Il ritorno del mito e dell’immaginazione

Federico De Luca Comandini – Robert Mercurio
L’immaginazione attiva
Vivarium – Milano 2002

Maria Pia Rosati

 

La vita dell’uomo scorre sempre all’interno di un universo culturale.E la cultura è formata dalla stratificazione di ciò che l’uomo ha immaginato, creduto, sognato, pensato attraverso i millenni della sua permanenza su questa terra.
Tuttavia nel mondo occidentale moderno lo sviluppo culturale ha privilegiato i modelli scientifici e tecnologici che dall’epoca rinascimentale in poi, fino ad un culmine nel XVIII e XIX secolo, sono stati visti come le chiavi per il dominio totale sulla terra e sui suoi abitanti.

Alle soglie del terzo millennio si è esaurito il periodo di trionfante esaltazione del pensiero razionale e della scienza e della tecnica, ed è crollata l’illusione che ogni problema umano possa essere risolto grazie allo sviluppo tecnologico, troppo spesso causa di gravi disatri ecologici e delle peggiori atrocità sul piano umano (vedi la inaudita capacità distruttiva delle più sofisticate armi e dell’utilizzo bellico dell’energia nucleare). Dopo un lungo periodo di iconoclastia dovuto a alla sopravvalutazione dell’elemento razionale astratto e della logica aristotelica, già nel XIX secolo il movimento romantico e simbolista avevano portato ad un ritorno al mito e al simbolo (cf. Charles Baudelaire e l’immaginario fantastico). Contemporaneamente le nuove tecniche di produzione dell’immagine (nascita della fotografia, del cinema) consentivano la nascita di una sorta di museo dell’immaginario.

Oggi in Occidente si assiste a un forte ritorno di un immaginario represso, alla riscoperta e rivalutazione positiva dell’immaginazione, del sogno, del pensiero inconscio, considerati proprio dalla cultura occidentale moderna di secondaria importanza, accessori se non addirittura patologici. Nuove problematiche e modalità di visione del mondo stanno vertiginosamente abbandonando la cosiddetta “galassia Gutemberg”, caratterizzata dal predominio della comunicazione scritta stampata e delle sue procedure sintattiche retoriche, di ragionamento per gravitare intorno ad una “galassia dell’immaginario ”. I più significativi eventi culturali del XX sec., l’imporsi di nuove teorie fisiche (Relatività, Meccanica ondulatoria, Teoria dei Quanti), la nascita della psicoanalisi e psicologia del profondo, la curiosità per immagini, costumi, filosofie esotiche e l’interesse all’etnologia, la nuova attenzione della critica letteraria ed artistica a temi mitemi (cfr. T. Mann, Wagner, E. Zola, Freud) hanno comportato una vera rivoluzione epistemologica ed assiologica.

Gilbert Durand ne è stato antesignano ed interprete ( Le strutture antropologiche dell’immaginario, 1960 hanno aperto la nuova era) proponendo un nuovo metodo di studio, una nuova corrente di pensiero chiamata “mitodologia”, attenta al plurivocità e polisemanticità del mitema, in opposizione alla univocità delle “verità” ottenutete attraverso“metodologie scientifiche”.

Dobbiamo sottolineare come la rivalutazione del mondo immaginario sia cominciata nel seno stesso del mondo scientifico all’inizio del XX secolo con le fondamentali scoperte di Freud, il fondatore della psicoanalisi che ha mostrato il ruolo decisivo delle immagini quali messaggi che salgono alla coscienza dal più profondo della psiche.

Le ricerche di Freud muovendo inizialmente in campo clinico si erano focalizzate su immagini-simbolo che venivano lette principalmente come sintomi rivelatori di una patologia, di una nevrosi.

Tuttavia suoi studi fondamentali sull’inconscio e sulle sue manifestazioni (sogni, lapsus, atti mancati ecc.) hanno aperto la strada a ulteriori ricerche.Carl Gustav Jung (1875 -1961) ha dato un più ampio respiro alle teorie freudiane.Per Jung l’immagine nella sua costruzione è un modello della costruzione stessa della psiche.Le immagini sarebbero dunque interessanti non soltanto quali sintomi di una psiche nevrotica, ma al indici della formazione e della struttura stessa della mente.Distaccandosi da Freud Jung, parla di una mente mossa non da un’unica pulsione, da un’unica libido totalitaria, ma da una pluralità di impulsi.

Le serie di pulsioni che provengono dalla parte più attiva, dominante, portata alla conquista, che egli raggruppa sotto il nome latino di animus , si presentano con i tratti della grande immagine primaria, primitiva, arcaica (che Jung chiama archetipica) dell’Eroe che vince il mostro.

Le serie di impulsi che provengono dalla parte più passiva, più tollerante, accogliente e femminile (che egli raggruppa sotto il nome latino di anima ) si presentano sotto l’immagine archetipica della Donna, Madre, Grande madre, Vergine. L’animus e l’anima sarebbero per Jung delle matrici archetipiche che producono immagini che a loro volta si organizzano formando dei mondi mitici che a loro volta generano miriadi di altre forme mitologiche.

Jung ha studiato le culture e le religioni di molti popoli di differenti parti del globo terrestre e di differenti gradi di sviluppo tecnologico e ha ritrovato presso tutti gli stessi modelli archetipici alle base delle diverse espressioni mitologiche e delle differenti manifestazioni culturali e i suoi studi sono stati a loro volta all’origine di altri cammini di ricerca.

L’Immaginazione attiva, a cura di Federico De Luca Comandini e Robert Mercurio raccoglie i saggi di numerosi analisti junghiani interessati alla ricerca del ruolo dell’immagine nella vita psichica, nonché un saggio di fondamentale importanza, per la prima volta tradotto in italiano, di Marie-Louise von Franz dedicato all’immaginazione attiva nella psicologia di C. G. Jung. 

La prima parte L’immaginazione attiva si apre con una presentazione di Bianca Garufi che cita un significativo passo tratto dall’autobiografia di Jung, Ricordi, sogni e riflessioni , in cui sono evidenziati il valore delle immagini e dell’immaginare come metodo “attivo” di introspezione psichica.

“Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui seguivo le immagini interne. In quegli anni si decise tutto ciò che era essenziale. Tutto cominciò allora. I dettagli successivi sono soltanto complementi e chiarificazioni del materiale che scaturì dall’inconscio, e che da principio sembrava mi travolgesse nelle sue onde. Fu esso però la materia prima di un lavoro che durò per tutta la vita”

Segnaliamo di particolare interesse, il lungo ed articolato saggio di Federico de Luca Comandini: Immaginazione attiva. Senso interno e valenze sociali dell’individualità psicologica. 

L’autore rileva come il tema dell’immaginazione attiva appartenga allo specifico della psicologia analitica junghiana: una visione della coscienza in dialogo con l’inconscio, (visto come una disposizione psichica dell’istinto, ricca di proprie valenze di orientamento) nel quale l’Io cerca interlocuzione e complemento al fine di cogliere la progettualità della psiche, sempre rispettandone la dignità di mistero. Il mundus imaginalis , l’immaginazione, luogo della coincidentia oppositorum favorisce l’unificazione psicologica della personalità, in particolare nello stadio culminante dell’ opus psicologico. Quando Jung parla di immaginazione, dobbiamo sempre intendere una immaginazione attiva, creativa che nulla ha a che fare con un fantasticare passivo che narcotizza la coscienza moderna.

Federico De Luca Comandini sottolinea “il valore aggiunto che l’aggettivo ‘attiva’ conferisce all’immaginazione” in quanto ciò comporta un atteggiamento vigile nel sostenere l’esperienza dell’inconscio che si traduce in impegno etico di confronto con le immagini.

Siamo assolutamente concordi con l’autore nell’insistere sulla necessità di un impegno etico quale momento fondamentale dello sviluppo psicologico, soprattutto ai nostri giorni in cui la decadenza ideologica, la perdita di valori di riferimento, il disorientamento dell’etica sociale sono tra le principali fonti di sofferenza per gli individui e per le genti.

La seconda parte è dedicata alla clinica.

Ma si tratta di una clinica non consegnata alla burocrazia di schemi proposti da un sedicente efficientismo razionale, bensì di una clinica che si propone di essere innanzitutto elevazione psichica, grazie all’immaginazione attiva che può operare proprio come il daimon di Socrate.

E, come diceva Eraclito, ethos antropo daimon . Di questo detto eracliteo vogliamo seguire l’interpretazione heideggeriana: l’uomo, in quanto uomo, abita nella vicinanza del dio.

Un aneddoto riportato da Aristotele racconta infatti che dei visitatori, potremmo dire incapaci di immaginazione creativa, non seppero nascondere il loro disappunto nello scorgere che il grande Eraclito si stava scaldando a un forno. A essi Eraclito rispose incoraggiandoli a entrare con queste parole: “anche qui sono presenti gli dei”. 

Maria Pia Rosati