Questo secondo volume dello studio di Giuseppe Lampis sviluppa e completa gli annunci emersi nel primo indagando i fondali della grande cultura greca, ma può anche essere preso a sé per il suo oggetto specifico, che va dalle maschere dogon a quelle degli sciamani, principalmente degli sciamani asiatici.
Il tema non è cambiato, l’autore persegue nel chiarire il significato metafisico del mascheramento e della trasformazione del visibile.
Con ciò si tratta sempre del tentativo dell’uomo di interpretare gli elementi essenziali della sua condizione per mettersi in grado di affrontarne la difficile prova. Il senso della maschera è che egli non deve fuggire dallo stato di incarnazione in cui è calato ma deve viverlo integralmente e assumerlo come punto di partenza inevitabile e ricco di destino.
Per l’uomo arcaico, dolore, malattia e morte sono l’effetto di un furto di anime e di vite da parte di micidiali esseri concorrenti.
Ciò rende necessario avere, nel rischioso combattimento con le forze demoniche della dispersione, alleati adeguati al livello dello scontro e guide e mediatori capaci di orientarsi nei rapporti tra visibile e invisibile. Questi sono impersonati dalle maschere, che hanno la ambivalente capacità di abitare e traversare il confine dei diversi mondi.
Una guida trasfigurata in maschera è lo sciamano, attestato dal Paleolitico fino alle civiltà più recenti in tutte le latitudini.
Lo sciamano è il Primo che è riuscito a interpretare il mistero del viaggio di ritorno verso la guarigione e che perciò possiede le arti per aiutare gli altri a reintegrarsi con i poteri che sono stati loro sottratti.
Egli solo, eroicamente, ha capito: l’unica strada per raggiungere le formidabili potenzialità che la natura umana possedeva all’inizio e per riappropriarsene è quella di percorrere fino in fondo l’esperienza del dolore e della scissione.
Attraverso una iniziazione dilacerante e tremenda, modello delle più vertiginose esperienze culturali e religiose, lo sciamano si trasvaluta e si trasforma diventando una grande maschera vivente, una via di luce in cui il popolo errabondo può ritrovarsi e rinascere.
Maria Pia Rosati