La Divina Commedia come percorso di vita

Claudio Widmann
La Divina Commedia come percorso di vita
Edizioni Magi, 2021
pp. 1512 (in 3 volumi) – Formato: 19×27 – 81 immagini a colori di Amos Nattini

 

A 700 anni dalla morte di Dante le Edizioni Magi danno alle stampe La Divina Commedia come percorso di vita, opera in tre volumi di Claudio Widmann, che costituisce a oggi l’interpretazione psicologica più completa del poema dantesco.

L’Autore sviluppa l’idea che il viaggio di Dante descriva il percorso individuativo, quel cammino attraverso cui “si diventa quel che si è”. La lettura che ne fa Widmann è articolata e immensa, ma destinata – per sua stessa ammissione ­– all’incompiutezza: nemmeno 1500 pagine sono sufficienti a scandagliare l’universo simbolico che sottende il racconto di Dante. Nonostante ciò, questa narrazione illustra la complessità e la grandiosità del disegno individuativo, che prende avvio nel buio impenetrabile dell’inconscio e si conclude nel bagliore non meno impenetrabile del mistero.

L’autore mette in relazione a Inferno, Purgatorio e Paradiso tre grandi aree della vita psichica: l’inconscio, l’Io e il e articola  il viaggio di ciascuno verso se stesso in tre passaggi fondamentali: il confronto con l’inconscio, la strutturazione dell’Io e la reintegrazione del Sé. Allegorie dantesche ed esperienze di vita si intrecciano costantemente e l’illustrazione dei passaggi individuativi, fitta di esempi tratti dalla quotidianità, invita all’introspezione e stimola l’identificazione. È chiaro fin dalle prime pagine che «quest’opera non è concepita per spiegare, ma per pensare»;  a leggerla e a riflettere sui propri snodi evolutivi siamo invitati tutti: psicologi e letterati, dantisti e uomini comuni. Quest’opera racconta di noi.

L’esplicazione dei passi più oscuri del lessico dantesco, intessuta nella Narrazione che apre ogni capitolo, è un dono per il lettore e un’esaltazione della bellezza della lingua italiana ai suoi esordi. Ed è segno di un grande slancio narrativo. In questo nostro ideale cammino letterario ed esistenziale, ci diventa familiare lo squisito, ma non consueto, linguaggio di Dante. Il Sommo Poeta parla di ognuno di noi e finalmente a noi tutti.

Le immagini che corredano l’edizione meritano un’attenzione del tutto particolare. Nel panorama delle figurazioni che nel corso dei secoli hanno illustrato la Divina Commedia quelle di Amos Nattini sono le più maestose e scenografiche. Raccontano l’imponenza del poema dantesco e la grandiosità del progetto individuativo. La fisicità dei corpi dipinti dal Nattini controbilancia la spiritualità del viaggio narrato da Dante. E ci ricorda che la psiche è insediata nel corpo e che ogni avventura dello spirito ha luogo grazie alla mediazione del corpo.

Volume I – INFERNO – L’abisso dell’inconscio (pp. 528)

Inferno è un luogo infero, un abisso oscuro che sprofonda verso il basso. È luogo di inferiorità, bassezze e oscurità, è l’abisso dell’inconscietà.

L’Inferno di Dante ospita tutta la psicologia dell’inconscio; la sua discesa agli inferi è un viaggio nelle profondità della psiche. Inizia là dove l’inconscio è condizione primigenia e tutto è caos, confusione mentale, promiscuità affettiva, disordine morale.

Prosegue in regioni dove un’obnubilata inconscietà sommerge la coscienza nascente, offusca la consapevolezza, oscura la capacità di intendere e di volere; e una pulsionalità dilagante sprigiona distruttività gratuita, avidità inconsulta, sessualità compulsiva.In strati più inferi l’inconscio è possessione.

Sequestra l’Io e lo avvolge di matta bestialitade; sospinge l’uomo in livelli subumani e lo trasforma in mostro. Sono peggiori solo gli stati di connivenza, dove la coscienza collude con l’inconscio, ordendo inganni e misfatti. Lì nessun rimedio vi può far la gente, perché le finezze dell’intelletto esaltano la potenza dell’istinto. È il punto più tragico dell’inconscietà umana: la coscienza tradisce se stessa e l’uomo tradisce indistintamente nemici e amici, persone odiate e amate; infligge atrocità agli altri e a se stesso e appesta l’esistenza di dolore.

È il regno dall’Ombra assoluta, che governa la psiche come un sinistro Signore del Male. È l’Inferno infimo, retto da Lucifero, il demone uno e trino, feroce come un mostro, potente come un dio.

Volume II – PURGATORIO – Il regno dell’Io (pp. 480)

Purgatorio è una montagna psicocosmica, che spunta dal mare e svetta nel cielo. È un percorso in salita, che richiede progettualità e determinazione, sforzo costante e forza di volontà. È il luogo psicologico dove la coscienza si erge al di sopra dell’inconscio, è il regno dell’Io.

Lungo le falde del Purgatorio l’Io sperimenta la propria forza e la propria debolezza. Si affaccia tra incertezze e indecisioni, s’attarda in autocompiacimenti e divagazioni, rimanda scelte e declina responsabilità. Stentatamente si distacca dall’Ombra, la contrasta, la contiene; progressivamente argina l’invidia arcaica, l’aggressività distruttiva, gli eccessi di intensità libidica. Nel contempo affina la conoscenza di sé, delle proprietà soggettive, dell’unicità individuale.

Coltiva la coscienza e la contrappone all’inconscio, affina le funzioni razionali e si libra nel mondo irrazionale dei sogni. Si scopre impregnato di contraddizioni e scopre che tutta la psiche è costituita di antinomie. Si propone come centro decisionale della personalità, ma è lacerato dai conflitti e schiacciato dalla responsabilità.

Se l’Inferno è il mondo della sofferenza, il Purgatorio è quello della fatica.
Giunto all’apice del monte, l’Io ha raggiunto apici di autonomia e auto-governo. Sa contrastare gli eccessi dell’inconscio e quelli della coscienza, le inclinazioni egodistoniche e quelle egosintoniche, perché all’Io spetta il compito di contenere anche l’Io, a scapito dei propri agi e dei propri vantaggi.

Quando è capace di ciò, si apre a stati superiori di coscienza e di esistenza e dal Purgatorio s’innalza verso dimensioni, dove le antinomie non sono più conflitto, ma armonia.

Volume III – PARADISO – La sfera del Sé (pp. 504)

Paradiso è un luogo senza spazio, che s’estende senza dimensioni al di là delle sfere celesti. È un mondo di pura luce, impalpabile e immateriale; è la sfera del Sé.
Attraversando una a una le sfere celesti, Dante realizza che l’individuo è più grande di ciò che sa di essere, che l’identità personale sfuma in quella collettiva, la storia individuale s’intreccia con quella transgenerazionale, i progetti consci confluiscono in progettualità inconsce. Il Sé è la totalità dell’individuo e l’ascensione attraverso i cieli è ricomposizione della totalità individuale.

Dante scopre che la pienezza del Sé si attua nonostante l’Ombra e talvolta grazie all’Ombra, perché gli opposti sono inconciliabili nel regime dell’Io, ma si completano reciprocamente nel regime del Sé. Apprende che gli aspetti inferiori della personalità sono il piedestallo di quelli superiori; insegna a far proprie le logiche incomprensibili dell’inferiorità psicologica.

Il suo viaggio ascensionale è un viaggio al di là della coscienza ordinaria, esaltata e non depotenziata dall’inconscio. È un viaggio in stati di coscienza arricchita, dove sono possibili esperienze che possiedono la qualità psicologica del sacro e quella mitica del numinoso. È un’incursione tra peak experiences, dove lo specifico umano esprime prestazioni di picco nella creatività e nella genialità, nell’estetica e nella speculazione e in quell’inalienabile tensione dell’uomo verso l’oltranza.

Il volo di Dante attraverso i cieli e al di là dell’ultimo cielo è uno slancio verso il sublime, che si spinge fino là dove è tracciato il limite non valicabile delle possibilità umane.