L’uomo e la parola Prolusione in onore di Annamaria Iacuele

S.P.I.GA
Scuola di Psicoterapia Interpersonale e Gruppoanalisi

Anno Accademico 2008-2009

Maria Pia Rosati

Cari colleghi,

Sono felice di dare il mio contributo all’incontro iniziale dell’anno accademico in cui verranno riformulati i ‘segnavia’ del percorso che ci accingiamo ad intraprendere tutti insieme, docenti ed allievi, uniti dall’unico desiderio di sempre più pienamente apprendere e com-prendere noi stessi, gli altri e il senso della nostra avventura umana.

prolusioneOggi il mio contributo è dedicato ad Annamaria Iacuele che partecipò con il professor Morrone alla fondazione della S.P.I.G.A., prodigandosi con entusiasmo e dedizione, e insieme con la serietà e, direi, la severità che la contraddistinguevano. Il suo lavoro è sempre stato animato dallo spirito che in lei ‘soffiava forte’ e che sono sicura che continuerà a soffiare e ad animare anche il nostro lavoro.

Voglio ricordare alcune espressioni fondanti del documento di presentazione della S.P.I.G.A. che riflettono il suo modo di pensare e di vivere la psicoterapia e che mi sembra abbiano acquistato ancora più ‘realtà’, grazie agli eventi culturali che hanno scandito la storia della Spiga e che spero continuino ad animare la sua futura crescita e grazie alle persone che in tal senso hanno operato.

Voglio sottolineare innanzitutto l’ approccio “olistico” della scuola.
Purtroppo questo termine è oggi molto usato, sì da divenire quasi logoro e da perdere potenza espressiva. Penso dovrebbe essere invece uno dei nostri propositi fondamentali donare nuovamente pienezza di senso a questa parola, facendo sì che veramente ogni nostro interesse a persone, situazioni od eventi ne sottolinei il carattere di unicum, nel duplice senso, unicum in quanto appartiene a quell’Uno che è il Tutto che è da sempre eterno, al di fuori del quale non c’è Altro, ma unicum anche in quanto unico e irripetibile come ogni istante della vita.
Da questo nostro guardare al Tutto nella forma dell’unicum può riproporsi quel senso del mistero e del prodigio dal quale è nata la cultura occidentale come cammino di ricerca del senso inesauribile del mistero dell’universo. Possiamo forse anche dire che il senso della nostra ricerca di psicoanalisti possa essere proprio il considerare ogni cosa, persona, avvenimento come segno, manifestazione, evento appartenente a un tutto il cui senso siamo continuamente sollecitati a inseguire e scoprire, senza mai presumere di averlo raggiunto.

Annamaria Iacuele è stata una psicoanalista e una psicoterapeuta nel senso più pieno di questa parola: al servizio e all’ascolto dell’anima. La sua vita, come la sua professione sono testimonianza di autenticità, di cammino verso la realizzazione dell’essenza propria dell’uomo.
Secondo Heidegger l’essenza dell’uomo è di essere in ascolto, di essere l’uditore della parola. Parola è un concetto che va oltre il mero fatto linguistico e raccoglie un significato molto più ricco: parola è apertura dell’essere a un interlocutore privilegiato. Per questa ragione l’essenza dell’uomo, questo interlocutore privilegiato, è inquietante e enigmatica.
L’apertura e la comunicazione non avrebbero alcun senso se non si rivolgessero a uno fra gli essenti, l’uomo, che non fosse costitutivamente rivolto all’ascolto.
Nessuna comunicazione potrebbe instaurarsi se già da sempre i parlanti e gli uditori non partecipassero di un circuito comune nel quale si offrono i significati.
La parola è perciò l’e-vento dell’essere. L’essere si offre all’ascolto e alla partecipazione costruttiva di un essente che ha per essenza di essere il custode del suo esprimersi.
L’Esprimersi dell’essere è inesauribile e infinito, dato che nessuna espressione sarebbe possibile se non trattenesse un inespresso.
L’uomo ha il privilegio di appartenere alla vita della parola e di essere al suo livello. Se vive la parola in modo autentico e non dispersivo, egli vive, la sua è una vita autentica e non un perdurare semplicemente e banalmente.

L’uomo vive se si volge al punto in cui l’e-vento si apre e si esprime, e se sa porsi in ascolto. Se si inserisce nel punto in cui il tempo nasce, egli è il nascente. E la sua anima, per dirlo con il linguaggio essoterico del platonismo e poi del cristianesimo, partecipa del mondo dell’eterno. Perché se l’anima vede e parla con ciò che sta in quel mondo, essa è congenere con esso.

Ma l’ascolto della parola impone una svolta e un salto esistenziale. La disposizione all’ascolto importa di avere abbandonato il mondo inautentico delle cosiddette cose, il mondo della mera utilità e della meccanicità.

Si tratta di idee antiche per le quali Heidegger ha trovato una formula che le ridice in modo per noi oggi più comprensibile.
Se pensiamo alla essenza della parola e al legame intrinseco che abbiamo con essa, legame inquietante ma inevitabile, viviamo in quello che la parola è: il principio, l’immenso. Se riusciamo a restare in ascolto, se non ci volgiamo in direzione opposta, viviamo autenticamente, sia pur drammaticamente.

La S.P.I.G.A. privilegia il com-prendere intuitivo ed empatico sul conoscere scientifico. “Del resto anche le scoperte scientifiche possono venir conquistate solo quando il ricercatore è talmente motivato da sentire di voler, per così dire, scuotere i cancelli del reale per tentare di guardare oltre: ed allora questi miracolosamente cominciano ad aprirsi”.
Il guardare oltre, oltre le apparenze, oltre il visibile, oltre i limiti, oltre la finitidudine della propria umanità, oltre i confini dell’Io verso quel se stesso che vibra all’unisono con il Tutto, Il Se stesso dell’Universo, consente quel percorso di crescita, di sviluppo, di individuazione, che caratterizza il cammino del singolo individuo, come di ogni gruppo, popolo, cultura. Questo sguardo sulla realtà non potrà dunque essere né soltanto uno sguardo scientifico-clinico oggettivante in cui il soggetto guarda un oggetto, né uno sguardo illuminato soltanto dal lume della ragione. Ma appunto deve essere un com-prendere se stessi, come l’altro, come il mondo circostante in una visione empatica intuitiva, diremmo con una attitudine di apertura ed accoglienza all’altro, in una com-partecipazione com-passione per cui il terapeuta diviene copaziente e lo scienziato “docile fibra dell’universo” che vuole conoscere.

Per questa ragione siamo concordi nel ritenere fondamentale l’interesse di ogni psicologo analista e di ogni terapeuta per tutte quelle forme di espressione dell’anima umana, sia quelle più vicine agli archetipi, eterni modelli del comportamento umano, sia le manifestazioni dell’arte, della cultura, del vivere civile, dell’etica, della religione., sia le manifestazioni più particolari dei singoli individui.

In questo la maniera in cui Annamaria Iacuele sapeva essere attenta ad ogni espressione dell’anima umana, direi ad ogni espressione della vita, è una lezione indimenticabile. Il suo sguardo andava lontano, il suo udito era particolarmente fine, recettivo di ogni vibrazione: sapeva comprendere il linguaggio delle cose mute, il linguaggio dei simboli.
Il rischio della nostra attività di terapeuti può essere quello di essere sommersi dal pathos delle situazioni contingenti. Ma la nostra comprensione rischierebbe di risultare parziale e riduttiva se limitassimo la nostra attenzione alle manifestazioni patologiche, se non cercassimo di tener sempre presente il discorso-logos complessivo del quale ogni espressione è parte.

“Il compito precipuo del terapeuta è quello di mantenere una situazione di tensione creativa tra strutture consce e dinamiche inconsce.

Questa attenzione al prelogico non vuol significare sminuire il logico, ma vuol essere una più ampia possibilità di conoscenza del terreno, del humus nel quale il logico si è formato e nel quale affonda le sue radici per trarne nutrimento vitale. Un logos che non mantiene più il suo contatto con tale terreno culturale è destinato ad inaridirsi e a divenire non più spirito vivificante e creatore ma lettera morta.

Una scuola deve porsi il problema di come formare psicoterapeuti nei quali la conoscenza scientifica e la tecnica metodologica si sposino con una raffinata sensibilità. Tale sensibilità nasce dal profondo contatto nel proprio intimo con il proprio sé e dunque proprio attraverso questo contatto con le proprie radici si potrà entrare in contatto con quegli aspetti che si ritrovano nel profondo di ogni uomo e che sono i più autentici dell’umanità.

Per questo la scuola dà spazio all’incontro non solo con differenti teorie e metodologie nel campo della psicoterapia, ma anche con altre discipline come la psicoantropologia simbolica e l’etnopsichiatria al fine di avvicinarci il più possibile attraverso l’interdisciplinarità ad un modello di conoscenza olistica dell’uomo e del mondo in cui egli vive.”

Annamaria Iacuele era, proprio grazie alla sua particolare capacità di ascolto dell’altro, una antropologa, una psicoantropologa di grande finezza, alla maniera di Eveline Lot Falck il cui metodo di ricerca Le era soprattutto congeniale.
Come con la Lot Falck anche con Annamaria Iacuele ‘siamo in presenza di una specialista che vibra in tutto il suo essere, di una mitologa che non si limita allo studio dei temi, ma che ne penetra e coglie i segreti‘. E i suoi studi, pur attenti e quasi meticolosi, si aprivano su visioni e scorci poetici.

I bambini, anche quelli che secondo i giudizi clinici erano gravemente disturbati nell’attenzione, venivano rapiti nel mondo magico che, come aveva imparato dalla lezione degli sciamani siberiani, sapeva animare intorno a loro. Animare vuol dire dare anima, e la sua straordinaria capacità terapeutica si avvaleva della sua capacità di cogliere l’interdipendenza vitale tra esseri e cose, le connessioni cosmologiche, collettive, individuali. Sapeva far vivere, dare anima agli oggetti più semplici, ai contesti in apparenza più disanimati. Quando narrava una fiaba o raccontava un mito, si creava un’atmosfera incantata, e coloro che l’ascoltavano venivano rapiti in un tempo senza tempo, in un luogo senza luogo, il tempo dell’eterno presente e il luogo meraviglioso di ogni felicità a cui l’uomo naturalmente aspira. Il suo ascolto delle tradizioni antiche, le permetteva di trasmettere con incredibile semplicità qualcosa che agli inizi del secolo scorso veniva definito un sovrappiù, ma quel sovrappiù «che è l’invisibile, il meraviglioso, lo spirituale, e in somma lo spirito, nel quale sta ogni efficacia e ogni vita». Le permetteva di restituirci e soprattutto di restituire a chi soffriva per esserne deprivato, la realtà stessa in tutta la sua profondità, la ricchezza di un centro misterioso, un mondo spirituale in cui tutto può divenire spirito.

Ribadendo queste premesse e ricordando gli insegnamenti di vita che abbiamo avuto la grazia di ricevere dai nostri maestri, possiamo dire che alla psicologia precipuamente convenga l’interdisciplinarità, e ancor meglio la transdisciplinarità, intesa non solo come un continuo dialogo della psicologia con le altre discipline, ma come il muoversi in quel continuum che è il continuo scorrere e trascorrere e trasformarsi proprio della complessità ed unicità della vita.
L’accentuare il carattere transdisciplinare potrebbe permettere alla psicologia di assumere il ruolo di coordinatrice delle competenze acquisite dalle varie scienze in quanto tutte riguardano sempre l’uomo, il suo essere e il suo esser-ci in questo universo nella sua totalità.
Ciò può consentire ancora di far della psicologia la Scienza dell’Uomo per eccellenza.
Scienza che non si contrappone alle altre scienze (quelle cosiddette esatte), ma scienza (preferirei il termine ‘studio’ nel senso etimologico di attenzione, interesse, amore) che sa far tesoro delle varie modalità epistemologiche, dei differenti approcci alla complessità ed unicità dell’universo, delle diverse esperienze esistenziali, dalle più sublimi alle più problematiche.
Studio che si propone come ermeneutica del senso, in uno sguardo che sappia vedere contemporaneamente il particolare e l’universale, i molteplici aspetti della vita e il loro appartenere sempre ad un unicum.

E soprattutto studio che è ‘la sinusia (essere insieme) del colloquio e del lavoro che apprende e insegna

A questa sinusia, sentiamo con intima sicurezza, partecipa con la forza del suo spirito Annamaria Iacuele.

Maria Pia Rosati