Profondo è il pozzo del passato

 

Romualdo Rossetti
Idameneus
Edizioni Esperidi- 2017

Anna Maria Granatelli

 

Profondo è il pozzo del passato. Non dovremmo dirlo insondabile? Insondabile anche, e forse allora più che mai, quando si parla e discute del passato dell’uomo: di questo essere enigmatico che racchiude in sé la nostra esistenza per natura gioconda ma oltre natura misera e dolorosa. È ben comprensibile che il suo mistero formi l’alfa e l’omega di tutti i nostri discorsi e di tutte le nostre domande, dia fuoco e tensione a ogni nostra parola, urgenza a ogni nostro problema.” Le parole con cui Thomas Mann inizia la quadrilogia Giuseppe e i suoi fratelli ci sembrano di una viva attualità per questo momento della nostra epoca così tutta protesa verso un futuro dominato da una tecnoscienza vista come l’ultimo dio salvatore. Le ‘meravigliose sorti progressive’ ci prospettano scenari nei quali l’uomo sembra diventare ormai un vivente obsoleto rispetto ai prodigiosi robot dalle inimmaginabili capacità che lui stesso ha creato. Ma la meraviglia per ciò che sembra superare ogni aspettativa è incalzata da un’inquietudine che si trasforma in angoscia, in ‘panico’ e che sta pervadendo la vita del ’homo sapiens sapiens’ dei nostri giorni, in via di trasformazione verso una nuova specie per cui si è coniato il nome di ‘transumano’.

Giambattista Tiepolo – Il Cavallo di Troia

Ci sembra dunque sempre più importante oggi affacciarci su quel profondo pozzo del passato, forse in maniera apotropaica, per scongiurare che l’inarrestabile avanzamento tecnocratico porti a uno sradicamento totale dell’uomo da se stesso e dall’ambiente naturale nel cui seno si è svolto il suo lungo se pur faticoso e doloroso cammino di costruzione di civiltà e culture.

Queste considerazioni ci fanno oggi guardare con interesse a Idameneus, romanzo coraggioso, proprio perché inattuale, di Romualdo Rossetti, storico e filosofo che da anni si dedica all’ermeneutica antropologica. L‘autore usa la traslitterazione dal testo greco per mantenere inalterato il suono originale delle parole, come precisa nella prefazione, e ha cercato di attenersi agli accadimenti cronologici delle narrazioni legate al mito dei personaggi presenti nell’opera, riservando particolare importanza alle scoperte storiche e archeologiche inerenti all’argomento trattato. Il romanzo vuole “accompagnare il lettore lungo i sentieri di un’avventura esistenziale vissuta da un uomo arcaico perso nel suo lontano passato ma che è divenuto, suo malgrado, un simbolo da decifrare e, al contempo, l’archetipo ideale di ogni possibile rinascita esistenziale.”

Il romanzo si presenta come una sorta di testamento dettato alla fine della vita da Idameneus, ultimo basileus della gloriosa stirpe di Minosse, affinché gli uomini che verranno serbino il ricordo di un’esistenza terrena vissuta confrontandosi coraggiosamente con la propria sorte e il dolore che il destino ha riservato ad ognuno. Idameneus chiede all’amico fidato Dikrys di annotare tutto, anche ciò che potrebbe sembrare poco degno di nota, perché “il senso più profondo degli avvenimenti risiede molto spesso in ciò che è più banale. “ Lo aveva compreso solo al giungere della vecchiaia proprio lui, l’ultimo dei Kureti, il valoroso combattente per terra e per mare, che aveva partecipato alla guerra di Troia, la Guerra delle Guerre, e aveva conosciuto l’inquietante bellezza di Helene di Lakedaimon, la sterminata sete di dominio di Agamemnon, le infinite astuzie di Odysseus, il furore bellico di Achilleus, capo dei Myrmidones : “La presa di Ilion mi parve lontanissima nel tempo, e, a dirla tutta, benché mi sforzassi non riuscivo più a scorgere il senso profondo del suo cominciamento. (…) Il semicerchio dell’orizzonte lo avevo contemplato infinite volte in passato, in quei giorni però, mi era parso diverso. Mi sembrava fosse vivo e volesse quasi respirare. Le increspature delle onde mi parvero le pieghe di una grande mano che dirigeva inesorabilmente i nostri miserabili destini”.

Idameneus (come non ricordare Idomeneo di Mozart, considerato vetta del teatro musicale e che Mozart stesso considerò potesse giungere ad ogni genere di pubblico) in questo romanzo si presenta come figura eroica, che ripetutamente deve confrontarsi con gli enigmi della vita che mai l’uomo può credere di aver risolto. Alla fine della guerra si dovrà confrontare con il tradimento e non potrà ritornare a Creta, la sua patria, e da talassocrate diverrà un esule pellegrino del mare. Ma proprio nel mare, riuscirà a creare una nuova alleanza tra popoli e rifondando la sua e la loro esistenza si stabilirà nella terra dei Messapi, l’odierno Salento che nel nome porta il ricordo di quel sale (sale, als è in greco il nome con cui i greci designano il mare) il cui sapore hanno ben conosciuto i suoi abitanti nelle loro vicende destinali. Come Rossetti ha scritto in un suo precedente saggio, (Mitica presenza di Idomeneo nella terra dei Messapi) i viaggi del re cretese, filo rosso dell’etnogenesi salentina, proiettano il Salento come porto sicuro per ormeggi esistenziali , fucina di culture, ponte verso l’alterità. Ma allo stesso tempo l’impronta regale archetipicamente impressa nel Salento ne fa una terra di ospitalità e insuperabile contraddizione, terra ambita tra due mari, in cui si rischia di divenire ostaggi della sua più intima peculiarità.

 


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