Il mito del Graal e L’Epopea dei Tre Regni

Redazione

«Le mythe du Graal dans la légende arthurienne européenne
et dans L’Epopée des Trois Royaumes de Luo Guan-zhong
à travers sa traduction française»[1]

di Chaoying Durand-Sun

Hermēneus. Revista de Traducción e Interpretación, 21 (2019): 107-147

 

 

Abstract:

Thank to the French translation in five volumes (between 2006-2014) of the great classic of Chinese literatura, L’Epopée des Trois Royaumes, de Luo Guan-zhong, it can be read in the Western World and its real value appreciated. Especially, the archetypical relationships of the original contents with the European myth of the Holy Grail and the matter of Arthur in general.

Il grande classico della letteratura cinese, L’Epopea dei Tre Regni, di Luo Guan-zhong può essere letto e apprezzato nel mondo occidentale, grazie alla traduzione francese in 5 volumi (2006-2014) di Chaoying Durand-Sun. Si apre dunque la possibilità di studiare le relazioni archetipali del contenuto originale dell’epopea cinese con il mito del Santo Graal e la saga di re Artù e della Tavola Rotonda.

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Il senso di questo studio è felicemente espresso nelle citazioni in esergo che riportiamo:

Le Graal est polymorphe, chacun porte en soi son Graal tel qu’il l’imagine et le cultive.[2] (J.-Ch. Payen)

Il n’y a pas de mythe originaire: tout univers mythique n’apparaît que dans les « leçons » infinies du mythe. … il n’en demeure pas moins que ce Graal par son universalité indo-européenne, asiatique, vaudouiste, chrétienne ou musulmane se propose comme un « archétype » de l’incorporation divine, de la présence d’une autorité suprême qui soigne, sauve et guérit, plus ou moins bien enraciné (…) dans la quasi-totalité des cultures dont nous avons connaissance sur la terre des hommes… [3] (G. Durand)

“Arthur che conduce la carica sul monte Badon” Illustrazione da un volume di Alfred Tennyson

 

ChaoYing Durand Sun, che con Gilbert Durand si è dedicata a ricerche comparatiste in particolare sull’immaginario e i miti  dell’Europa e della Cina, ci ricorda che il Santo Graal è un mito di origine celtica, fiorito nell’Europa occidentale medioevale e, innanzitutto, un mito archetipico, universale che appartiene a quel fondo comune onirico, patrimonio immaginale dell’umanità. La sua significatività e pregnanza simbolica è al centro degli studi di M. Eliade, C. G. Jung, G. Bachelard, G. Durand. Il mito occidentale del Graal può dunque essere paragonato al mito del Ding, Il Tripode, oggetto di cerca e di potere, ispirato dalla mitologia cinese e a sua volta ispiratore della letteratura e della cultura cinese. Le due materie mitiche sono studiate nell’ottica della ‘fenomenologia integrale’ e sono esaminate le convergenze (omologia, similitudine, analogia) di miti, archetipi, poemi, espressioni artistiche o popolari delle due materie. È stata esclusa ogni gerarchia che potesse innalzare quale originario autentico un unico mito e quindi “fondare un assoluto storico o ideologico secondo il modello etnocentrico dello storicismo occidentale”. Emergono immediatamente le corrispondenze simboliche tra il Graal celtico e il Ding cinese, tra la leggenda di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda  e le Cronache dei Tre Regni di Wei, di Shu, di Wu e dei re rivali con i loro fratelli giurati e compagni devoti.

L’autrice ci fa notare che se l’immaginario del Graal è in Occidente fonte della letteratura cavalleresca e attraverso percorsi imprevedibili ha ispirato un gran numero di opere letterarie e artistiche a partire dal ‘vecchio fondo celtico’ fino al Parsifal di Wagner, anche il tema del Ding è onnipresente in Cina dai tempi più antichi fino ad oggi e se ne può percepire la pregnanza in qualsiasi tempio confuciano, monastero taoista o buddista, museo storico o archeologico come nei testi classici del Confucianesimo e del taoismo. Il più antico testo, la Storia dei tre Reami redatta da Chen Shou sotto la dinastia degli Jin occidentali (265-316) ha dato origine a miriadi di opere che narravano i momenti fasti o nefasti di eroici condottieri e ha lasciato una preziosa eredità, genialmente raccolta nel XIV secolo da Luo Guan-zhong in L’Epopea dei Tre Regni[4], capolavoro della letteratura popolare orale che abbraccia circa 1300 anni di storia e ancora ispira la cultura politica, sociale, artistica della Cina. Senza esitare ChaoYing Sun ritiene paragonabili le due ‘materie mitiche’, frutto di lunga evoluzione letteraria e culturale.  Lo studio comparativo di mitanalisi, o meglio di mitocritica, è condotto in continuità con i saggi scritti dall’autrice in collaborazione con G. Durand sulla comparazione tra l’età d’oro e quella della Grande concordia, l’Atlantide e le isole degli Immortali, S. Antonio e l’eremita cinese Tripitaka[5]. Il metodo di G. Durand procede attraverso una lettura sincronica di testi o leggende per evidenziare mitemi, piccole unità significative semantiche il cui insieme forma il racconto diacronico, la struttura figurativa del mito e ritiene che due racconti possano essere paragonati e considerati omologabili se si trova in uno per lo meno i tre quarti dei mitemi dell’altro. In sintonia con il metodo durandiano ChaoYing Sun ha comparato L’Epopea dei Tre Regni di Luo Guan-zong e la saga di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, soffermandosi sugli aspetti antropologici e archetipici, al fine di evidenziare le somiglianze, e le rispettive particolarità, che collegano due opere significative della cultura dell’Occidente e dell’Oriente.

Il Graal appare come un insieme di oggetti che rappresentano il sacro, la potenza divina, l’archetipo dell’incorporazione e si individuano quattro mitemi sicuramente comparabili con quelli dell’Epopea dei Tre Regni:

  • il tratto di imprecisione, di incertezza, vaghezza degli oggetti del Graal (calice, coppa, pietra, libro), il loro carattere archetipale che rinvia all’esoterismo del senso e, distanziandosi da ogni aspetto essoterico, troppo antropomorfico, vicino all’idolatria, si pone il compito di salvare la traditio, la trasmissione di un insegnamento attraverso la catena iniziatica;
  • il carattere iniziatico dell’avventura segnalato dalla costante presenza in sodalizi spirituali e dal cerimoniale (corteo) ordinato con le sue tappe, pericoli ed ostacoli. Il Graal era alla testa del corteo per significarne l’importanza capitale e costellare l’emergenza iniziatica di una natura perfetta;
  • I tratti di contraddittorietà del simbolismo e della funzione dei talismani che sottolineano una perenne coincidentia oppositorum;
  • il carattere benefico, terapeutico o rettificatore che accomuna l’avventura del Graal ad ogni cerca iniziatica.
Tripode Ding di bronzo degli Shang e dei Zhou

Il simbolismo esoterico e la vaghezza che circondano l’ “oggetto Graal” investono in un ampio gioco metaforico una pluralità di oggetti (coppa, pietra, libro ecc.) di supremo valore iniziatico e archetipale per gli eroi della Tavola Rotonda che si propongono di salvare il desolato paese del ‘re magagnato’. Anche il romanzo di Luo Guan­ – zhong  abbonda di oggetti meravigliosi (tripode, scodella, zucca bisaccia) contenitori di nutrimenti terrestri e celesti che hanno il carattere simbolico, polimorfo, polivalente e archetipale del Graal. Il Ding, crogiolo alchemico, elisir di immortalità è emblema della regalità, del sovrano e dell’intrepido coraggio dei suoi prodi, il cui scopo ultimo è restaurare il regno dopo la rovina della Casata degli Han posteriori.

Il secondo mitema del Graal, l‘Iniziazione’, conferisce il ruolo di antesignano a Merlino, mago incantatore, profeta, personaggio leggendario della mitologia celtica, ispirato dalla divina potenza dei druidi, capace di comandare agli elementi della natura e agli animali. Iniziato da Merlino, il giovane Artù liberò la spada Excalibur conficcata nella roccia e, secondo la profezia, fu riconosciuto predestinato al trono e fondò la Tavola rotonda con i cavalieri della cerca del Graal. Anche nell’Epopea dei tre Regni numerose confraternite, salde sodalità spirituali svolgono un ruolo significativo. Decisiva la funzione iniziatica dell’eremita Zhu-ge Liang, grande maestro di strategie, astrologo e mago che permise a Liu Bei di vincere i potenti avversari e fondare il reame di Shu. Il carattere spirituale dell’impresa è confermato dal celebre episodio dell’epopea, il Giuramento nel Giardino del Pesco, che sancisce il sacro patto di sangue  tra Liu Bei, il nobile Guan, e l’ardimentoso Zhang Fei. La Cerimonia, primo corteo iniziatico e spirituale del romanzo, riecheggia le cerimonie dei sovrani della Cina antica, e sarà modello per ogni cerimonia di intronizzazione. Protagonista di ogni cerimonia è sempre il Ding, vaso sacro, contenitore di ogni aspirazione o emanazione spirituale. Lao-zi, fondatore del Taoismo, elaborò l’elisir di cinabro, bevanda di immortalità, nel ‘fornello degli otto trigrammi’, contenitore alchemico e iniziatico, simile alla coppa del Graal. Al ‘sacro oggetto’ si può accostare solo l’iniziato in condizione di purezza. Tra i cavalieri della Tavola Rotonda solo colui che ha compreso il valore spirituale del Graal potrà accostarsi al ‘seggio periglioso’ che, come l’antico calderone d’ordalia celtico, inghiotte chi è indegno. Nell’epopea cinese Cao Cao, maligno condottiero e spietato rivale di Liù Bei, non oserà mirare al trono degli Hann sapendo che su lui sarebbe caduto il giudizio di impostore.

Il carattere cinese Ding 鼎

Il terzo mitema del Graal, il tema della coincidentia oppositorum e delle funzioni contraddittorie dei talismani, vede intrecciarsi la continuità della vita terrena e dell’al di là. La coppa del Graal evoca in un’atmosfera mistica un contenitore di cibi e bevande che, come la patena e il ciborio della liturgia cristiana, possono ridare vita, salute e salvezza spirituale. Altri simboli sono apparentemente ambigui come la pietra e la spada, emblemi di comando, ma anche strumenti di lotta, ordalia e giustizia. Nell’Epopea dei Tre Regni, Liu Bei e il cognato Sun, rivali nella conquista del Ding dinastico, invocano in pectore l’ordalia: il destinato alla missione egemone con un sol colpo di spada taglierà in due parti la pietra, mentre morirà colui la cui spada non riuscirà a scalfire la pietra. Per G. Durand  la spada, la lancia, il coltello fanno parte del corteo degli emblemi guerrieri e appartengono alla costellazione simbolica della separazione immediata e fulminea che ha funzione diairetica, dicotomica che definisce e contrappone. Nel romanzo di Luo  Guan-zhong la spada è emblema di sovranità mentre la lancia è utilizzata dalle potenze guerriere. Tuttavia in ambedue le saghe la spada che ferisce può anche guarire e salvare. Nella saga del Graal solo la lancia che ha ferito il re magagnato può guarirlo perché il talismano non esiste in sé ma è definito dalla tensione delle contraddizioni interne. Il grande Eraclito diceva πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι, πάντων δὲ βασιλεύς, καὶ τοὺς μὲν θεοὺς ἔδειξε τοὺς δὲ ἀνθρώπους, τοὺς μὲν δούλους ἐποίησε τοὺς δὲ ἐλευθέρους (53Diels -Kranz), Il conflitto è padre di tutte le cose, è di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi. ChaoYing Sun sottolinea che, al pari del Graal, in Cina il Dao (Tao), vaso magico dai caratteri taumaturgici, comunicatori e paracletici è dotato della tensione permanente della coincidentia oppositorum. Nel Libro della Via e della Virtù di Lao-zi è scritto: Il Tao è come un vaso /Che mai si riempie./È come un abisso,/ origine di ogni cosa…Sembra molto profondo,/e pare debba durare sempre./ Figlio di non si sa chi/ Deve essere l’avo degli dei.

La coppa del Graal

Parole che evocano l’insondabile e l’indicibile, la cerca del senso del mistero e dell’unità dell’universo. Ne troviamo echi nell’inno del calderone magico celtico che contiene il vuoto originale e l’eternità. Nella tradizione cristiana, nella messa di Pentecoste si canta l’inno Veni Sancte Spiritus in cui si invoca la discesa dello Spirito Santo che unisce in una dimensione più alta elementi che paiono contrastanti e inconciliabili: in labore requies, in æstu temperies, in fletu solacium, riposo nella fatica, frescura nel caldo, sollievo nel pianto.

Anche il Ding, malgrado alcuni antichi aspetti ambigui, è sempre circonfuso da una preminente atmosfera sacra e dall’importanza del rituale. La simbolica salvifica del calderone d’abbondanza del Ding è espressa sia nel carattere della scrittura cinese 鼎 che mostra i tre piedi di sostegno e il calderone che tutto raccoglie e unisce, sia nell’esagramma 50 dell’ Yi-jing (Il libro dei mutamenti) in cui il Ding, associato alla cottura degli alimenti, diviene simbolo di fortuna suprema, di felicità e prosperità. L’era del Tripode è l’età d’oro: la presenza del Ding è annuncio  di un nuovo sovrano virtuoso, la sua assenza  significa che la virtù del sovrano si è deteriorata e il Cielo ritira i suoi doni.

I Cinesi, al pari dei Celti e di moltissimi altri popoli, sono appassionati dei talismani, oggetti dal potere magico o che incorporano il divino e hanno la funzione di convertire, mutare, guarire il male di un individuo o di un paese. L’opera alchemica è privata, notturna, mentre quella eroico- cavalleresca è diurna, pubblica, politica – direbbe G. Durand ­– e il fine ultimo è ridare forza alla ‘terra desolata’. Anche nell’epopea di Luo Guan-zhong l’operazione alchemica taoista, complementare all’avventura eroica, mira a ristabilire la pace nell’Impero. E tutte le funzioni simboliche di trasformazione creano ridondanze forti e significative nell’epopea come nella cultura e nella letteratura cinese.

ChaoYing Sun riassume i caratteri salienti del suo studio comparativo ribadendo il legame profondo tra le due materie epiche, fertili campi dell’immaginario nei quali ha rinvenuto elementi concordanti e convergenti sul piano simbolico e antropologico. In primis l’omologia stretta tra il tripode Ding e il Graal, i due talismani che raccolgono una vasta costellazione di oggetti con funzioni contraddittorie ma il cui senso profondo è la presenza del sacro, l’assolutamente trascendente incorporato in terra, il cui tratto misterico è esaltato dal contesto iniziatico. Il genio e la saggezza che emanano da questi miti ricchi di simboli esprimono il sogno ineffabile, individuale o collettivo, di un’età d’oro o della Grande Concordia, del Paradiso perduto o delle Isole degli immortali e continuerà  a influenzare pensieri ed azioni di generazioni presenti e future, perché, come sottolinea G. Durand, «il comportamento concreto degli uomini e il comportamento storico ripetono timidamente …gli scenari e le situazioni drammatiche  dei grandi miti”.»[6]

Bibliografia:

Dalla esaustiva bibliografia che accompagna il saggio riportiamo solo alcuni testi di riferimento.

  • Copertina del V volume di L’Epopée des Trois Royaumes

    Durand, G. (1991), « Intorno al Graal. Archetipi della incorporazione divina e sembianze della Presenza », in Átopon, vol. I, Roma, Mythos Edizioni, pp.7-20; e Átopon, vol. II, pp. 7-26, 1993; edizione elettronica in https://www.atopon.it/ebooks/.

  • Durand, G. et Chaoying Sun (1996), «Renversement européen du Dragon asiatique», in Saints et Dragons. Rôle des traditions populaires dans la construction de l’Europe, Tradition Wallonne, n.°13, Bruxelles, Ministère de la Communauté française de Belgique, pp.15-26, repris in Rôle des traditions populaires dans la construction de l’Europe : Saints et Dragons, Cahiers internationaux de symbolisme, n.° 86-87-88, Mons, C.I.E.P.H.U.M., Université de Mons, 1997, pp.15-26, dans http://amisgilbert durand.com/le-renversement-europeen-du-dragon-asiatique/, in italiano « Il Drago in Asia e in Europa » (traduzione di Maria Pia Rosati), in «Átopon – Psicoantropologia Simbolica e Tradizioni Religiose», vol. VI 2000 / 2007, Roma, pp. 9-22.
  • Durand-Sun, Chaoying (1996), « L’âge d’or, du Tibre au Fleuve Jaune », in L’imaginaire des âges de la vie, Grenoble, Ellug, pp.17-30.
  • Durand-Sun, Chaoying, (1996) «Le statut saturnien de l’âge de la Grande Concorde (Datong) », in L’Age d’or, Dijon, Eud, pp.171- 192.
  • Durand, G. et Chaoying Sun (2000), Mythe, thèmes et variations, Paris, Desclée de Brouwer, Pari
  • Durand, G. et Chaoying Sun (2000), « Du côté des Montagnes de l’Est (Taishan). L’imaginaire chinois de la Montagne », in Montagnes imaginaires, montagnes représentées, Grenoble, Ellug, pp. 61-80.
  • Durand, G. et Chaoying Sun (2000), « Le Graal dans tous ses états », in Mythe, thèmes et variations, Paris, Desclée de Brouwer, pp. 123-171.
  • Iacuele A. e Rosati M. Pia (2006), «Gilbert Durand e la Mitodologia », Átopon, Quaderno n.° 1, Roma, Ed. Mythos;  edizione elettronica https://www.atopon.it/ebooks/.
  • Durand, Chaoying (2014) (2015), « Le strutture fondamentali dell’immaginario in L’Epopea dei Tre Regni di Luo Guan-zhong. Contributo alla Mitocritica durandiana», traduzione di Maria Pia Rosati, in Átopon, https://www.atopon.it/ebooks/.

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Note:

[1] Il mito del Graal nella leggenda europea di Artù e in L’Epopea dei Tre Regni di Luo Guan – zhong nella traduzione francese.

[2] Il Graal è polimorfo, ognuno porta in sé il suo Graal, nella maniera in cui lo immagina e lo coltiva.

[3] Non c’è un mito originario, ogni universo mitico appare solo nelle ‘lezioni’ infinite del mito… non di meno il Graal per la sua universalità indo-europea asiatica, vuduista, cristiana o musulmana si propone come un “archetipo” dell’incorporazione divina, della presenza di un’autorità suprema che cura, salva e guarisce (…) nella quasi totalità delle culture che conosciamo nella terra degli uomini…

[4] (tradotto in francese da Chaoying Durand Sun)

[5] Cfr. Durand-Sun, Chaoying (1996), « L’âge d’or, du Tibre au Fleuve Jaune », in L’imaginaire des âges de la vie, Grenoble, Ellug, pp.17-30. Il Drago in Asia e in Europa  in «Átopon» Psicoantropologia Simbolica e Tradizioni Religiose, vol. VI 2000 et 2007, Roma, pp. 9-22. Durand-Sun, Chaoying (1996), « L’âge d’or, du Tibre au Fleuve Jaune », in L’imaginaire des âges de la vie, Grenoble, Ellug, pp.17-30. (1996) «Le statut saturnien de l’âge de la Grande Concorde (Datong) », in L’Age d’or, Dijon, Eud, pp.171-192. « L’Atlantide du…Pacifique?» in Ch. Foucrier et L. Guillaud (dir.), Atlantides imaginaires, réécriture d’un mythe (Actes du Colloque « Atlantides imaginaires /Le mythe au fil des textes, des arts et des sciences »). Durand, G. et Chaoying Sun (2000), « Le Graal dans tous ses états », in Mythe, thèmes et variations, Paris, Desclée de Brouwer, pp. 123-171.

[6] Durand, G. (2010 [1979]), Figures mythiques et visages de l’œuvre. De la mythocritique à la mythanalyse, (1ère éd., Paris, Berg International, 1979 ; 2e éd., Paris, Dunod, 1992 ; 3e éd., Paris, CNRS Editions, 2010).