi, per tentare di comprendere i misteri greci rimasti segreti.
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Carlo Valdameri
I capitelli del Duomo di San Leo
All’interno del Duomo di San Leo (XII sec.), sui capitelli delle navate sono scolpite immagini di semplice fattura con motivi simbolici dell’arte medievale, la cui bellezza comunicava ai devoti durante le funzioni religiose la “verità” dei messaggi teologici.
La disposizione delle immagini manifestava la sacralità del luogo, i cicli dello spazio e del tempo in cui si svolgeva la liturgia, richiamando la dimensione assoluta della divinità che “abita” il tempio. L’illustrazione di temi biblici di ampi significati allegorici e anagogici e le favole di Fedro dai noti contenuti morali evocavano la lotta contro il male e la possibilità di salvezza .
La connotazione simbolica e comunicativa delle sculture offriva un liber mutus per il percorso salvifico dei devoti.
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Simbolismo delle bifore nelle chiese medievali
La bifora, finestra a due aperture separate sorrette da un sostegno verticale centrale, è presente in innumerevoli strutture di epoca medioevale. Al centro della struttura il simbolo della Croce del Calvario evoca il Cristo e il Segno del Figlio dell’Uomo che apparirà in cielo alla fine dei tempi.
Numerose le protomi leonine connesse al Cristo “leone di resurrezione”, le ruote a sei raggi in analogia con il chrisma, l’iconografia di Giano con protomi umane che indicano le diverse età e richiamano il Cristo “che fu, che è e che viene”.
Ulteriori simboli, nella loro varietà, sono connessi al tema della “porta” (“Io sono la porta”, Gv. 10,7-9), al tema mistico delle “porte celesti”, al tema del “due in uno”, della molteplicità che si fonde nell’unità ed evidenziano il rapporto tra la dimensione terrena degli uomini e quella celeste della divinità.
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Giulia Valerio
Maddalena Archetipo della grazia
Maddalena è la santa dell'impossibile. Come se volesse insegnarci che attarversando la valle più oscura si attiva in noi una luce inattesa, capace di sorprenderci, e che l'inconscio ricrea il nostro mondo in frantumi soltanto quando le luci della coscienza si sono tutte spente.
La grazia è rugiada che cade, accolta dall'umida terra, annunciando il ritorno alla vita e l'imminente nascita di un dio. È una dimansione dove il logos si arresta e la parola ammutolisce. Luogo intimo dove l'ospite può essere accolto e ancora atteso, e lo straniero smembrato dalle tempeste della vita si ricompone.
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