Una vita attraverso la fiaba Dagli atti della Tavola Rotonda "Fiaba Magistra Vitae"
Bracciano 15 dicembre 2009

Piera Mastantuono

L’incontro con la narrazione fantastica, con la fiaba, ha costituito la base di quella che poi sarebbe diventata una delle passioni trainanti di un’esistenza, la mia.

Ho iniziato ad avere a che fare con la fiaba tra le mura domestiche, con i racconti fantastici che, grazie alla creatività dei miei genitori, mi vedevano protagonista insieme a gnomi, elfi e quant’altro si potesse desiderare.

La curiosità, per quello che più tardi avrei definito ignoto e misterioso, ha iniziato a trovare un’applicazione, durante la fase della crescita, nella lettura, direi estremamente vorace, di libri di fiabe, provenienti da ogni parte del mondo, riguardanti tutte le culture, senza distinzione di sorta.

Questa conoscenza multietnica della fiaba è stata ampliata da una fondamentale esperienza nel 1994. Quell’anno, nella mia scuola elementare, a Formia, arrivò una donna alta, bionda, sorridente che ci raccontò un mito in maniera tale che tutti rimanemmo incantati ad ascoltare le parole ‘magiche’. Quella donna era Annamaria Iacuele e quel mito era pellerossa e narrava di una volpe argentata e di un coyote.

Annamaria ci propose di giocare come se fossimo noi i protagonisti di quel mito e di provare a disegnare questi animali. Io, a casa, volli disegnare la volpe argentata e, mi sembra, chiesi aiuto a mio padre per come ‘fare l’argento’: il ricordo di quel momento di condivisione familiare è ancora vivido nella mia memoria. Il mio disegno, scoprii dopo, fu inserito in un giornalino per la programmazione di attività di animazione culturale della letteratura etnico– tradizionale.fiaba_piera

Èmaturata pertanto in me, in molteplici maniere, seppur inconsapevolmente, la decisione di continuare a conoscere le lettere, per scoprire come potessero formare quelle magiche parole, e cos’altro fossero in grado di raccontare.

La scelta del liceo classico prima e della facoltà di Lettere poi segue esattamente questo “percorso fantastico”, alla ricerca di risposte, o di nuove domande sulla letterarietà di quei piccoli capolavori letti da bambina e che in modo tanto indelebile avevano lasciato traccia.

Il coronamento di tale iter è stata la mia tesi di laurea: “Percorsi verso la letteratura giovanile: Gulliver, Robinson ed altri” nella quale ho cercato di analizzare, da un punto di vista critico – testuale, 5 testi e ho valutato se fossero stati o meno scritti in funzione di una fruizione infantile, cercando di restituire dignità a quella letteratura, giovanile, sprezzantemente definita paraletteratura e che invece costituisce un primo fondamentale approccio alla lettura e scrittura del bambino.

La letteratura giovanile appartiene al mondo del romance: il passaggio all’età adulta è infatti costituito anche dall’abbandono del mondo avventuroso e magari fantastico che ha permeato le letture dell’età giovanile.

Alcune opere che realizzano testualmente ciò, come I viaggi di Gulliver di Swift Jonathan, e Alice nel paese delle meraviglie di Carroll Lewis, si presentano nella veste di opere che, pur essendo ormai considerate afferenti alla sfera della letteratura infantile, possiedono comunque una quota di leggibilità adulta; anche se la tendenza nelle riedizioni attuali e privilegiare la versione ridotta a danno di quella integrale impoverisce, quando non vanifica, questo potenziale di fruibilità adulta.

Per questo lavoro ho letto per circa un anno i testi dei più autorevoli critici letterari (come Jurij Lotman, Walter Benjamin, Maria Corti, Antoine Compagnon, Benedetto Croce ed altri) che sfatavano del tutto il mito della superficialità delle fiabe.

Quella “parola”, attraverso cui si esprime la letteratura giovanile, inizialmente a fondamento della curiosità, matura, si evolve, diventando però terreno di ambiguità.

In questa direzione d’analisi diventa pertanto utile considerare la lingua impiegata nelle opere considerate poiché contribuisce al limbo letterario nel quale esse si trovano collocate. Ad una scrittura apparentemente anodina, infatti, corrispondono espedienti linguistici al limite dell’enigmistica, che paiono convocare un pubblico adulto. La realizzazione teorica di questa ambivalenza è riscontrabile negli studi della Nikolajeva, nel momento in cui si sono orientati sull’analisi della semiosfera di Lotman definita come “Semiotic space necessary for language to exsist and function”.

La letteratura giovanile secondo lo schema di Lotman perciò sarebbe uno dei pochi tipi di testo in cui emittente e destinatario appartengono a due diversi gruppi umani, ciascuno dei quali ha sue esperienze, conoscenze e aspettative. Esistono due sistemi di codice: uno indirizzato ai bambini, un altro indirizzato, spesso inconsciamente, all’adulto accanto al bambino. Da qui la nozione di testo ambivalente, fruibile cioè in due differenti sistemi letterari.

Le due diverse tipologie sono rappresentate da Nikolajeva sulla scorta del modello utilizzato da Lotman come due semiosfere, che s’intersecano: quel punto d’incontro è il mondo ambiguo della letteratura giovanile, a confine tra due universi letterari.

Lo studio, nel tempo, ha quindi affinato quella mia prima curiosità infantile rendendo conoscenza una passione che prosegue,costantemente alimentata da letture e circostanze, con l’obiettivo sussurrato di continuare a vivere la vita attraverso la fiaba.

Piera Mastantuono

 


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