I Veda di Artù (da átopon Vol. VI)

 

Leopoldo Moschella
Simmetria, Roma, 1999

Annamaria Iacuele

Il saggio di Leopoldo Moschella si inserisce nel panorama degli studi di geografia tradizionale a cui hanno dato illustri contributi Eliade, Kérény, Corbin, tra gli altri. Per tale geografia, non conta soltanto la struttra fisica o biologica della terra, perché questa è considerata un simbolo, un significante all’interno di un discorso sacro in cui ogni elemento è simbolico di una realtà ontologica.

vedaartuQuesto studio, cercando di scoprire i nessi e le interazioni fra rituali geografici (cioè operazioni attraverso le quali lo spazio viene reso conforme alla sintassi cosmica) e spazi terrestri, si dipana in particolare intorno alle rappresentazioni rituali di calendari e ruote, presenti in tutta Europa e connessi alla individuazione di spazi e tempi intesi sacralmente o comunque connessi alla ritmica celeste.

Sappiamo come nella maggior parte delle tradizioni la ruota, come è evidenziato dalla sua strutura a raggiera, sia un simbolo solare e come evochi il viaggio degli astri e il loro movimento ciclico; ancora oggi è superstite presso molte popolazioni contadine d’Europa, la tradizione delle ruote incendiate durante il solstizio d’estate che rotolano dai monti o delle processioni luminose che si snodano sulle montagne durante il solstizio d’inverno. I testi vedici in particolare evidenziano il significato cosmico della ruota, dalla cui rotazione permanente nascono lo spazio e il tempo.

Di notevole interesse, nel nostro saggio, la lettura della mitologia connessa alla ruota/fortuna e alla ruota/calendario: «Un luogo calendariale sarà rotale per eccellenza, mentre un luogo rotale potrà essere calendariale o sciamanico» (è il caso del tempio Indù di Konarak sul quale sono effigiate le grandi ruote del carro solare).

Quanto alla ruota della Fortuna essa, simile alla ruota della legge (Dharmachakra) del destino umano, è ad un tempo ruota degli eventi e ruota della profezia. «… la fortuna sovrana muove gli avvenimenti con un’energia rotante (Thor e S. Michele) applicata ai raggi (fulmini e lingue di fuoco) che sono le possibilità di scandimento del tempo e della storia nelle epoche e rappresentano le direzioni e le frecce di percorso nella geografia.»

Alla ruota della fortuna sono dedicate in europa molte città, da Rouen a Verona. E le varie ruote (dai rosoni delle abbazie alle glittiche di derivazione templare) contrassegnano geografie mitologiche che marcano i destini dei popoli e dei regnanti.

Sulle illustri orme del celebre storico danese, il benedettino Saxo Grammaticus (del VI sec.), autore dell’imponente trattato Danorum Regum Heroumque Histori a, l’indagine di Moschella contribuisce ad interpretare la storia mitologica delle popolazioni celto-sassoni consentendo per il medioevo il funzionamento di un meccanismo cronologico geografico derivato dalla mitologia, ma proiettato nel futuro delle terre sassoni, senza soluzione di continuità tra mitologia e storia.

Viene data grande evidenza alla ripetività e alla reciproca influenza dei temi connessi alle fortune dei luoghi e viene condotta una ricerca metodica e sistematica sulla toponomastica, in particolare su nomi e simboli chiave, quali ad esempio il reggitore del moto della ruota e i rapporti solari/lunari intercorrenti con la ritmica calendariale, suggerita da luoghi che hanno conservato il loro nome, più o meno riconoscibile, fino ai nostri giorni. I cavalieri del tempio e gli ordini monastici benedettini hanno infatti incorporato nelle costruzioni sacre, come in quelle militari o nella figurazione araldica, tradizioni precristiane, di arcaicissima derivazione indoeuropea.

Particolarmente suggestivi il parallelo tra le figure solari dell’Indra vedico e del cavaliere Ivano (eroe solare, assistito da un leone) del ciclo leggendario di Artù, le assonanze fra i miti e impensati rapporti ritmici e calendariali.

Annamaria Iacuele


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