All’inizio della storia del pensiero greco, il novum assume in Parmenide i connotati dell’illusione, eppure si tratta di un’illusione potente che comunque esprime una realtà. Il saggio trova il suo movente nell’esigenza di studiare le inquietanti affermazioni del grande pensatore e di procedere a una chiarificazione preliminare del concetto tanto ambiguo e inafferrabile. La questione del novum non è vuotamente accademica, al contrario essa riguarda nell’intimo il mondo in cui viviamo, essendo stato assunto straordinariamente a idea dominante e a valore supremo non solo della scienza ma dell’ethos generale. In effetti, dietro il novum si intuisce il ruolo dell’uomo attivo, misuratore e facitore di realtà. Più in profondità si intravvede che l’uomo attivo (che si autointerpreta quale soggetto del novum) va cimentandosi con il problema del senso della sua stessa mortalità. Logica ed esperienza si contraddicono pur implicandosi. La logica dell’identità e il suo principio di contraddizione non spiegano l’esperienza e l’esperienza non spiega quella logica e quel principio. Il fatto che il principio del due (il diverso) sia inspiegabile lo mette sullo stesso piano del principio dell’uno. Si pongono così due principi alternativi, originari, irriducibili in quanto tali l’uno all’altro, seguendo i quali si producono due diverse visioni del mondo e due logiche. I due principi sono dotati di una fortissima carica ispiratrice, hanno il carattere di due autentiche verità rivelate, incompatibili reciprocamente e primigenie: due dèi arcaici inconciliabili che confliggono dando vita a due mondi in alternativa.