Nicola Licciardello
Estasi.com – Diario India e Tahiti
Mimesis / La vita di Sophia – Milano 2016
Abbiamo ricevuto e letto con interesse il libro di Nicola Licciardello, saggista, poeta, traduttore che ha voluto con il suo libro Estasi.com, Diario India e Tahiti (insieme narrazione, saggio e diario) offrire ai suoi lettori la propria memoria autobiografica, l’esperienza di un lungo viaggio continuo nella mente, se pure discontinuo nel tempo, di un pellegrinaggio, di una ricerca durata tutta la vita, e che continua ancora, alla ricerca dell’estasi, «che non si trova on-line, ma nella trascendenza dell’intero corpo umano».
Nella lettera Al lettore l’autore ci dice che il suo unico viaggio a Tahiti, in occasione degli esperimenti nucleari a Moruroa (1995) gli è sembrato confermasse «il paradigma dell’occidente: l’eden impossibile per la “ colpa” originaria, anche in presenza di un’estasi naturale». In India, sua meta nodale già nei primi anni 70 è tornato dopo 35 anni e ha sentito di voler dare testimonianza di come nulla fosse tanto colmo di conferme, e insieme fosse anche misura di un passaggio d’epoca – da Gandhi a Vandana Shiva.
Ma soprattutto ha voluto testimoniare che l’estasi (tanto ansiosamente cercata da tante generazioni del secolo passato e oggi disponibile al mercato proibito degli stupefacenti) «non si incontra solo nell’india Yogica, o nel silenzio di un paesaggio mozzafiato (ove esista) ma anche nella vita comune, nella conversazione attenta, nella pluralità delle relazioni – ovunque con dolore si rinunci alla “sicurezza” dell’io con i suoi schemi».
Riportiamo i titoli dei 7 capitoli che indicano un percorso, a partire dagli inizi, le radici, da cui nasce la spinta al nostos, al viaggio per ritrovare il Sé più profondo: I Radici, II. India Beat (dai diari degli anni ’70), III. Vie di consapevoleza, IV. Tahiti Sacrificio e danza dell’Eden, V. Paesaggi vibranti, VI. Ritmo e Danza, VII India New Age.
A poco a poco, seguendo le pagine delle numerose tappe di un viaggio, talvolta faticoso e noioso, pieno di situazioni non sempre esaltanti, si giunge a comprendere che l’estasi è capacità di contemplazione, insita nell’anima umana, anzi necessità dell’anima e fonte delle più profonde intuizioni come della creatività (termine oggi anche troppo usato e abusato) in ogni campo, in quanto è modalità di staccarsi dal turbinio caotico della vita per riuscire a cogliere il ritmo profondo del creato e ad esso armonizzarsi.
Il capitolo VI, Ritmo e Danza, inizia con una poesia dell’autore che ci partecipa il suo vissuto esperienziale:
Seppi tutta la libertà quando cominciai a danzare
Seppi il Divenire dell’Essere, l’Essere del Divenire
Seppi la pena dell’Inizio, il suo squarcio
il fiato di Voler Vedere, così alto, sottile e indomabile
Seppi la gioia di durare in piedi e modellare l’aria nelle mani
seppi ogni atomo del corpo in ogni istante, la sua potenza
Seppi la sfida mortale in ogni marcia di guerra, in ogni lotta d’amore
L’infinita domanda, l’infinita risposta in tempo
Seppi lo schivare e il soccorrere
Poi m’avvitai nel cielo e più non seppi
Fui gioco del viaggio di luce in ogni cosa
che mutai – non più io. Ma dono
Grazie a ognuno di ogni parola
Sorriso sulla terra
E l’autore continua spiegandoci in una prosa anch’essa poesia: «…il mondo ondeggiò attorno, ne fui il centro quasi immobile, basculante asse di spirale che si piantò sulla terra, rimbalzandone più lieve a ogni levare. E né il massimo né il minimo salto erano quello giusto, perché avrebbero turbato l’ordine del mondo, ma solo il ritmo del centro, del me testimone. …È subito, la danza, richiamo e fuga, invito e abbandono, prova d’impatto e perfetto congedo.» (pag.230)
Il VII e ultimo capitolo inizia con un paragrafo intitolato Pietre che danzano che ci introduce a quel ritmo di danza che vibra dalle sculture dei templi a ricordarci che il sé è un danzatore, come detto nello Shivasutra di Vasugupta.
Termina con un’iniziazione:
«Ora sono iniziato al fuoco vedico, il più antico, forse e interrotto rito dell’umanità. E anche per l’ora la debolezza e la fame, è un’esperienza irreversibile, penso mentre sono lì. Purezza, coerenza unità: tra Forma e Nome, Contenuto e Azione… complessità concreta e umile dell’India più remota e inesportabile. »
Queste parole sono a conclusione del viaggio autobiografico nel quale potranno ritrovarsi o ricordare analoghe esperienze, squarci improvvisi di luce, molti di quelle generazioni che hanno viaggiato sulle vie del mondo alla ricerca di un senso profondo e oggi speriamo possano dire, come l’autore, di aver raggiunto l’età della libertà.
La pagina finale ospita l’immagine di uno Shry Yantra, il più antico, simbolo di grande intensità e potenza e di grande significato archetipico, costituito da nove triangoli isosceli interconnessi a partire da un punto centrale bindu che rappresentano l’energia creativa del cosmo e la connessione visibile, ma sottile e quasi intangibile tra il mondo fisico e la sua sorgente non manifesta.