Vocazione transdisciplinare
della Psicologia junghiana

 

Sincronicità e coincidenze significative
a cura di Claudio Widmann – Magi Edizioni 2016

Con vivo interesse sottolineiamo il nuovo corso interdisciplinare che oggi più scuole di psicologia e in particolare di psicologia analitica hanno intrapreso. Se, secondo l’etimologia, la parola psiche evoca il soffio vitale che anima l’uomo e si considera la psiche come l’insieme di funzioni e di processi che danno all’individuo l’esperienza di sé e del mondo, necessariamente tutto ciò che fa parte dell’uomo, la sua storia come i suoi orizzonti conoscitivi e spirituali, riguarda la psicologia. E dunque possiamo ipotizzare la psicologia come la disciplina al crocevia degli studi che riguardano l’uomo e il suo habitat, il suo rapporto con il cosmo e soprattutto la sua ricerca di senso. Possiamo parlare allora di vocazione alla transdisciplinarità, che è non solo disposizione ad accogliere e integrare gli apporti di ogni disciplina, ma anche un muoversi tra le discipline, in quello spazio in apparenza vuoto tra un dominio e l’altro e infine un’aspirazione a guardare oltre, a fare del limite, inerente ad ogni aspetto umano, un telos, una possibilità di confrontarsi col non conosciuto Unbewußte e col non conoscibile. È l’impresa più vertiginosa e dunque pericolosa che la mente umana possa azzardare. Impresa eroica, di quelle di cui ci parlano i miti, ma anche la psicologia ha iniziato la sua strada sulle orme di un mito. E ogni volta che gli eroi partono per un’impresa e stanno per approdare ad una nuova terra a un nuovo mondo sanno che massimo è il pericolo, si tratta di passare tra Scilla e Cariddi, tra gli scogli cozzanti delle Simplegadi a cui non si può sfuggire se non impetrando un aiuto eccezionale, quale quello di un dio o …di una donna vinta da eros.

widmann-sincLa vocazione alla transdisciplinarità è tra i caratteri più salienti della psicologia junghiana . C. G. Jung ebbe grande interesse per gli studi delle religioni, a cominciare dalle più antiche, la gnosi, le ricerche antropologiche. Dedicò inoltre 14 anni della sua vita a studiare appassionatamente l’alchimia (vd. Psicologia e alchimia, 1944). Fu per circa 20 anni uno dei protagonisti delle giornate di Eranos e in tale cenacolo confrontava le sue ricerche e le sue convinzioni con quelle dei più eminenti studiosi in ogni dominio di ricerca: orientalisti (l’indologo H.Zimmer, il sinologo R.Wilhelm, l’antropologo M. Eliade, il filosofo e iranista H. Corbin…); scienziati (i biologi R. Ritsema e A. Portmann e i fisici I. Prigogine, E. Schrödinger…). Stabilì un importante dialogo, per oltre un quarto di secolo, con W. Pauli, una delle principali menti della fisica quantistica. Nacque un’opera congiunta Naturerklärung and Psyche L’interpretazione della Natura e della psiche (1952) a cui Jung contribuì con l’articolo Sincronicità: un principio di corrispondenza acausale e Pauli con L’influsso delle immagini archetipiche sulla formazione delle teorie scientifiche di Keplero. Pauli, sorpreso di scoprire come i percorsi della fisica dei quanti e dello studio della psiche apparissero significativamente intrecciati, dichiarò: «è stata la concordanza di senso di idee che si sono presentate in rami diversi del sapere quasi simultaneamente, la loro sensibile coincidenza, a indurmi a uscire dalla mia stretta specializzazione». Si dedicò dunque a ricercare un «oltre» per ricomporre su un piano più alto l’armonia dell’Anima Mundi, dando inizio a un vasto campo di ricerche, tra i più fecondi e suggestivi del nostro tempo.

Claudio Widmann, psicoanalista junghiano di ampia cultura interdisciplinare, noto autore e curatore di saggi che hanno esplorato nell’ottica del pensiero junghiano molteplici aspetti della realtà attraverso analisi profonde e complesse, in Introduzione alla sincronicità (2016) e in Sincronicità e coincidenze significative (2016) ha affrontato il tema della ricerca di un senso in accadimenti non legati da rapporto causale, ma che ci sorprendono per singolari coincidenze che parlano alla nostra psiche rivelando un nesso di senso. « Ormai è chiaro e irrinunciabile – commenta Widmann nell’introduzione – i confini tra immateriale materiale, tra psiche e materia, tra mente e corpo sono frontiere infrante; il passaggio da un ambito all’altro è fluido e incessante; si assiste a un indistinto andirivieni tra fisico e psichico non dissimile da quel rifluire tra materia e energia osservato dalla fisica dei quanti»(p.23). E sottolinea « il Senso s’impone come elemento centrale, fondante, decisivo della sincronicità…Per Pauli, come per Jung il senso è categoria ermeneutica insostituibile per accostare i fenomeni sincronistici. La sincronicità o è logica del Senso, oppure non è».

Il volume è diviso in quattro parti.

La parte prima, Fisica e sincronicità, ha quali interlocutori privilegiati gli studiosi della fisica quantistica e dobbiamo ammettere che «affacciandosi sui livelli quantici della realtà, si prospettano scenari inattesi che immediatamente lasciano intravedere affinità trasparenti con la realtà dell’anima.»

L’articolo di Shantena Sabbadini (L’anima del mondo e la fisica quantistica) si affaccia su culture antiche e tradizionali in cui i rapporti tra Uomo, Natura e Cosmo erano talmente stretti che Lévy-Bruhl parlò di partecipation mystique. E constata come il linguaggio della nostra Weltanschauung scientifica contemporanea, ancora intriso di cartesianesimo, che distingue soggetto e oggetto, mente e materia, cerchi faticosamente la parola perduta che lo colleghi all’Unus Mundus della realtà inseparabile e affronti con difficoltà la fisica quantistica che prospetta non certezze misurabili ma nubi di probabilità.

Seguono il saggio David Bohm, informazione attiva e ordine implicato di F. D. Peat, le Considerazioni sulle ricerche di Rhine e Successive, sull’ESP e psicocinesi, e sulla sincronicità di Gi. Gastaldo e M. Ottobre e La Sincronicità tra scienza e spiritualità di R. Pesino.

La parte seconda (Filosofia e sincronicità) si apre con La questione del tempo oltre il tempo nella filosofia e nella psicologia analitica di Franco Livorsi. L’autore si sofferma sulle premesse culturali e filo-sofiche (nell’accezione etimologica del termine) che costituiscono la domanda da cui scaturisce ogni ricerca e, nel nostro caso, quella sulla sincronicità. Vengono individuati «semi teorici che attingono alla teologia cristiana e al monismo induista, strutture concettuali che spaziano dall’idealismo neoplatonico al criticismo kantiano, linee di pensiero che erompono con Nietzsche e con Schopenhauer compongono lo sfondo filosofico su cui si staglia la concezione junghiana di sincronicità.»

In Una sottile armonia Donato Piegari evidenzia come nel mondo occidentale odierno l’uomo, perso ogni riferimento metafisico, si sente straniero nella terra che abita da sempre. Diviene sempre più imperiosa l’esigenza di ritrovare l’armonia con il Tutto attraverso un’opera trasformativa sia degli elementi che di se stesso. Jung ha rinvenuto nell’antica arte degli alchimisti il linguaggio simbolico archetipale per raccontare tale ricerca. Perché, diceva l’alchimista Dorneus, «non potrai mai costruire ciò a cui aspiri, se prima non sarai tu stesso divenuto uno».

Herwig Sausgruber, psichiatra, neurologo, umanista e studioso dell’induismo in Sincronicità e telepatia: quale relazione? si sofferma sul concetto di telepatia, assiomaticamente basilare con il concetto junghiano di sincronicità. Asserisce che la telepatia implica non solo simultaneità, ma anche serialità (come nel caso della serie di sogni che ripropongono uno stesso contenuto) e può penetrare nel contenuto onirico e servirsi del sogno. Già Platone (Timeo) situava nell’ipocondrio, un organo vegetativo, l’anima priva di ragione ma capace di divinare e dunque il sogno telepatico premonitore e frutto di sincronicità. Studi recenti su alcune psicosi allucinatorie dei nostri tempi (percezioni di essere influenzati nel pensiero anche attraverso strumenti collocati nell’ambiente esterno o nel corpo) presentano analogie strutturali con la telepatia. Si apre un più ampio spettro di comprensione del fenomeno della sincronicità e si giunge a una concezione psicoide della realtà. Lunga è la tradizione sia nel pensiero occidentale, sia nel mondo orientale: per Hegel la materia è spirito nel suo stato alternativo; l’iranista H. Corbin parla di Corpo spirituale e Terra celeste

La parte terza è dedicata a Psicologia e sincronicità.

Gli articoli di A. Vitolo, M. Conforti, H. Etter , D. Santarcangelo ribadiscono lo stretto legame tra la dottrina degli archetipi, quali forme formanti nella dinamica dell’Unus mundus, e quella della sincronicità, quale manifestazione di coincidenze di significato. La fisica quantistica appare come una fisica dello psicoide in cui emerge l’idea di un ‘campo’ in cui agiscono a-priori morfici che la psicologia Junghiana chiama con il nome platonico di archetipi. «Tutto è pieno di dei» diceva Talete e nei poemi omerici la sincronicità era colta nel numinoso incontro con divine immagini archetipali.

La parte quarta è dedicata a Clinica e sincronicità. In esergo al primo articolo di F. Testa una frase di W. Butler Yeats riassume il senso dell’esperienza della sincronicità: «Se ciò che io dico risuona in te è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero».

Il volume si chiude con l’articolo di C. Widmann Coincidenze significative e nessi di senso. Leggiamo: «Occorre un io sufficientemente strutturato per attraversare le esperienze numinose senza fuggire il tremendum e senza inseguirne il fascinosum”. Ci sembra importante il riconoscere i limiti umani vedendo in essi non una chiusura ma la possibilità di contatto con l’Altro che è il Tutto, il Se. L’autore afferma: «Se la sincronicità è relazione di senso e non di causa, la connessione con il senso è il suo aspetto più rilevante e dare accesso al senso è la sua funzione più caratterizzante ai fini dell’esperienza analitica. La sincronicità scaturisce dall’unus mundus, dal mundus archetypus del Sé e accosta l’individuo al Sé. Secondo Jung, difatti, l’archetipo del Sé è l’archetipo del senso.»

Redazione


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