Il riscatto della sirenetta
Da metafora a simbolo: il sacrificio al servizio del processo di crescita
di Mariagrazia Crema
Ma.Gi Edizioni – Roma 2010
Come Gaston Bachelard ci ha insegnato, tutta la vita è sensibilizzata dalla rê- verie poetica, quel fantasticare che ha le sue radici nella nostra infanzia, quando il bambino si sente figlio del cosmo. Il permanere nell’anima umana di un nucleo infantile segreto, sempre vivo, indenne dal logorio della vita, della storia, dell’entropia, concede una possibilità di creatività inesauribile, un’apertura gioiosa alla vita. La felicità di sognare del bambino sarà in seguito, la felicità dei poeti.
L’attenzione alle rêveries ha portato lo scienziato Bachelard ad aprire una nuova via epistemologica, che vede proprio nella crisi di ogni nozione codificata, nel declino dei modelli scientifici e tecnologici, nella nascita di nuovi modelli e fenomeni culturali del XX sec. (nuove teorie fisiche, nascita della psicoanalisi, del comparativismo antropologico e dell’etnologia, dell’etologia, nuove tecniche di produzione dell’immagine) la possibilità di una svolta importante che sappia dar vita ad una nuova scienza dell’uomo. Una scienza che, crollata l’illusione che il progresso tecnologico ed il pensiero razionale/calcolante possa risolvere ogni problema umano (la sofferenza umana sembra solo aver mutato volto!), intenda fondarsi sulla funzione fondamentale propria ed esclusiva dell’essere umano: la capacità creatrice della psiche, l’immaginazione creatrice, l’immaginale, secondo il grande filosofo H. Corbin.
D’altra parte lo studio anatomofisiologico del sistema nervoso umano e in particolare dell’encefalo ha portato allo studio delle strutture antropologiche dell’immaginario (G. Durand), che hanno confermato le fondamentali scoperte della psicologia del profondo sul ruolo imprescindibile delle immagini che salgono dal profondo della psiche e sull’immaginario come collegamento obbligato attraverso il quale si costituisce ogni rappresentazione umana e dunque ogni pensiero umano. La rivoluzione culturale del post-moderno, post-industriale colloca l’immaginazione e la rappresentazione simbolica a fondamento del pensiero umano. Ogni simbolo, nel suo aspetto visibile, afferrabile nella sua concreta realtà, ridonda di un altro mondo invisibile, immateriale, non transeunte. Sta all’uomo moderno risvegliare l’inesauribile tesoro di immagini che porta con sé, contemplarle nella loro verginità e assimilare il loro messaggio (M. Eliade).
La fiaba ha a che fare con il mondo dell’infanzia, non solo anagrafica, di quell’infanzia dell’anima capace di rêverie, di sogno e di stupore, che sa sentire l’anima delle cose e scorgere il visibile dietro l’invisibile. Essa è una “Grande Opera”, cioè ha la capacità di operare un profondo rinnovamento, una rinascita, una metamorfosi dell’umano e del suo mondo, una di quelle stupefacenti metamorfosi che sono il cuore stesso delle più belle favole.
Una metamorfosi, quella da sirena a donna, è il cuore della famosa favola di Hans Christian Andersen la Sirenetta. Mariagrazia Crema, psicoterapeuta junghiana, si sofferma a rilevarne, nel suo saggio, l’aspetto di forma potenziale, al tempo stesso metafora e apertura simbolica, porta di accesso di ogni trasformazione. La metafora apre mondi nuovi che custodiscono tutta la forza di ciò che è iniziale, che ci parla dell’origine.
Da questa apertura simbolica scaturisce il suo potenziale terapeutico e d’altra parte, l’ impossibilità di accedere alla potenzialità unificatrice del simbolo si riscontra in molte situazioni di disagio psichico.
L’ipotesi di partenza dell’autrice è che la sirenetta sia figura di un femminile arcaico, non ancora differenziato, che appena emerge, è ancora grondante delle acque profonde dell’inconscio: “In senso psicologico l’essere metà pesce e metà donna rappresenta una fusione di opposti non ancora differenziati. Anche dal punto di vista astronomico-astrologico, la simbologia della Vergine /pesce corrisponde, nell’opposizione del cerchio zodiacale, ai due segni diametrali della Vergine e dei Pesci” (pg. 15). Nella Sirenetta infatti è facile rinvenire quell’elemento fondamentale comune alle fiabe, dice l’autrice, citando Bernhard, in quanto essa “si pone come l’immagine di una coniunctio e di una totalità ancora potenziali, ma già in qualche modo reali, come una vera entelechia, cioè come una finalità presente nel processo trasformativo quando esso è appena in germe“.
Nonostante la protagonista, grazie allo slancio dell’amore per un uomo sia animata da una forte volontà di uscire dal suo stato, di trasformarsi, di diventare una donna, lungo sarà il suo cammino per acquisire un’anima, prendere identità umana, aprirsi al mondo della coscienza. Dovrà uscire dall’ambivalenza, passando per la differenziazione degli opposti, per raggiungere l’unificazione simbolica. E’ in realtà questo il processo che ogni potenziale lettore e ‘paziente’ è invitato a compiere.
Ma, come è sottolineato dall’autrice, che vede nella fiaba di Andersen una traccia archetipica nel cammino individuativo di una ipotetica donna/Sirenetta, la catarsi, la lisi del dramma può avvenire solo grazie al sacrificio. Infatti il sacrificio è la via necessaria per il riscatto e per il passaggio dall’Io al Sé. Attraverso il sacrificio, gli opposti possono essere separati e proprio tale separazione permette l’accesso alla sfera simbolica e con essa una modalità autentica di relazione in cui l’Io si apre al sé e instaura un rapporto di circolarità, in cui “il pensiero del Sé prepara quello dell’Io e il pensiero di questo prepara il pensiero di quello” (Trevi) .