“Lo spazio non è vacuo. È pieno, opposto al vuoto,
ed è il terreno per l’esistenza di ogni cosa.
L’universo non è separato
da questo mare cosmico di energia” – David Bohm
Cenni biografici
David Bohm è stato uno dei fisici teorici più illustri della sua generazione (1917-1992) che ha coraggiosamente sfidato l’ortodossia scientifica del secolo scorso. I suoi interessi si sono estesi ben oltre la fisica, abbracciando anche la biologia, la psicologia, la filosofia, la religione, l’arte e il futuro della società. Alla base del suo approccio innovativo verso gli innumerevoli problemi di cui si è occupato, era l’idea fondamentale che di là dal mondo visibile e tangibile esistesse un ordine più profondo, implicato, d’indivisa totalità.
Dopo la laurea in fisica, lavorò come ricercatore presso l’Università di California, Berkeley, dove sviluppò il suo primo lavoro di riferimento sul plasma (un plasma è un gas contenente un’alta densità di elettroni e ioni positivi). Bohm fu inizialmente sorpreso nel rilevare come gli elettroni, una volta facenti parte del plasma, smettessero di comportarsi come elementi individuali e iniziassero a prendere parte di un insieme più grande e interconnesso. Alcuni anni dopo dichiarò che aveva sempre avuto l’impressione che il mare di elettroni fosse in un certo senso “vivo”.
Durante la sua attività di professore presso la Princeton University, sviluppò numerosi studi sulla fisica quantistica nel corso dei quali iniziò a evidenziare alcune difficoltà di condivisione con la formulazione ortodossa dell’interpretazione di Copenaghen: non poteva convincersi del fatto che il mondo quantistico fosse caratterizzato da un assoluto indeterminismo e dal caso, e che le particelle subatomiche mostrassero la loro esistenza e le loro proprietà solo a seguito di un intervento di osservazione e misura. Iniziò a sospettare l’esistenza di cause più profonde sottostanti l’apparente follia e casualità della natura nel mondo subatomico.
Preso dal dubbio, prima di pubblicare i suoi appunti ne inviò una copia a Einstein il quale si dimostrò subito molto interessato. Seguirono così sei mesi di fitti incontri durante i quali i due scienziati si trovarono d’accordo sul fatto che fosse necessario giungere a una comprensione più chiara di ciò che accadeva nel mondo dei quanti.
Fu proprio mentre scriveva il suo libro “Quantum Theory” che Bohm entrò in conflitto con il Maccartismo statunitense: fu chiamato a comparire davanti alla commissione della Un-American Activities al fine di testimoniare contro colleghi e collaboratori, ma si rifiutò. Fu arrestato e successivamente assolto, ma nel frattempo Princeton l’aveva già sospeso. Einstein richiese l’assunzione di Bohm come suo assistente ma il rettore dell’Università decise di non rinnovare il contratto allo scienziato. A seguito di ciò, non fu più in grado di trovare un lavoro negli Stati Uniti e si trasferì all’Università di San Paolo (Brasile) su raccomandazione di Einstein e Oppenheimer. In seguito, dopo un breve periodo in Israele, Bohm si trasferì a Londra per un incarico al Birkbeck College dove lavorò fino al pensionamento. Tutti i suoi maggiori lavori sono oggi custoditi presso l’Università di Londra.
Bohm sarà ricordato soprattutto per due radicali teorie scientifiche: l’interpretazione causale della fisica quantistica e la teoria dell’ordine implicato e della totalità indivisa.
Interpretazione causale e potenziale quantistico
Per meglio cogliere il significato dell’interpretazione causale, è utile ricordare due aspetti fondamentali dell’interpretazione standard (Copenaghen) della meccanica quantistica. Il primo di questi è che le particelle, ad esempio un elettrone in un laboratorio, hanno solo un’esistenza potenziale finché non vengono osservate. Una volta osservata (con un dispositivo di misurazione), questa potenzialità “collassa” nella manifestazione concreta dell’effettiva particella. In secondo luogo, quando non si manifesta come una particella, lo stato di potenzialità è rappresentato da una forma d’onda matematica nota come “funzione d’onda” (PSI nell’equazione di Schrödinger). Questa funzione d’onda, nell’interpretazione di Copenaghen, è considerata avere solo un significato matematico: non c’è una “reale” onda dietro ai numeri.
In contrapposizione a questa visione c’è quella di David Bohm che invece considera la funzione d’onda una grandezza fisica del tutto reale ed esistente, introducendo il concetto di “potenziale quantistico” e aprendo la strada a un’interpretazione dell’universo di tipo olistico in cui tutte le particelle che lo compongono sono in una continua interazione e correlazione tra loro tramite il fenomeno chiamato dell’entanglement quantistico.
Secondo questa teoria, il moto dell’elettrone non è più determinato in maniera casuale o probabilistica, bensì è governato dall’interazione con un sottostante campo nascosto (il potenziale quantistico) in grado di determinarne la traiettoria. Un campo in fisica classica è un potenziale che si sviluppa nello spazio (esempi sono il campo magnetico o elettromagnetico) generando linee di forza nella sua area di azione. Il campo quantistico di Bohm, tuttavia, non è semplicemente un richiamo a questi concetti classici, ma mostra alcune nuove funzionalità qualitative che implicano un cambiamento radicale rispetto alla fisica newtoniana. A differenza di quanto accade con i potenziali elettrici e magnetici, il potenziale quantistico dipende solo dalla forma e non dall’intensità del campo stesso. Pertanto, anche un campo molto debole può influenzare fortemente la particella a grandi distanze. Si può pensare all’elettrone in moto con la propria energia: il potenziale quantistico agisce quindi per dare forma al movimento, quindi il moto non si manifesta in modo casuale ma si esplica sotto la guida del campo che ne determina la traiettoria.
Per meglio illustrare questo fenomeno, Bohm ha spesso usato la metafora della nave e del radar: una nave è guidata verso il porto da un radar distante; il movimento è dato dalla potenza dei motori, ma la traiettoria dalla guida del radar (motori = comportamento classico delle particelle, radar = campo quantistico).
Ordine implicato e ordine esplicato
Queste intuizioni porteranno Bohm a sviluppare la sua teoria dell’ordine implicato, un termine da lui coniato per riferirsi a ciò che egli considera una “forza” sottostante l’esistenza (materiale) di ogni cosa nel mondo fisico.
È noto che il mondo materiale esiste in virtù di relazioni intercorrenti tra gli elementi fisici. Si consideri ad esempio una molecola d’acqua: presi due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, si forma la molecola in questione. Tuttavia, non considerando gli “oggetti” idrogeno e ossigeno, ma la relazione che fra loro intercorre, si può estendere la visione alla realtà del mondo materiale, governato da simili relazioni. Bohm suggerisce che è la relazione tra le cose a realizzare il mondo fisico, non gli oggetti in se stessi.
L’intera rete di relazione tra gli elementi è ciò che Bohm definisce come “ordine implicato“, il quale risponde alle leggi di non-località e di sovrapposizione della fisica quantistica, mentre il mondo materiale così come si manifesta è definito “ordine esplicato“. In termini Bohmiani: le cose osservabili e misurabili nell’ordine esplicato sono interamente dipendenti dalle sottostanti relazioni nell’ordine implicato, le quali danno vita alla loro esistenza. Si può usare il termine “in-formare” per sottolineare il contributo diretto dell’ordine implicato all’emergere della forma nell’ordine esplicato.
La teoria dell’ordine implicato contiene una visione cosmica olistica: tutto si collega con tutto il resto. In linea di principio, ogni singolo elemento rivela informazioni dettagliate su ogni altro elemento nell’universo. Il tema centrale di fondo della teoria di Bohm è la “totalità ininterrotta dell’unicità dell’esistenza, come un movimento che scorre indiviso senza frontiere“.
Le riflessioni che hanno portato David Bohm verso l’enunciazione di questa teoria, prendono vita dal bizzarro comportamento delle particelle subatomiche, non spiegato dalla meccanica quantistica. Ricordiamo che l’intero apparato della fisica quantistica non spiega il perché dell’agire dei sistemi, ma solo come questi interagiscono con gli altri.
Com’è noto, due particelle che hanno interagito almeno una volta, possono rispondere istantaneamente ai reciproci cambi di stato anche anni più tardi, a distanze molto elevate fra loro (entanglement). Bohm ritiene che questo comportamento possa essere causato da forze e particelle non osservate. In effetti, la stranezza apparente potrebbe essere prodotta da cause nascoste che non contrastano comunque le idee di causalità e realtà. Questa caratteristica “nascosta” potrebbe essere rivelatrice di una più profonda dimensione di realtà, l’ordine implicato, laddove ogni cosa è connessa e – in teoria – ogni elemento individuale può rivelare informazione circa ogni altro elemento dell’universo.
A proposito di quest’ultima riflessione, Bohm ha molto spesso usato la metafora dell’ologramma (specificando che comunque la stessa è una metafora limitativa del processo): nell’ologramma ogni piccola parte contiene l’immagine intera, vale a dire che l’immagine è “avvolta” in tutto l’ologramma, così come nell’ordine implicato il tutto è avvolto su se stesso e si “dispiega” manifestandosi nell’ordine esplicato.
Nel suo testo “Wholeness and the Implicate Order“, Bohm scrive: “Nell’ordine implicato, spazio e tempo non sono più i fattori dominanti che determinano le relazioni di dipendenza o l’indipendenza dei diversi elementi. Piuttosto, un altro tipo di connessione di base degli elementi è possibile, da cui le nostre nozioni ordinarie di spazio e tempo, insieme a quelle di particelle materiali separatamente esistenti, rappresentano astrazioni come forme derivate da un ordine più profondo. Queste nozioni ordinarie in realtà appaiono in quello che viene chiamato l’ordine esplicato, che è una forma speciale e distinta contenuta all’interno della totalità generale di tutti gli ordini implicati“.
Considerazioni
La definizione di ordine implicato come generatore sottostante un visibile ordine esplicato, riporta il pensiero al mito della caverna di Platone. Il filosofo greco suggerisce come il mondo delle apparenze sia, in effetti, l’ombra di un mondo più profondo delle forme e delle idee. Nel leggere Bohm, a volte si ottiene una simile impressione, che il mondo esplicato sia una sorta di riflesso di un più profondo ordine implicato.
Tutta l’opera di Bohm è pervasa dal concetto di unicità e totalità dell’universo, della scienza e del pensiero dell’uomo. Lo stesso ordine implicato rappresenta una sorta di flusso continuo in movimento che racchiude il tutto nell’uno e viceversa. Il pensiero umano, secondo Bohm, viene limitato dalla tendenza a frammentare i problemi e gli approcci risolutivi, mentre solo una modalità completa di visione unitaria può portare l’umanità verso una conoscenza più profonda della natura.
Nel testo citato, Bohm scrive: “Quando tale armonia prevale, l’uomo può quindi non solo avere comprensione del significato della totalità ma, ciò che è molto più significativo, può realizzare la verità di questa intuizione in ogni fase e aspetto della sua vita“.
David Bohm giunge pertanto alla conclusione che in realtà tutto l’universo “è Uno” ed è sorprendente come dopo millenni di storia dell’uomo e della scienza, quest’ultima infine torna a valorizzare quanto già intuito ed espresso dalle più antiche culture sapienziali. L’affermazione Bohmiana è arricchita dal suo significato scientifico, fondando la base sul fenomeno dell’entanglement che “unisce e connette tutte le particelle dell’universo” (attraverso il potenziale quantistico). Per Bohm, lo spazio e il tempo cessano di esistere nell’ordine implicato, laddove mente e materia superano il dualismo cartesiano, per tornare a essere espressione di un’unica Realtà.
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Bibliografia:
D. Bohm – Wholeness and the Implicate Order – Routledge Classics, London – 2002
D.Bohm, D.Peat – Science, Order and Creativity – Routledge Classics, London – 2011
L. Nichol – The Essential David Bohm – Taylor & Francis, London – 2005