Autunno in Sardegna

Redazione

Ernst Jünger
Autunno in Sardegna
a cura di Mario Bosincu
Editoriale Le Lettere – 2020

 

Sono raccolti in questo volume, a cura di Mario Bosincu, tre scritti di Ernst Jünger: San Pietro (1957), Serpentara (1957) e Autunno in Sardegna (1965). È un grande omaggio a una terra, un’isola che conserva viva la parola del passato.

In Autunno in Sardegna, che costituisce la prima parte dello scritto Terra sarda. Un itinerario attraverso il museo di Cagliari, Jünger manifesta il suo interesse per la collezione di statuine scoperte presso il nuraghe

La vista dei bronzetti […] ci commuove in modo particolare grazie a un carattere specifico di qui. È la linea legittima, il ramo dell’albero genealogico dal quale anche noi discendiamo e le cui gemme, anche se disseccate da molto tempo, sono di natura simile alla nostra. È il linguaggio del «questo sei Tu». Perciò non è a caso se qui incontriamo motivi che ritornano sempre e sono comuni a tutte le epoche della nostra arte.

Immediatamente il lettore sente che il suo orizzonte si è ampliato e si è dilatato anche lo spazio temporale, perché

Le vecchie cose ricadono nello specchio del semper idem, dell’identità. Là c’è sicurezza. Ma questa identità può essere contemplata sempre soltanto nello specchio, soltanto in un’immagine. Non dimora nel tempo. Non ci stancheremo di cercarla, sebbene l’esperienza possa spesso deluderci.  Ciò che è grande è la nostra fiducia.  Se alla vista delle vecchie cose cominciamo a dubitare dell’identità si impone il pensiero di cercarla nell’attimo, nel secondo e nel suo godimento. Su di esso si fonda il fantasmagorico palazzo del tempo. Attraverso i suoi capillari scorrono i millenni (p.92).

La comprensione della storia e della preistoria della Sardegna era stata per Jünger una penetrante esperienza che lo aveva inebriato più degli studi libreschi in biologia, zoologia, filosofia a cui pur si era dedicato con grande interesse, come aveva scritto in Am Sarazenenturm, (Presso la Torre Saracena).

sui suoi monti, ai piedi delle sue scogliere, nell’immobile tranquillità delle sue valli dove le lucertole si crogiolano al sole, è ancora possibile dormire un sonno leggero fra gli atomi dell’atemporalità, ciò che nella sequenza dei tempi si è configurato come un modello ideale pazientemente tessuto. Ciò si può leggere nel vento e nell’onda, nei volti di uomini e donne, nel loro linguaggio e nelle loro melodie, nel modo in cui la sera si increspa il fumo del focolare sopra le loro dimore (p.99).

Arruolatosi come volontario dell’esercito nella prima guerra mondiale, Jünger dopo aver attraversato le ‘tempeste d’acciaio’ e riportato 14 ferite in ardite azioni militari, sì da essere insignito della croce Pour Le Mérite , la più alta decorazione germanica, si dimise dall’esercito. Ormai i campi di battaglia non erano più luoghi in cui l’uomo potesse far prova della nobiltà del servizio militare e della fedeltà ai suoi valori. La Grande guerra si era conclusa con un grande massacro e il nichilismo mostrava il volto tremendo della verità.

Ernst Jünger

In Oltre la Linea, scritto in occasione del sessantesimo compleanno di Martin Heidegger (1949) Jünger indica la linea del nichilismo come il ‘meridiano zero’ oltre il quale l’Antico sembra consunto e l’accelerazione vertiginosa della tecnica impedisce allo spirito di scorgere un nuovo orizzonte. Ma il suo sguardo va oltre:

Chi non ha sperimentato su di sé l’enorme potenza del niente e non ne ha subìto la tentazione conosce ben poco la nostra epoca. Il proprio petto: qui sta, come un tempo nella Tebaide, il centro di ogni deserto e rovina. Qui sta la caverna verso cui spingono i demoni. Qui ognuno, di qualunque condizione e rango, conduce da solo e in prima persona la sua lotta, e con la sua vittoria il mondo cambia. Se egli ha la meglio, il niente si ritirerà in se stesso, abbandonando sulla riva i tesori che le sue onde avevano sommerso. Essi compenseranno i sacrifici.

 La potenza tecnologica dominava e sarebbe stata sempre più determinante. Presto anche la Sardegna, inevitabilmente, avrebbe subito l’annessione alla tecnica planetaria.

Nell’ampia introduzione, filologicamente curata, M. Bosincu cita una pagina di diario di Jünger del 1965 che ci fa cogliere il vissuto del viaggiatore nell’isola (p.16).

La storia del viaggiatore […] all’interno di un mondo in rapida e esplosiva trasformazione è contemporaneamente quella delle sue delusioni. Dovunque si volga l’homo ludens si fa avanti a salutarlo l’homo faber. Viene in mente la gara di corsa della lepre col porcospino.

Eppure, in San Pietro, il viaggiatore è anche homo religiosus, perché «in ogni viaggio deve essere compreso un pellegrinaggio» che avrà come meta un santuario in cui accedere alla conoscenza del sacro e dei suoi misteri.

Uno dei grandi doni, dei regali peculiari che ci offre la Sardegna consiste nello sgomento che ci coglie quando ci si rivelano i più antichi documenti del passato. Da che cosa ci sentiamo colpiti quando ci arriva il loro richiamo attraverso i millenni? Solo qualcosa che avevamo perduto può toccarci intimamente. Messaggi provenienti da una patria in cui non battono le ore (p. 79).

Ma c’è qualcosa di ancora più profondo del ricordo storico e preistorico. Jünger percepisce una nuova forza creatrice da cui si è investiti, come se improvvisamente si potesse cogliere il linguaggio cifrato della natura:

questo è il vero sapere, il trionfo che vive nella lingua dei profeti (p.79)
Ma solo grazie all’irreparabile divengono visibili altre porte, si aprono brecce nell’anello di mura ermeticamente chiuse (p.80).