Un ricordo che non svanisce.1
I l nome di Mahmûd Muhammad Tȃhȃ rimarra’ certamente nel mondo islamico, ma anche al di fuori di esso, legato al ricordo di una vita sacrificata in difesa dei valori della persona umana, soprattutto della sua liberta’ di coscienza. Anche per me l’incontro con lui ha significato uno dei momenti piu’ belli della mia vita. Mi e’ difficile fissarne ora la data esatta, ma fu certamente attorno al 1976 che incontrai per la prima volta Mahmûd Muhammad Tȃhȃ nella sua casa alla periferia di Omdurman, parte della grande Khartum, ad ovest del Nilo.
La prima impressione di tale incontro che mi viene in mente e’ quella di un senso di calma e di pace che la figura di M. Tȃhȃ ispirava a tutti, e che faceva regnare nella sua casa. Una casa semplice, tipica del Sudan del Nord, con il solo piano terra, qualche stanza, la piu’ ampia delle quali era riservata per ricevere gli ospiti. Un muro basso circondava il cortile, con qualche albero attorniato di fiori; il muro esterno della casa dipinto di bianco, rovinato in piu’ parti. Nella stanza degli ospiti si trovavano sempre delle persone, e del te’ alla menta che veniva servito di continuo ai presenti.
Mi ricordo che quando entrai vi trovai un gruppo di giovani, ragazzi e ragazze insieme. I ragazzi vestivano per lo piu’ la tipica jallbiyya bianca sudanese (cioe’ una larga tunica bianca), mentre le ragazze erano vestite con il tipico vestito femminile sudanese a vari colori ( tob ) che come una toga copre tutta la persona compreso il capo, conferendo eleganza mista a dignita’. Il maestro stava seduto su di un hangareb (tipico letto sudanese formato da legno e stuoie) e di li’ con voce calma, tranquilla parlava ai suoi giovani. Ogni tanto qualche domanda lo interrompeva, ed egli con calma rispondeva, oppure egli stesso poneva domande. Tempi di silenzio si succedevano ai dialoghi, senza nessun schema fisso. Il tema quella volta era la sincerita’ esteriore ed interiore, tema tipico degli ambienti sufi. Mi ricordo che la mia presenza aveva fatto aprire il discorso sul Vangelo, ed egli mostro’ di avere una conoscenza personale del testo e citava volentieri brani del discorso della montagna indicandoli come insegnamenti fondamentali per tutta l’umanita’.
M.Tȃhȃ non era ne’ un teologo ne’ un filosofo di professione, egli era un ingegnere civile. Ma era riuscito con il suo stile semplice, senza prestese intellettuali, e tuttavia solido ed essenziale nelle sue proposte, ad attirare l’interesse di molti giovani che non trovavano nell’Islam ufficiale dei dottori della legge islamica risposte adeguate ai loro desideri. Quello che M. Tȃhȃ proponeva era, e rimane in realta’, una delle piu’ radicali rivoluzioni del pensiero islamico, senza uguali lungo tutta la sua piu’ che millenaria storia.
Questa nuova visione e’ stata da lui esposta in un libro, pubblicato per la prima volta nel 1967 e che rimane il suo testo fondamentale, dal titolo “Il secondo messaggio dell’Islam”2. Quello che M. Tȃhȃ propone e’ di tornare all’ispirazione originaria dell’Islam, saltando al di sopra dell’evoluzione storica e politica che la religione islamica ha subito lungo tutta la sua vicenda storica, cominciando dai tempi del suo profeta, Muhammad. Secondo M. Tȃhȃ, l’ispirazione originaria dell’Islam era troppo alta e sublime per gli arabi del settimo secolo dell’era cristiana. Muhammad stesso ha dovuto piegare le esigenze spirituali del vero e originario Islam ai rozzi costumi degli arabi del suo tempo, e quindi ha dovuto imporre una stretta legge che regolasse tutti gli aspetti della vita umana fino nai minimi particolari. In tal modo il Profeta ha inteso imbrigliare il carattere indisciplinato e ribaldo dei beduini della penisola araba (che il Corano stesso chiama ‘i piu’ grandi miscredenti’!) per metterli a servizio della nuova religione. E cosi’ successe, e per i quattordici secoli che seguirono tali normative giuridiche furono prese alla lettera e applicate alla societa’ islamica come parole ispirate, divine. Quello che e’ peggio, e’ che gli intellettuali musulmani, soprattutto la classe dei dottori delle scienze religiose (gli ulema , o meglio ulam’ ), invece di capire il carattere provisorio e pedagogico delle disposizioni giuridiche dettate dal profeta, le hanno quasi divinizzate innalzandole al rango di ‘parola divina immutabile’, da osservarsi alla lettera da tutti e in tutti i tempi. Anzi essi le hanno complicate con le loro infinite elucubrazioni casuistiche. E’ nata cosi’ la legge islamica ( sharî’a ) che, elevata al livello di ‘legge divina’, ha dominato la vita dei musulmani per oltre quattordici secoli. Ma in tal modo i precetti secondari della legge sono stati messi al posto dei suoi principi fondamentali e fondanti, svisandone il vero senso, in modo assai simile a quello con cui i rabbini hanno coperto il messaggio originario della Torh mettendo le loro tradizioni umane al rango di precetti divini. L’Islam e’ rimasto cosi’ per oltre quattordici secoli prigioniero delle catene delle legge ( sharî’a ) che i teologi-giuristi hanno codificato ed imposto, e che i politici hanno applicato con la forza coercitiva con lo scopo, non sempre celato, di garantire in realta’ il proprio potere. E’ nato cosi’ l’Islam politico (come e’ stato definito recentemente), in cui cioe’ la religione e’ usata, manipolata e messa a servizio del potere politico del momento. Moltissimi sono i casi di tali manipolazioni nella storia dell’Islam, con tutto un seguito di guerre e di persecuzioni prima di tutto contro i musulmani stessi. E moltissimi sono i martiri musulmani sacrificati sull’altare della legge divina per compiacere il potere politico di turno. M. Tȃhȃ comprese che era giunto il tempo di liberare l’Islam da tali catene e ipoteche politiche per restituirlo ai grandi temi della sua ispirazione originaria e fondamentale: i temi cioe’ della fede, della giustizia, della liberta’ e della responsabilita’ etica. Questi sono a suo parere i veri contenuti della religione islamica originaria, e non l’insieme del giuridismo casuistico della minuziosa osservanza delle leggi esteriori, complicate dalle piu’ sottili disguisizioni elaborate dalla classe dei ‘nuovi’ farisei, cioe’ i dottori della legge islamica.
Mahmûd Muhammad Tȃhȃ aveva buon gioco su questo punto, e con una polemica sullo spirito e sulla lettera della legge molto simile a quella evangelica, egli poteva facilmente smascherare la patina di fariseismo che caratterizza gran parte della pratica della legge islamica, incominciando proprio dai piu’ fanatici assertori di essa. La preghiera, ad esempio, non consiste tanto nella pratica ossessiva di tutte le norme esterne di purita’ fisica, ossessione che ha occupato le piu’ sottili menti islamiche nel cercare e definire tutti i possibili casi di ‘impurita” fino a tagliare in due il piu’ sottile capello con la lama dei loro raffinati ragionamenti, ma lasciando cosi’ il semplice credente nella piu’ grande confusione e nel piu’ sterile vuoto spirituale. La preghiera, nella visione (e anche nell’esperienza) di M. Tȃhȃ, e’ in realta’ l’incontro dell’amante con l’amato, e li’ non c’e’ legge che tenga se non la sincerita’ e la purezza del cuore unite alla piu’ totale disponibilita’ di obbedire i desideri dell’amato. L’essere umano e’ chiamato infatti alla perfezione totale, cioe’ a raggiungere ed ad incontrarsi con l’Assoluto. Tutto il ritualismo esteriore va bene per chi e’ ancora rozzo, e non capisce altro discorso che quello della forza coercitiva della punizione corporale con cui viene piegata la sua dura cervive. Ma anche questo tale non deve essere lasciato in tale stato di ‘rozzezza spirituale’, come spesso succede. Al contrario, egli deve essere educato affinche’ arrivi lui pure a comprendere l’essenza della religione e i suoi principi fondamentali, e non essere abbandonato alla sua ignoranza e alla dura corteccia del giuridismo legalista. E quest’ultimo, si sa, e’ stato e continua ad essere custodito con cura dai dottori della legge che hanno trovato in esso un ottimo mezzo per esercitare il loro potere sulla comunita’ islamica.
Infatti su questi presupposti e con tale scopo M. Tȃhȃ aveva iniziato il suo movimento (chiamato ‘I Fratelli repubblicani’ in opposizione ai fondamentalisti ‘I Fratelli musulmani’). Questo movimento era inteso da lui in primo luogo come un movimento di educazione spirituale, e non tanto come un movimento politico. Egli personalmente non ha mai manifestato ambizioni di carriere o di poteri politici. Egli ha inteso proporre ai suoi seguaci prima di tutto dei solidi valori spirituali con cui educare le loro coscienze, deformate dall’imperante legalismo religioso islamico. Ed e’ senza dubbio per questo motivo che molti giovani musulmani assestati di realta’ spirituali lo seguivano e spontaneamente si facevano propagandisti del suo insegnamento in tutti i modi, andando per le strade, per le piazze ed i vicoli delle citta’ e dei villaggi sudanesi.
Che un simile insegnamento non potesse incontrare l’approvazione delle autorita’ ufficiali, e che anzi fosse destinato a suscitare da parte loro la piu’ dura opposizione e condanna, era prevedibile. E il maestro lo sapeva bene. Gia’ in quelli anni in cui l’ho conosciuto si era scatenata contro di lui una campagna di accuse e di incriminazioni di eresia. Ma egli continuava con calma e serenita’ a predicare il suo messaggio e ad accogliere giovani che sempre piu’ numerosi si radunavano attorno a lui.
Quando nel 1978 lasciai il Sudan e perdetti i contatti con lui. Intanto l’Islam fondamentalista e fanatico, guidato dai Fratelli musulmani (finanziati abbonantemente dai paesi del petrolio) avanzava a tutti i livelli del potere politico. Nimeiri, il presidente del Sudan di allora, sotto l’influenza dei Fratelli musulmani compi’, come molti altri leader musulmani, la sua ultima evoluzione politico-intellettuale. Da marxista che era all’inizio del suo potere, a dittatore liberale che fu durante il periodo della mia permanenza in Sudan, egli scopri’ finalmente la sua vocazione di ‘islamista’, cioe’ di difensore della identita’ islamica, identificata con la tradizionale legge islamica ( sharî’a ). Che egli quindi cercasse (probabilmente sotto ordini venuti dai suoi finanziatori, i paesi del petrolio) di eliminare uno che come M. Tȃhȃ aveva avuto il coraggio di elaborare una radicale critica alla legge islamica ( sharî’a ) era piu’ che scontato.
Con uno di quei processi-farsa tipici di molti casi simili nella storia umana M. Tȃhȃ nel fu imprigionato, processato, condannato a morte, e la sentenza fu eseguita il 18 gennaio 1985. Egli fu impiccato e il suo corpo disperso nel deserto sudanese. Uno dei miei confratelli, che per circostanze fortuite si trovo’ a condividere con lui un breve perido di prigione, mi parlo’ ancora della sua aria composta, tranquilla che ispirava a tutti i suoi compagni di prigionia fiducia e coraggio di fronte all’imperversare della violenza e dell’ingiustizia del dittatore di turno.
Con in mente tutto questo non potevo non fermarmi a pensare agli ultimi momenti di questo maestro spirituale che ho tanto apprezzato e per cui ho sempre provato e continuo a provare la piu’ profonda simpatia ed amicizia. In nome di questi sentimenti mi rivolgo direttamente a lui nella certezza che sia ancora vivo.
Oltre il buio della morte.
Certo mi e’ difficile pensare che cosa tu possa aver provato di fronte al mistero della morte, mistero che mette a dura prova il cuore di ogni persona umana.
Tuttavia credo che tu non fossi nuovo a tale pensiero, e che la morte non ti e’ venuta inaspettata, anzi da tempo avevi senz’altro meditato su tale mistero alla luce della tua fede. Anche la tua fede testimonia che la morte non e’ la fine, ma l’inizio della vera vita. E certamente tu nel tuo intimo ti eri preparato ad abbandonare la tua vita al volere misterioso di Dio che ci ha creati nella fragilita’ di una vita umana, sempre in tensione fra vita e morte. Ma tu sapevi bene che anche questo misterioso volere di Dio non e’ puro capriccio. Egli non e’ un re che fa nel suo regno cio’ che gli piace, secondo il suo capriccio, senza rendere conto a nessuno, come alcuni dei piu’ quotati teologi della tua religione avevano affermato. Essi, alla fine di tutti i loro piu’ cavillosi ragionamenti, non erano riusciti ad andare al di la’ di tale immagine puerile di Dio, degna solo di un bambino immaturo. Ne’ certamente ti hanno spaventato le affermazioni di altri teologi che invece hanno rappresentato Dio nelle vesti di un giudice rigoroso, intento solo ad applicare la lettera della legge con uno stretto metro di giustizia. Un Dio questo, quasi schiavo della sua stessa legge, e che alla fine poco gli importa, pur di adempiere tale legge, di riempire l’inferno di dannati: tanto egli e’ ben al di sopra di tutto questo caos umano. Queste opinioni teologiche provano, se ce n’e’ ancora bisogno, che la ragione umana, quando medita sulle verita’ di Dio senza averne esperienza, finisce sempre ad affermazioni assurde e ridicole.
Tu invece avevi ben assimilato gli insegnamenti di base della tua fede fin dalla tua infanzia dal migliore dei maestri che tu potessi avere, cioe’ da tua madre. Essa ti aveva educato fin da piccolo a elevare verso Dio la tua preghiera cominciando con le parole che da allora mai ti avevano abbandonato: ‘In nome di Dio, il clemente e il misericordioso’. E la misericordia ti e’ sempre apparsa la qualita’ fondamentale del vero Dio, ed e’ prima di tutto con questa qualita’ che egli tratta le sue creature, visto che Egli, come dice il tuo libro sacro, “… ha prescritto a se stesso la misericordia ( rahma )” (Corano 6, 12). Ed e’ questa qualita’ cio’ che Egli richiede prima di tutto e sopra di tutto da noi esseri umani, poiche’, stando pure ad una accettata tradizione del profeta della tua religione: “Dio ha creato Adamo a sua immagine”. Ogni essere umano porta quindi nel suo intimo l’immagine di Dio, e quindi essenzialmente un’immagine della sua misericordia.
Certo tu avevi imparato questa misericordia da tua madre. Del resto la parola araba ( rahma ) non e’ forse derivata dalla parola ( rahim ), parola che indica l’utero della madre che da’ la vita a suo figlio? E quindi chi meglio di tua madre poteva insegnarti la misericordia e imprimere cosi’ nel tuo cuore la vera immagine di Dio? E’ da tua madre che tu hai ricevuto quell’impronta di umanita’ compassionevole che ti ha caratterizzato fino alla fine della vita, e che ti rendeva facile rapportarti a tutte le persone, anche le piu’ differenti ed ostili. Anche nei momenti della piu’ dura opposizione non si e’ mai sentito da parte tua una parola di offesa o di rabbia, ma solo immensa compassione per il male che quelle persone, sotto la pretesa di difendere la vera religione, facevano a se stessi prima di tutto e quindi anche altri.
Con il crocifisso di Baghdad
Certo tu ti sarai rammentato di un altro grande maestro spirituale della tua religione, un sufi, che ha ricevuto dai suoi correligionari la tua stessa fine: al-Hallj, martirizzato a Baghdad nel 309/922. Le vostre due figure mi sono sempre apparse molto simili e molto unite. Egli pure aveva proclamato che in Dio l’essenza della sua essenza e’ l’amore, e su tale base aveva vissuto una straordinaria esperienza di unione con Lui, esperienza che fu dichiarata eretica dalle autorita’ ufficiali dell’Islam. Queste, mosse in realta’ da un’interessata miscela di fini politici e pretese religiose, decretarono che un simile eretico doveva essere eliminato. E di fatto anche al-Hallj fu condannato a morte, crocifisso, bruciato e le sue ceneri sparse nell’Eufrate.
Certo il mistero della tua morte, come quella di al-Hallj, era reso piu’ oscuro dal cumulo di ingiustizie e di violenze da cui era avvolta. Accuse, tradimenti, percosse, torture forse, tutto questo sembra essere entrato ormai come prassi normale nei processi in cui si condannano…. gli eretici. Del resto anche la mia stessa comunita’ cristiana si e’ macchiata nella storia di tali nefandezze!
Ma anche di fronte a tale buio soffocante di male, di violenze ed di ingiustizie, credo che la tua fede non abbia vacillato. La tua fede ti aveva insegnato da tempo a credere che il Dio misericordioso non abbandona mai chi confida in Lui. Questa fede e’ la roccia che noi tutti abbiamo ereditato dal nostro padre, Abramo. Anche se tutti possono tradire e perseguitare il giusto, cercando di eliminarlo con ogni mezzo, Dio non rompe la sua promessa, e non abbandona chi confida in Lui, Egli e’ il fedele che sta sempre al suo fianco. Le storie dei profeti tramandate dalla tua tradizione religiosa erano per te esempi eloquenti e chiari per aiutarti ad abbandonarti proprio in quei momenti drammatici della tua esistenza a Dio fino all’ultimo tuo respiro.
Ma oso credere che tu sei andato oltre a cio’. Tu avevi una lunga pratica del sufismo, e tu conoscevi bene i grandi esempi di misericordia che si trovano nella tradizione di molti sufi. Certamente la figura del sufi di Baghdad, al-Hallj, ti era sempre presente, e tu lo citavi spesso. E tu conoscevi bene la sua ultima preghiera, quella che egli recito’ dall’alto del suo patibolo, preghiera straordinariamente simile a quella che un altro grande martire dell’amore recito’ dall’alto della croce, cioe’ quel Gesu’, che tu amavi e di cui tu parlavi volentieri ai tuoi discepoli e con i tuoi amici cristiani:
Ecco!
I tuoi servitori si sono riuniti
per uccidermi,
perche’ zelanti della tua religione
e desiderosi di avvicinarsi
a Te!
Perdona loro!
Poiche’ se Tu avessi rivelato loro
cio’ che a me hai rivelato,
non avrebbero agito
come hanno agito.
E se Tu avessi nascosto a me
cio’ che hai nascosto a loro,
non sarei stato messo
a questa prova.
Lode a Te per quello che Tu fai!
Lode a Te per quello che Tu decreti!”.
Rispondere con il perdono all’ingiustizia e al male non e’ forse comune nella tradizione islamica. Eppure da molti esempi, come quello di al-Hallj, si vede bene che Dio parla nel profondo del cuore delle persone sincere, persone che ascoltano prima di tutto quello che lo Spirito di Dio suggerisce nel loro intimo. E’ Lui che infondo guida i nostri pensieri, ed e’ Lui che suggerisce la vera esegesi dei testi religiosi i quali se letti solo nella loro lettera esteriore appaiono molte volte tanto ostici quanto contradditori. Certo i tuoi giustizieri, accecati dai loro interessi di potere e schiavi delle loro ambizioni, non potevano immaginare che con l’ucciderti realizzavano proprio lo scopo piu’ profondo della tua vita, quello di farti compiere il tuo viaggio verso il tuo Signore. E meno che mai potevano pensare che in tal modo uccidevano per di piu’ proprio la loro boriosa religiosita’ legalista e la loro miope esegesi dei testi religiosi. Ma Dio, come dice un famoso testo del tuo libro sacro, e’ “il piu’ astuto degli astuti” (Corano 3, 31), e fa cadere i malvagi proprio nei loro stessi lacci, come ripete spesso la Bibbia. Quindi non credo di essere lontano dal vero nel pensare che nei momenti piu’ bui della tua vicenda, quando le forze del male e della violenza, scatenate dall’odio piu’ immotivato, sembravano dominare tutto l’orizzonte visibile, tu ti sia ricordato di quella preghiera di al-Hallj in cui perdonava ai suoi carnefici sicuro che la misericordia di Dio avvolge anche i suoi nemici!
Una luce che non si spegne
Forse un cruccio rimaneva pero’ nel tuo cuore in quelle ore di isolamento nella prigione, nelle sofferenze delle umiliazioni, degli scherni e degli insulti. Che ne sara’ dei tuoi discepoli?
Ogni vero maestro spirituale vive per una causa, per un messaggio che vuole trasmettere, che gli e’ piu’ caro della sua stessa vita. Cio’ che piu’ gli sta a cuore e’ che tale messaggio non muoia, ma che continui ad essere una luce nella storia degli uomini. Ecco perche’ egli si prende cura del piccolo gruppo dei suoi discepoli, cui affida il proprio messaggio da portare sui sentieri della storia umana. Esempi famosi di simili maestri, come Budda, Gesu’ ed tanti altri, sono testimoniati dalla storia delle religioni. Questi maestri hanno mostrato un’intensa preoccupazione per il gruppo dei propri discepoli, curandoli, come dice il salmo, come la pupilla dei propri occhi.
Ma tale preoccupazione diviene piu’ grave quando la partenza del maestro avviene in modo tragico, a causa della violenza umana, come fu quella di Gesu’, e come fu la tua. Il maestro ha allora la chiara percezione che la sua causa, il suo messaggio e’ in pericolo, che esso non potra’ sopravvivere che a prezzo di persone che avranno lo stesso coraggio di dare la propria vita, per tale causa fino anche allo spargimento del sangue. Ma saranno i discepoli all’altezza di tale compito? Saranno essi capaci di crederci fino in fondo? Oppure la paura, i compromessi, gli interessi vari li faranno vacillare, faranno loro annacquare il vero messaggio, fino a tradirlo?
Certo questi sono pensieri gravi che senza dubbio hanno pesato sulle tue ultime ore. E sempre piu’ ti sara’ apparso chiaro che la morte impone un terribile distacco, non solo dalla vita fisica, ma anche dalla propria vita spirituale: la sopravvivenza del proprio messaggio. E questo e’ forse il distacco piu’ duro per un vero maestro spirituale. Qui l’essere umano tocca i limiti della propria esistenza, e si rende conto che il futuro non sta’ nelle sue mani. Egli sente fino in fondo tale dramma, anzi una vera e propria agonia, al pensiero che la causa per cui ha vissuto, il messaggio che voleva comunicare agli uomini, possa morire. In tal modo la sua morte sara’ vermente totale, essa sara’ non solo fisica ma anche spirituale.
Ma forse anche di fronte a questo interrogativo oscuro, di fronte al buio del futuro che minacciava la tua causa, un pensiero ti puo’ aver consolato. La tua fede ti avra’ certamente suggerito che in fondo e’ Dio che dirige il cuore di ogni persona umana. Le forze del male, le forze della violenza, per quanto possano essere agguerrite con tutte le specie di armi possibili per influenzare, manipolare le persone, mai potranno arrivare la’ dove lo spirito umano e’ toccato nel suo profondo solo dalla presenza dello Spirito di Dio. Anche tu avrai riflettuto come i tuoi pensieri, le tue illuminazioni ti siano giunte dall’interno, all’improvviso, quando meno te l’aspettavi. Qualcuno aveva mosso il tuo cuore, illuminato il tuo pensiero, e all’improvviso verita’ prima difficili ed oscure ti sono diventate chiare, ovvie, e le ombre del dubbio si sono dileguate dall’orrizzonte del tuo spirito.
In quei momenti di oscurita’ spirituale ti sarai certamente ricordato di tali momenti di grazia, di luce, anzi forse ne avrai meglio capito l’origine, e Chi era colui che suggeriva al tuo cuore tutti quei pensieri e sentimenti che andavano ben al di la’ e ben piu’ in profondita’ della lettera dei testi religiosi e dei cavillosi ragionamenti dei loro esegeti. Ed allora avrai intuito che quella Voce non si sarebbe mai spenta, e che la morte non poteva avere nessun potere su di essa. E come essa si e’ fatta udire a te quando meno te l’aspettavi, essa avrebbe certamente avuto la forza di farsi udire ancora lungo tutto il tempo umano a tutti i cuori che vorranno ascoltarla.
Allora forse quella stessa Voce ti avra’ suggerito l’atto finale della tua vita nella fede e nella confidenza piu’ sicure, e ti avra’ suggerito di affidare a Lei non solo la tua vita, ma anche la tua causa, sicuro che Essa si sarebbe presa cura e dell’uno e dell’altra. Ti sarai forse ricordato allora delle ultime parole di Gesu’, ricordate dal Vangelo che spesso leggevi, parole improntate all’atto della piu’ illimitata fiducia: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Forse ti saranno tornate allora alla mente le parole che al-Hallj cantava alla vigilia della sua passione:
“Uccidetemi, miei amici fedeli;
nella mia morte sta’ la mia vita!
Ora il mio morire e’ vivere,
e il mio vivere e’morire.
Ora l’annientamento del mio essere
e’ il piu’ nobile dono per me;
Mentre il sopravvivere in queste forme (temporali)
e’ il peggiore dei torti.
La mia anima e’ ormai nauseata di questa vita (nel tempo)
tra cadenti rovine che spariscono.
Uccidetemi! Poi bruciatemi
in queste ossa che si consumano .
Poi passate presso i miei resti
tra le tombe spazzate dal vento,
Troverete il segreto del mio Amato
nel’intimo di quelli che rimangono.
Ritorno a casa
Cosi’ sei entrato anche nella tua ultima dimora, ed in tal modo avrai scoperto finalmente il mistero della tua esistenza, ed allora avrai senz’altro visto a faccia a faccia la Verita’ che avevi cercato per tutta la tua vita. Anzi ti sarai forse meravigliato, nel momento in cui i veli della temporalita’ cadevano, di vedere che Colui che ti aveva parlato lungo tutta la tua vita era li’, gia’ presente nel profondo di te stesso, per cui il trapasso non fu un viaggio verso un paese lontano, ma un semplice riposare nel proprio focolare.
E certamente saprai che anche il tuo ricordo non e’ sparito. I tuoi discepoli e’ vero sono stati dispersi e soffocati nel tuo paese. Alcuni di loro sono emigrati all’estero ed hanno potuto continuare a proclamare il tuo messaggio. E’ vero che il mondo islamico ha continuato a vivere in questi ultimi anni nel buio di quel fanatismo e di quel fondamentalismo che ti hanno ucciso. Molti forse hanno perduto la speranza di vedere la tua religione convertirsi alla tolleranza e alla misericordia che tu avevi predicato. La maggior parte degli intellettuali musulmani sono stati per lo piu’ corrotti dagli interessi pratici, e si sono venduti alle varie politiche nazionaliste dominanti nel mondo arabo e islamico. Essi hanno dimenticato il tuo esempio, e quello di tanti altri che come te hanno dato la vita per difendere la liberta’ e la dignita’ di ogni persona umana di stare di fronte al proprio Dio, con coscienza libera e sincera, di stare di fronte a Colui che e’ l’origine ed il fondamento stesso della liberta’ umana.
E tuttavia la tua memoria non e’ morta. Il tuo martirio, insieme a quello di tanti altri che nella storia hanno avuto il coraggio di difendere la liberta’ di coscienza contro le forze dell’oppressione, rimarra’ come testimonianza perenne cui nel futuro ogni persona di buona volonta’ potra’ ispirarsi. Tu hai dimostrato che si puo’ essere fedele alla propria religione e con coscienza pura puo’ comprenderne il messaggio piu’ profondo andando ben al di la’ delle miopi esegesi dei legalisti interessati. Hai compreso bene che davanti a Dio non conta la religione della lettera che uccide, ma la religione della misericordia e dell’amore che salva e da’ la vita. Il Dio infatti in cui tutti noi, figli di Abramo, crediamo e’ il Dio dell’amore e della misericordia e non quello della lettera giustiziera. Davanti a Lui un granello di amore e di misericordia vale molto piu’ di tutte le pratiche esteriori di cui i devoti legalisti si vantano.
Tutto questo era chiaro nella tua coscienza, e questo tu hai vissuto fino in fondo, nonostante le opposizioni e le persecuzioni, e il buio finale della morte. Per cui non trovo strano che in quel momento fatale tu avrai sentito quella stessa Voce che ti aveva parlato lungo tutta la tua vita, dirti: “Vieni, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore”.
E cosi’ sia.
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Note:
1)Questo testo e’ stato parzialmente pubblicato su Nigrizia 121 – n. 7/8 (Luglio/Agosto 2003) 56-59.
2) Finalmente e’ apparsa una traduzione italiana di questo importante testo, Mahmoud Mohamed Taha, Il secondo messaggio dell’Islam, traduzione di Celeste Intartaglia, EMI, 2002