La transdisciplinarità Una nuova visione del mondo

Estratto dal libro: LA TRANSDISCIPLINARITÉ – Manifeste,  Basarab Nicolescu
Éditions du Rocher, Monaco – Collection “Transdisciplinarité”

(Traduzione di M.Pia Rosati da: UNE NOUVELLE VISION DU MONDE – LA TRANSDISCIPLINARITÉ
dal sito del CIRET: CENTRE INTERNATIONAL DE RECHERCHES ET ÉTUDES TRANSDISCIPLINAIRES)

 

Il processo di declino delle civiltà è di grande complessità e affonda le sue radici nella più totale oscurità. Certamente si possono trovare, a cose fatte, molteplici spiegazioni e razionalizzazioni senza arrivare ad allontanare la sensazione di un irrazionale che agisca al cuore stesso del processo.

Gli attori di una ben definita civiltà, dalle grandi masse ai grandi protagonisti, anche se prendono più o meno coscienza del processo di declino, sembrano impotenti a fermare la caduta della loro civiltà.

triviumUna cosa è certa: un grande divario tra la mentalità degli attori e le necessità interne di sviluppo di un tipo di società accompagna sempre la caduta di una civiltà. Tutto accade come se le conoscenze e i saperi che una civiltà non smette di accumulare non possano essere integrate nell’interiorità di coloro che ne compongono la civiltà. E, dopo tutto, è l’essere umano che si trova o dovrebbe trovarsi al centro di ogni civiltà degna di questo nome.

La crescita senza precedenti di conoscenze nella nostra epoca rende legittimo il problema dell’adattamento delle mentalità a queste conoscenze. La posta in gioco è notevole perché la continua estensione della civiltà di tipo occidentale su scala planetaria renderebbe la sua caduta equivalente a un incendio planetario incommensurabile rispetto alle due prime guerre mondiali.

Per il pensiero classico ci sono solo due soluzioni per uscire da una situazione di declino: la rivoluzione sociale o il ritorno a una immaginata ‘età d’oro’.

La rivoluzione sociale è già stata sperimentata nel corso del secolo passato e i suoi risultati sono stati catastrofici. L’uomo nuovo non era che un uomo vuoto e triste. Quali che siano gli aggiustamenti cosmetici che il concetto di “rivoluzione sociale” non tarderà a subire in avvenire, non potranno cancellare dalla nostra memoria collettiva ciò che si è effettivamente sperimentato.

Il ritorno all’età dell’oro non è stato ancora tentato, per la semplice ragione che non si è trovata l’età dell’oro. Anche se si suppone che questa età dell’oro sia esistita in un tempo immemorabile, questo ritorno dovrebbe necessariamente essere accompagnato da una rivoluzione interiore dogmatica, immagine a specchio della rivoluzione sociale. I differenti integralismi religiosi che coprono la superficie terrestre con i loro mantelli neri sono un cattivo presagio della violenza e del sangue che potrebbero scaturire da questa caricatura di “rivoluzione interiore”.

Ma come sempre, c’è una terza soluzione. Questa soluzione è l’oggetto del presente manifesto.

L’armonia tra le mentalità e i saperi presuppone che questi saperi siano intellegibili, comprensibili. Ma può forse esistere ancora possibilità di comprensione nell’era del big-bang delle discipline e della specializzazione ad oltranza?

Un Pico della Mirandola è impensabile nella nostra epoca. Due specialisti della stessa disciplina oggi hanno difficoltà a comprendere reciprocamente i risultati delle loro ricerche. Ciò non ha nulla di mostruoso nella misura in cui è l’intelligenza collettiva della comunità dedita a questa disciplina che la fa progredire e non un solo cervello che dovrebbe inevitabilmente conoscere tutti i risultati di tutti i suoi colleghi-cervelli, cosa impossibile. Perché oggi ci sono centinaia di discipline. Come potrebbero veramente dialogare un fisico teorico delle particelle con un neurofisiologo, un matematico con un poeta, un biologo con un economista, un politico con un informatico, al di là delle generalità più o meno banali? E tuttavia un uomo che debba veramente prendere delle decisioni dovrebbe poter dialogare con tutti contemporaneamente. Il linguaggio delle discipline è una barriera apparentemente invalicabile per un neofita. E siamo tutti neofiti rispetto agli altri. La torre di Babele è dunque inevitabile?

Tuttavia un Pico della Mirandola alla nostra epoca è concepibile come un computer nel quale si possono inserire tutte le conoscenze di ogni disciplina. Il computer potrebbe sapere tutto ma non capire nulla.

L’utilizzatore del computer non sarebbe in situazione migliore del computer stesso.

Avrebbe immediatamente accesso a qualsiasi risultato di qualsiasi disciplina, ma sarebbe incapace di comprendere il loro significato e ancora meno di fare collegamenti tra i risultati delle diverse discipline.

Il processo di babelizzazione non può continuare senza mettere in pericolo la nostra stessa esistenza perché significa che un uomo che deve prendere decisioni diventa, suo malgrado, sempre più incompetente. Le sfide maggiori della nostra epoca, come per esempio la sfida di ordine etico, richiedono sempre più competenze.

Ma la somma dei migliori specialisti nei rispettivi domini non può generare, come è evidente, che una generalizzata incompetenza perché la somma delle competenze non è la competenza: sul piano tecnico, l’intersezione tra i differenti domini del sapere è un insieme vuoto. E chi deve prendere decisioni individuali o collettive non deve essere capace di tenere in conto tutti i dati del problema che esamina?

Il bisogno indispensabile di collegamenti tra differenti discipline si è tradotto nell’emergenza del XX° sec. della pluridisciplinarità e dell’interdisciplinarità.

trev_lLa pluridisciplinarità riguarda lo studio di molte discipline contemporaneamente su un oggetto di una sola stessa disciplina. Per esempio un quadro di Giotto può essere studiato dallo sguardo dello storico dell’arte incrociato con quello della fisica, della chimica, la storia delle religioni, la storia dell’Europa e la geometria. Oppure la filosofia marxista può essere studiata dallo sguardo incrociato della filosofia con la fisica, l’economia, la psicoanalisi, o la letteratura. L’oggetto uscirà così arricchito dall’incrocio di più discipline. La conoscenza dell’oggetto nella propria disciplina è approfondito da un apporto pluridisciplinare fecondo. La ricerca pluridisciplinare apporta un plus alla disciplina in questione (storia dell’arte o filosofia, nei nostri esempi) ma questo “plus” è al servizio esclusivo di questa stessa disciplina.

In altre parole, la modalità pluridisciplinare oltrepassa le singole discipline ma la sua finalità resta inscritta nel quadro della ricerca disciplinare.

L’interdisciplinarità ha un’ambizione diversa da quella della pluridisciplinarità. Concerne il transfert dei metodi da una disciplina all’altra. Si possono distinguere tre gradi di interdisciplinarità:

  • un grado applicativo. Per esempio, i metodi della fisica nucleare trasferiti alla medicina portano alla nascita di nuovi trattamenti del cancro;
  • un grado epistemologico. Per esempio, il transfert dei metodi della logica formale nel dominio del diritto genera analisi interessanti nell’epistemologia del diritto;
  • un grado generativo di nuove discipline. Per esempio, il transfert dei metodi della matematica nel dominio della fisica ha generato la fisica matematica, dalla fisica delle particelle all’astrofisica – la cosmologia quantica, dalla matematica ai fenomeni metereologici o della borsa – la teoria del caos, dall’informatica nell’arte – all’arte informatica. Come la pluridisciplinarità, l’interdisciplinarità oltrepassa le discipline, ma anche la sua finalità resta nell’ambito della ricerca disciplinare.

Nel terzo grado, l’interdisciplinarità contribuisce al big bang disciplinare.

La transdisciplinarità, concerne, come indica il prefisso ‘trans’ ciò che è ad un tempo tra le discipline, attraverso le differenti discipline e aldi là di ogni disciplina. La sua finalità è la comprensione del mondo presente, di cui uno degli imperativi è l’unità della conoscenza.

C’è qualcosa tra e attraverso le discipline e al di là di ogni disciplina? dal punto di vista del pensiero classico non c’è nulla, assolutamente nulla. Lo spazio in questione è vuoto, assolutamente vuoto, come il vuoto della fisica classica. Anche se rinuncia alla visione piramidale della conoscenza, il pensiero classico ritiene che ogni frammento della piramide, generato dal big bang disciplinare sia una piramide intera; ogni disciplina reclama come inesauribile il campo di sua pertinenza. Per il pensiero classico, la transdisciplinarità è un’assurdità perché non ha oggetto. Al contrario per la transdisciplinarità il pensiero classico non è assurdo ma il suo campo di applicazione è considerato ristretto.

 In presenza di nuovi livelli di realtà, lo spazio tra le discipline e al di là delle discipline è pieno, come il vuoto quantico è pieno di tutte le potenzialità: dalla particella quantica alle galassie, dal quark agli elementi pesanti che condizionano la nascita della vita nell’Universo.

La struttura discontinua dei livelli di Realtà determina la struttura discontinua dello spazio transdisciplinare, che, a sua volta, spiega perché la ricerca transdisciplinare è radicalmente distinta dalla ricerca disciplinare pur essendole complementare. La ricerca disciplinare riguarda tutt’al più un solo e medesimo livello di Realtà; del resto nella maggior parte dei casi non riguarda che frammenti di un solo e medesimo livello di Realtà. Al contrario la transdisciplinarità si interessa alla dinamica generata dall’azione di più livelli di realtà ad un tempo. La scoperta di questa dinamica passa necessariamente per la conoscenza disciplinare. La transdisciplinarità, pur non essendo una nuova disciplina o una nuova iperdisciplina, si nutre della ricerca disciplinare, che a sua volta, è illuminata in maniera chiara e feconda dalla conoscenza transdisciplinare. In questo senso le ricerche disciplinari e transdisciplinari non sono antagoniste ma complementari.

I tre pilastri della transdisciplinarità – i livelli di Realtà, la logica del terzo incluso e la complessità – determinano la metodologia della ricerca transdisciplinare.

Sorprendente il parallelo tra i tre pilastri della transdisciplinarità e i tre postulati della scienza moderna.

I tre postulati metodologici della scienza moderna sono restati immutati da Galileo fino ai nostri giorni, malgrado l’infinita diversità di metodi, teorie e modelli che hanno attraversato la storia delle differenti discipline scientifiche. Ma una sola scienza soddisfa interamente e integralmente i tre postulati: la fisica.

Le altre discipline scientifiche non soddisfano che parzialmente i tre postulati metodologici della scienza moderna. Tuttavia, l’assenza di una formalizzazione matematica rigorosa della psicologia, della storia delle religioni e di una moltitudine di altre discipline non porta all’eliminazione di queste discipline dal campo della scienza. Anche le scienze di punta come la biologia molecolare non può pretendere, al meno per il momento, ad una formalizzazione matematica così rigorosa come quella della fisica. In altre parole, ci sono gradi di disciplinarità in funzione della capacità, più o meno completa, di tenere in conto i tre postulati della scienza moderna.

Ugualmente il tenere in conto, in maniera più o meno completa i tre pilastri metodologici della ricerca transdisciplinare genera differenti gradi di transdisciplinarità. La ricerca transdisciplinare che corrisponde a un certo grado di transdisciplinarità si avvicinerà piuttosto alla multidisciplinarità (come nel caso dell’etica); quella a un altro grado – all’interdisciplinarità (come nel caso dell’epistemologia); e quella ancora a un altro grado – alla disciplinarità.

La disciplinarità, la pluridisciplinarità, l’interdisciplinarità e la transdisciplinarità sono le 4 frecce di un solo e medesimo arco: quello della conoscenza.

Come nel caso della disciplinarità, la ricerca transdisciplinare non è antagonista ma complementare della ricerca pluri e interdisciplinare. La transdisciplinarità non è antagonista ma complementare della ricerca pluri e interdisciplinare. La transdisciplinarità è tuttavia distinta dalla pluridisciplinarità, per la sua finalità, la comprensione del mondo presente, difficile da inscrivere nella ricerca disciplinare.

La finalità della pluri e dell’interdisciplinarità è sempre la ricerca disciplinare. Se la transdisciplinarità è spesso confusa con l’interdisciplinarità e la pluridisciplinarità (come del resto l’interdisciplinarità è spesso confusa con la pluridisciplinarità), ciò si spiega per lo più dal momento che tutte e tre oltrepassano le discipline. Questa confusione è nociva nella misura in cui nasconde le differenti finalità di questi tre nuovi approcci.

Pur riconoscendo il carattere radicalmente distinto della transdisciplinarità in rapporto alla disciplinarità, sarebbe molto pericoloso assolutizzare questa distinzione, perché in tal caso la transdisciplinarità sarebbe svuotata di ogni contenuto e la sua efficacia nell’azione ridotta a nulla.

Il carattere complementare degli approcci disciplinare, pluridisciplinare, interdisciplinare e transdisciplinare è messo in evidenza in maniera eclatante l’accompagnamento dei morenti.

Questa pratica relativamente nuova della nostra civiltà è di un’estrema importanza, perché, riconoscendo il ruolo della nostra morte nella nostra vita, scopriamo dimensioni insospettate della vita stessa. L’accompagnamento dei morenti non può fare economia di una ricerca transdisciplinare nella misura in cui la comprensione del mondo presente passa per la comprensione del senso della nostra vita e del senso della nostra morte in questo mondo che è il nostro.


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