Campi dell’immaginario

Campi dell’immaginario
Gilbert Durand

A cura di Davide Navarria
Mimesis edizioni 2018

(testo in lingua originale:
Gilbert Durand, Champs de l’imaginaire, textes réunis par Danièle Chauvin Ellug,
Université Stendhal, Grenoble 1996)

 

Gilbert Durand, studioso poliedrico, antropologo, filosofo, ermeneuta, comparativista impegnato coraggiosamente in ogni battaglia culturale e civile si è confrontato con il pensiero di C. G. Jung, G, Bachelard,  R. Basdtide, M. Eliade, J. Servier, H. Corbin, James Hillman, S . Lupasco, R. Thom. E citiamo solo alcuni degli studiosi del circolo di Eranos che hanno costituito per più di 50 anni (1933-1987) quella che Hans Thomas Hakl ha definito ‘an alternative intellectual history of the twenthieth century’. Quegli incontri autentici e dialettici erano intensi momenti di scambio in cui tutti i domini del sapere erano convocati per affrontare i temi più significativi e la ricerca degli archetipi, delle forme formanti, dei simboli, tracce sottese al cammino umano.

Profondo è il pozzo del passato. Non dovremmo dirlo insondabile? Insondabile anche, e forse allora più che mai, quando si parla e discute del passato dell’uomo: di questo essere enigmatico che racchiude in sé la nostra esistenza per natura gioconda ma oltre natura misera e dolorosa. È ben comprensibile che il suo mistero formi l’alfa e l’omega di tutti i nostri discorsi e di tutte le nostre domande, dia fuoco e tensione a ogni nostra parola, urgenza a ogni nostro problema.”, ha scritto Thomas Mann in incipit alla quadrilogia di Giuseppe e i suoi fratelli, operaa cui lavorò persedici anni, meditando sulla sconvolgente esperienza della seconda guerra mondiale e della Germania.

Durand ha colto immediatamente la portata euristica della ricerca epistemologica trandisciplinare del circolo di Eranos, come quella del suo maestro G. Bachelard a  cui è dedicato, Psicoanalisi della neve (1953), scritto altamente poetico da cui trapela l’inquietudine filosofica di chi vuol guardare oltre la verità del fare, oltre la scienza tecnocratica, alla ricerca di un’epistemologia del senso.

 È così nato un ‘Nuovo Spirito antropologico’ che superasse la distinzione tra sapere razionale e sapere immaginale, tra soggetto e oggetto, tra materia e spirito, tra visibile e invisibile per costruire infine un’unica Scienza dell’Uomo. Perché, come dirà Durand, «ogni saggezza che non ha un pizzico di follia non è veramente umana; l’umanesimo autentico è quello che sa dare spazio alla debolezza e a tutto ciò che è errore agli occhi della scienza. Ci vuole di tutto per fare un uomo».

L’immaginario non è visto come l’oscura dimora di credenze illogiche o folli, ma come l’espressione più alta della potenzialità poietica dell’uomo in ogni campo: matrice di rappresentazioni e degli avvenimenti di una società, logica creatrice che fa comprendere non solo l’economia generale del senso e la storia come sistema ma anche i derivati patologici e le tragedie connesse:«nella più umile immagine, nell’immaginario più incoerente si stanno già scavando le fondamenta dell’immaginale o dello spirito».

Nel 1996, a Grenoble, veniva pubblicato, a cura di  Danièle Chauvin, Champs de l’imaginaire che riuniva 14 scritti di Durand in circa 50 anni di studi centrati sull’immaginario: immagini, motivi, temi e miti; studi letterari, filosofici, storici o sociologici; monografie o lavori teorici o metodologici.  Si tratta di un’opera aperta ad un tempo alla libertà creatrice e critica e omaggio a Durand, fondatore e instancabile animatore  del Centre de recherches  sur l’imaginaire di Grenoble.

Come scritto nella prefazione, l’opera, corredata da una bibliografia completa di Durand e da un indice dei termini relativi alle nozioni-chiave utilizzate, vuol essere anche ‘ouverture’ simbolica, riferimento obbligato e strumento bibliografico per tutti i ricercatori interessati agli studi sull’immaginario.

Il testo è tradotto in lingua italiana da David Navarria, studioso di antropologia religiosa e attento lettore di Durand (cf. l’antropologia di Gilbert Durand, una topica sociale dell’immaginario in átopon 1/2015) e che ha già tradotto L’anima tigrata, il plurale di ‘psiché’.  E ci auguriamo cheil grandestudioso dell’immaginario, già tradotto in molte lingue in oriente e occidente, possa essere più ampiamente conosciuto e studiato anche in Italia, terra di poeti, di artisti e di figure di grande spirito immaginale.