Il mito del denaro

Claudio Widmann
Ed. Ma.Gi. – Roma 2009

 

 

  • mito_denaroIntroduzione
    All’alba della storia
  • I La civiltà del denaro
  • II Il denaro è energia
  • III Il denaro è quantità
  • IV Il denaro è potere
  • V Il denaro è sterco
  • VI Il denaro è daimon
  • VII Il denaro è numen
  • Conclusioni
    La parabola di un mito

 

Il mito del denaro di Claudio Widmann è opera di uno psicologo analista junghiano, che esercita la professione di psicoterapeuta e che, come tale, si confronta quotidianamente con le problematiche psicologiche esistenziali dell’uomo contemporaneo. Ma Claudio Widmann è anche un antropologo che da molti anni si confronta con i temi principali ed archetipici della condizione umana e con la modalità in cui essi si presentano e sono vissuti dall’uomo di ieri e di oggi.

Che cosa è l’uomo nell’attuale fase di sviluppo della civiltà occidentale?

La risposta che inevitabilmente l’autore ci dà è: “l’uomo contemporaneo è homo oeconomicus e le società avanzate sono civiltà fortemente caratterizzate dalla circolazione di denaro”.

Ma subito dopo ci dice che sono “arcani meccanismi” quelli che sono chiamati economici e che “regolano in dettaglio l’esistenza dei molti e quella di ciascuno, attraverso un gioco di equilibri delicatissimi e di squilibri clamorosi”. Si prospetta dunque l’idea centrale del testo: il denaro è una realtà simbolica.

Siamo quindi ricondotti a una rimeditazione su che cosa sia l’uomo e inevitabilmente siamo portati a dirci che l’uomo è innanzitutto homo symbolicus, che egli stesso è simbolo, che tutte le cose che lo circondano e con cui viene in contatto sono simbolo, cioè cifre di un mistero che nel loro aspetto contingente e conoscibile alludono sempre anche ad un aspetto sconosciuto e al di là delle nostre possibilità di conoscenza. Questa dimensione simbolica se negata o ignorata porta alla reificazione, alla riduzione a cosa, cioè alla deprivazione di vita dell’universo intero, compreso l’uomo che lo abita.

Ricordiamo dunque con Widmann che anche il denaro è simbolo “ in quanto lascia presentire che dietro alle banconote e alle carte di credito, celato nei numeri di un estratto conto e nel gonfiore del portafogli non giace virtualmente una certa quantità d’oro, ma qualcosa di più impalpabile: un letterale patrimonio di possibilità, di potenzialità di sicurezza di disinvoltura, di superiorità, di meschinità, di valori e chissà cos’altro. (…)Dietro l’aspetto venale della moneta si intravede un universo complesso e impalpabile; l’abbondanza di denaro dischiude un mondo di articolate sfumature e la penuria di denaro spalanca un baratro di pesanti implicazioni”.

Queste implicazioni (e forse dovremmo sempre tenere presente che la vita umana è un universo di continue implicazioni che ci collegano in una rete estesa all’infinito nel tempo e nello spazio) diventano esplicite proprio in alcune espressioni linguistiche.
Ci viene in mente come con significativa estensione ermeneutica il termine depressione, usato in ambito psicologico-psichiatrico, entra nella storia con la crisi economica del 1929 e viene oggi diffusamente usato per definire la caduta dell’economia. Per la prima volta il concetto psicologico di una malattia viene candidamente usato per definire un evento generale pubblico e le masse imparano a chiamare depressione la lunga fase di caduta dell’economia inaugurata dal crollo della borsa di Wall Street.

Per avere una nuova fase di espansione si dovrà aspettare la fine della II guerra mondiale, e del resto una delle cause del suo scatenamento sta proprio nel contrasto fra i progetti per porre rimedio alla crisi. In una visione globale della situazione esistentiva ed esistenziale dell’uomo dobbiamo constatare che il rapporto tra depressione psichica e situazione politico-economica non è solo metaforico e estrinseco, ma molto più stretto. I fascismi europei reagirono con successo alla grande crisi, ma anche le democrazie realizzarono un rafforzamento inedito dello stato e dell’interventismo economico. La depressione provocò una svolta importante.

La depressione fu affrontata con una svolta politica dai caratteri generali abbastanza simili in tutte le parti del mondo: fatte salve le diverse condizioni storiche, tutti moltiplicarono il potere centralistico statale. Dalla Urss di Stalin alla Germania di Hitler, dall’Italia di Mussolini agli Usa di Roosevelt il fenomeno si è manifestato in modalità simili: la drammaticità della crisi ha spinto verso la direzione verticistica della vita sociale. La tendenza totalitaria diventa generale; i diversi gradi di riuscita, relativi alle differenze di paesaggio storico che essa incontra, non tolgono niente a questo carattere essenziale.

La depressione fu combattuta con l’introduzione di massicce dosi di socialismo nazionale. Tutti sanno come è andata a finire per il socialismo e per la nazione: l’impensabile tragicità degli eventi rinforza l’impressione di un nesso stretto tra depressione psichica e situazione politico-economica. Il nesso della depressione psichica con l’andamento ciclico dell’economia implicherebbe un discorso che porta lontano, dovendosi allargare al nesso ancora più generale tra malattie umane e grandi cicli storici della produzione e dell’inflazione. Gli storici hanno studiato e rilevato le concomitanze tra pesti ricorrenti e carestie, come tra riprese demografiche, urbanesimo, progressi della tecnica agricola e della medicina, nuove intuizioni del mondo.

Concentrando il focus sul nostro tempo, osserviamo che l’economia di mercato ha una ripercussione diretta nella psicologia della depressione, la favorisce e la approfondisce. Dobbiamo inoltre constatare che anche i paesi dove c’è poca concorrenza interna subiscono tuttavia il segno mondiale del sistema di mercato e il suo carattere ansiogeno.

L’economia di mercato funziona sull’eccitazione dell’ansia e sulla dilatazione dell’incertezza, secondo una dinamica fisiologica. Il mercato ha bisogno strutturale dell’ansia delle masse dei consumatori e dei competitori in quanto vive se gli uomini si proiettano verso mete che si spostano continuamente in avanti. Ansia e depressione sono facce inscindibili della stessa medaglia: per sopravvivere gli uomini abbassano la soglia di tutti i sensori e si presenta dunque quel quadro clinico che gli psicologi chiamano depressione ansiosa.

Siamo dunque costretti a tornare in qualche modo ad una visione globale delle problematiche che contemplino ogni fenomeno dell’esistenza, comprese le contingenze economiche e le problematiche espresse in termini causalistici e quantitativi, alla luce di una prospettiva più ampia, universale, secondo un’ermeneutica diacronica e diatopica che richiami la modalità conoscitiva dell’antica sapienza, della filosofia tradizionale .

Questa modalità di lettura riscontriamo essere quella di Widmann il quale in particolare in questo saggio inizia con una panoramica diacronica sul denaro per passare ad esaminare la civiltà del denaro e la sua mitologia economica, per proseguire poi ad un esame del denaro come energia, quantità, potere, sterco ma anche dàimon e numen. Perché “se il denaro distruttivo è sterco del demonio, il denaro trasmutativi è oro degli dei”.

Il trattato si chiude con una visione in cui il denaro recupera la dimensione di energia, tensione individuativa che convoglia l’ individuo verso la realizzazione di sé. “ La sua progressiva smaterializzazione, la sua astrazione numerica, la sua identità con il valore mostrano una forte convergenza con aspetti del Sé; La sua dynamis è sollecitazione individuativa che proviene dal Sé.”

Maria Pia Rosati


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