L’Animus e l’Anima nelle fiabe

Marie-Lousie von Franz
Ed. Ma.Gi. – Roma 2009

Maria Pia Rosati

animus_e_animaLe fiabe sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo o a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta con sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare un adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano. E in questo sommario disegno, tutto; la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma la loro parità sostanziale; la persecuzione dell’innocente e il suo riscatto come termini di d’una dialettica interna a ogni vita; l’amore incontrato prima di conoscerlo e poi subito sofferto come bene perduto; la comune sorte di soggiacere a incantesimi, cioè d’essere determinato da forze complesse e sconosciute, e lo sforzo di liberarsi e autodeterminarsi inteso come un dovere elementare, insieme a quello di liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il liberare liberando; la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari che portano alla salvezza e al trionfo; la bellezza come segno di grazia, ma che può essere nascosta sotto le spoglie d’umile bruttezza come un corpo di rana, e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini, bestie piante cose, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esite”.

Questo passo di Italo Calvino, uno scrittore che con la sua arte ci ha restituito il bene prezioso del nostro patrimonio italiano di favole, quelle tramandate ‘da bocca a orecchio’ nelle nostre contrade da tempo immemorabile, in tutta la sua ‘ricchezza e limpidezza, e variegatezza e ammicco tra reale e irreale’ ci sembra una premessa di buon auspicio al viaggio nel mondo delle fiabe quale ci è proposto dal libro di Marie Louise von Franz, L’animus e l’anima nelle fiabe, tradotto e curato da Federico de Luca Comandini e Robert M. Mercurio.
Questo testo che riunisce alcune conferenze tenute presso l’Analytical Psychology Club di Los Angeles da una delle più strette collaboratrici di Jung, fedele continuatrice del suo pensiero, ci introduce ad alcuni aspetti centrali della psicologia junghiana, quali gli aspetti psicologici archetipici di Animus (l’immagine interna del maschile nella psiche femminile) e Anima (l’immagine del femminile nella psiche maschile), facendone risuonare tutte le tonalità armoniche e balenare tutte le sfumature cromatiche, attraverso il linguaggio simbolico di fiabe provenienti da diverse culture. Come sottolineano i curatori, per la von Franz Animus e Anima non sono astrazioni o mere teorie, ma immagini vive, personificazioni delle dinamiche della vita, e ci parlano del suo mistero, del suo segreto della sua complessità.

Nel libro sono esaminate oltre alle fiabe europee anche quelle che provengono da culture arcaiche e che ci trasmettono con la loro forte espressività il senso di meraviglia e di terrore nei confronti del divino dei popoli di culture arcaiche.

La prima favola che ci viene presentata, Il vecchio Rink Rank (la citiamo a livello esemplificativo) è originaria della Germania settentrionale, trascitta dai fratelli Grimm e fruibile nella bella traduzione italiana di italo Calvino (W. W. Grimm, Fiabe, Torino 1951).
La fiaba ci racconta di un re che decide di dare in sposa la sua unica figlia in sposa a chi riuscirà a scalare una montagna di vetro che ha appositamente costruito.
Quando un giovane innamorato decide di affrontare la prova e si presenta assieme alla principessa davanti alla montagna, questa si spalanca e inghiotte la principessa facendola prigioniera e serva del vecchio della montagna il cui nome è Rink Rank (Cavaliere Rosso). Il vecchio esce ogni giorno e ogni sera torna carico di oro e argento arrampicandosi per una scala appoggiata ad una finestrella; ma un giorno la principessa riesce a incastrare nella finestrella la lunga barba del vecchio, e, utilizzando la scala fugge verso il castello del re padre che la accoglie felice, e vendica la figlia uccidendo il vecchio e impossessandosi delle sue ricchezze.
La ragazza potrà finalmente sposare il giovane corteggiatore.
La von Franz attraverso le immagini di questa favola ci aiuta a percorrere assieme alla protagonista il percorso di individuazione inerente allo sviluppo della personalità, al superamento delle parti più negative e resistenti che costituiscono una vera montagna da scalare nei cui baratri si rischia di sprofondare e rimanere prigionieri. Spetta alla principessa trovare la sua via di fuga imprigionando a sua volta gli aspetti negativi del suo Animus e ritornare libera, a ristabilire il flusso della vita, facendosi sposa del giovanne innamorato (aspetto positivo dell’Animus) divenendo dunque regina nel suo regno, cosciente di sé stessa.
La von Franz conclude la complessa ermeneutica della fiaba ipotizzando che il vecchio Rink Ranch fosse un ladro e come tale esprimesse una delle attività dell’Animus delle donne che consiste nel ‘rubare o succhiare vitalità ad altre persone’.
Tale Animus negativo indebolisce e soffoca il potenziale positivo della femminilità della donna che non riesce a sviluppare una vita propria e rischia di diventare una vampira della vita altrui.

Queste considerazioni sembrerebbero datate rispetto al rapido evolversi negli ultimi decenni della condizione sociale della donna nel nostro mondo occidentale. Tuttavia proprio una forse troppo rapida rivoluzione di costumi e abitudini consolidate nei secoli ha fatto sì che lo stato di coscienza non riuscisse a metabolizzare tali mutamenti e che quindi i complessi inconsci (in particolare l’Animus per la donna e l’Anima per l’uomo) non riuscissero ad essere trasformati dalla coscienza ma anzi questa fosse catturata e addirittura travolta da un inconscio collettivo dirompente. Anche se in maniera apparentemente diversa le donne invece di percorrere il difficile cammino interiore di integrazione a livello della coscienza dell’aspetto Animus, spinte dal desiderio di raggiungere rapidamente quella che ritengono la meta, continuano inconsciamente a cercare espedienti e trappole in cui far cadere l’altro, rimanendo inevitabilmente intrappolate esse stesse, vittime del loro complesso del potere e di una insoddisfazione bulimica. D’altra parte anche l’uomo ai nostri giorni, proprio come ‘era una volta’ nel tempo senza tempo delle favole, continua a credere di poter conquistare, possedere l’Anima di cui subisce il fascino inconscio, facendo la fine del cacciatore cacciato, che diviene preda egli stesso della parte negativa di quell’Anima con cui non ha saputo creare un vero legame a livello della coscienza.

Ma le favole, ci parlano anche della felix culpa, degli errori che sono inevitabili e in ogni processo di crescita della consapevolezza, nel lungo cammino dell’individuazione che, come ogni cammino in salita, conosce soste forzate, regressioni, incidenti.

Il lieto fine delle favole ci aiuta a non perdere coraggio, a sempre sperare che anche nelle situazioni apparentemente senza speranza e buie, quando crediamo di essere giunti alla fine del nostro cammino di fronte ad una porta che per noi rimane chiusa, possa comparire un elemento non pre-visto che improvvisamente illumini di nuova luce tutto il percorso compiuto e ci indichi un’altra strada, un’altra possibilità ad un livello altro.

Maria Pia Rosati


Articoli correlati