Riflessioni sulla psicoanalisi

In occasione del 25° anniversario dalla nascita della S.P.I.G.A.
(Scuola di Psicoanalisi Interpersonale e GruppoAnalisi)

M.P. Rosati e F. Giordano

Celebrare un cammino di ricerca per lo sviluppo delle più alte potenzialità umane, quelle psichiche e spirituali, vuol anche essere un augurio per coloro che questo cammino hanno intrapreso e credono in esso e per l’umanità che non cessa di cercarlo, se pur in molte situazioni sembra spaesata e averne perso i segnavia.

Per questo voglio ricordare il senso, antico, ricco, augurale, dell’acrostico S.P.I.G.A. scelto come emblema di una comunità di terapeuti, di studiosi attenti alle necessità dell’anima dell’Uomo Viator in continuo pellegrinaggio verso se stesso.

La spiga, come simbolo di Uno che è molti e di molti che sono Uno, evoca molteplici individui che nella loro singolarità e unicità tutti fanno parte di un Unico, il Sé nel quale anelano riconoscersi.

Una spiga matura mietuta con un falcetto veniva presentata agli adepti dallo ierofante durante il grande evento misterico di Eleusi, che per secoli si è celebrato in Grecia annualmente alla fine dell’estate, al termine di un lungo percorso iniziatico, nella cerimonia più solenne, che culminava nell’epopteia. Era una visione illuminante, folgorante in cui colui che fa esperienza del conoscere diventa ciò che conosce.

Si tratta di una conoscenza che comprende il mistero della vita e della morte e dell’eterno Tutto (en to pan = uno è tutto) l’energia universale in cui principio e fine si congiungono.

Questa è la conoscenza salvifica offerta agli iniziati, per cui ‘felice è colui che avendo visto questo entra sotterra’ (Pindaro, fr. 137 Snell).

Conosci te stesso’ era anche scritto sul frontone del tempio di Delo dedicato ad Apollo, dio della luce e della conoscenza e dunque anche dio della medicina, perché conoscendo se stessi si conosce il Sé eterno che comprende ogni singolo granello. E, come dicevano i sapienti vedici, ‘tat tuam asi‘ questo sei tu.

L’uomo di oggi è frastornato da un troppo rapido progresso tecnico-scientifico che, demolite antiche certezze, aumenta l’ansia per il ‘nuovo’ che sempre si annuncia pieno di promettenti verità, presto obsolete, che ripropongono altri miraggi.

Riteniamo dunque che, proprio in questo momento di crisi di civiltà, ci sia assolutamente bisogno di confrontarsi con le problematiche fondanti dell’esistere, che come ci insegnano le culture tradizionali, non possono mai essere avvicinate in maniera troppo diretta nella pretesa di raggiungere una ‘verità obiettiva ’

riflessioni_psicoanLa psicoanalisi nata agli inizi del XX sec. ha tentato di riportare l’uomo a uno sguardo meditante su se stesso e su ciò che rimane inconscio, sia al singolo che alla collettività. Sembrava si aprisse una importante via per una più attenta considerazione di ciò che sfuggendo alla coscienza è inquietante e misterioso e (al di là di ogni strabiliante risultato scientifico o progresso tecnologico) continua nei secoli a tormentare l’uomo con gravi sofferenze psichiche. Tuttavia temiamo che anche questa disciplina sia oggi sopraffatta dalla imperante metodologia tecnoscientifica. Le nuove metodologie della ricerca scientifica sono indirizzate a trovare soluzioni rapide e efficienti per ogni problematica umana che intralci il ritmo di sviluppo della società in una logica che potremmo definire ‘economica’, trascurando che solo in una visione olistica il singolo problema può essere affrontato senza creare ancora più gravi problemi.

Importante dunque, proprio nella odierna situazione di incertezza culturale, poter ritrovare uno spazio per poter confrontarci con i problemi e le angosce di sempre, per uscire da un’ottica limitata al particolare e al contingente e aprirci agli altri e all’Altro nella visione di un universo regolato da una legge che se pur ci sovrasta, ci fa presentire che tutto ha un senso, se pure inafferrabile. E dunque “che tutto si può sopportare”, anche ciò che nessuna scoperta scientifica riesce ad allontanare: l’esperienza del dolore, della vecchiaia, della morte, componenti essenziali e ineludibili della vita.

Maria Pia Rosati

 

Riflessioni sulla psicoanalisi

Credo che la psicoanalisi sia ancora quell’arte dialettica che può permettere all’uomo di conservare la sua capacità di porsi delle domande. Quest’arte non è per sua natura atta a dare risposte.

Un’arte che parla all’uomo dell’uomo non può che legittimare proprio quella domanda che è presente in lui, che è unica. Ogni risposta che vuole essere esaustiva e non espressione di una tensione verso il vero significato di quella domanda, è una forzatura, uno stravolgimento, un passaggio dalla dimensione propria di un’arte, fatta di attese, di riflessione, di rispetto profondo per ogni diversità, alla dimensione della tecnica, del suo sapere come fare, della sua superficialità.

Questo passaggio provoca di conseguenza un abbassamento della prospettiva che la psicoanalisi dovrebbe avere sempre di fronte a se stessa: il testimoniare paziente e umile del sorgere dell’infinito in ogni uomo.

La dimensione di un’arte come della psicoanalisi apre a una concezione estetica della vita espressa dalla particolare attenzione rivolta a ciò che è bello, a ciò che è vero, a quella particolare entità individuale, a quella realtà ineffabile rappresentata dall’anima che rende unico ciascun uomo. Una realtà psichica verso la quale quest’arte, se vuole veramente mantenersi tale, deve dare rispetto, ascolto, comprensione, accoglienza, contemplazione, tolleranza, sostegno rivolto al cammino doloroso che ogni essere umano intraprende per liberarla dalla prigione in cui egli stesso l’ha rinchiusa, per vivere, o sarebbe meglio sopravvivere su queste terra, al di sopra di un mondo ben più reale dell’illusorio piano di realtà, con le sue vane certezze, con i suoi confini illusoriamente definiti, con le sue risposte sempre pronte per un uso utilitaristico, finalizzate a perpetrare uno stato di inconsapevole sopravvivenza.

La psicoanalisi nel dare voce all’anima convoca l’uomo sulla necessità, sull’urgenza non più procrastinabile di una corrispondenza tra ciò che si è e come si vive per superare il comodo doppio binario sintetizzabile nella dicotomia di ciò che la teoria e ciò che è la prassi, come se la vita fosse l’applicazione di un metodo, piuttosto che la tensione costante nel diventare ciò che si è.

Quest’arte è invisa nella sua più profonda natura proprio perché squarcia quelle tenebre, che l’uomo ha scelto al posto della luce, al posto della consapevolezza di sé, in cambio di una confusa percezione di un’esistenza priva di unicità, sicura, ricca di vuote risposte, povera di domande.

La psicoanalisi è un richiamo all’uomo, alla sua essenza, alla sua storia, è un richiamo alla domanda che egli porta in sé, è un incontro che non può essere evaso attraverso una risposta frettolosa entro una dimensione collettiva, che non farebbe altro che distogliere altrove l’attenzione che invece merita l’unicità dell’essere.

Forse è così insostenibile l’essere in sé, che sembra necessario condividerne il peso, nella relazione, in quell’ambito interpersonale, che vuole diluire quell’aspetto intrapsichico, che minaccia la nostra falsa e impaurita socievolezza, tendente a confondere i confini di un percorso di individuazione, verso una informe materia umana in cui sembra più facile riconoscersi, sicuramente perdersi.

Credo che l’orientamento della psicoanalisi nei confronti del Sé non possa che porla in relazione con l’essere nella sua pienezza, con quell’archetipo ultimo nei confronti del quale l’Io acquista il suo più completo significato.

In questa relazione, in questo dialogo, l’arte propria della psicoanalisi non può che scardinare i vincoli soffocanti della normalità, non può che porre con forza alla ribalta l’esatto opposto, l’unicità, l’anormalità dell’individuo, quella dimensione entro la quale, sola, trovano origine le grandi passioni, i grandi ideali, le grandi visioni del mondo e di se stessi. In questo la psicoanalisi dà voce alla diseguaglianza, rappresentando quella ribellione contro l’appiattimento di un unico modo di vivere e di sentire la vita stessa.

Dialogare con la maschera, ascoltare i suoi racconti, per permettere un suo progressivo dissolvimento.

Tutto ciò credo sia la psicoanalisi, un viaggio attraverso la storia del uomo alla ricerca di un’altra terra e di un altro cielo.

Francesco Giordano


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