L’uomo: l’essere della domanda

P. Giuseppe Scattolin

 

Pagine in anteprima tratte da
Manifestazioni spirituali nell’Islam [1]
Letture di alcuni testi fondamentali del sufismo classico
(secoli I/ VII- VII/ XIII)

(in corso di pubblicazione)

 

 

  1. L’uomo: l’essere della domanda

La mistica non è un fenomeno strano, superficiale, o superfluo per l’essere umano, come un certo uso banale del termine potrebbe suggerire. La mistica intende piuttosto essere e presentarsi come la risposta alla domanda fondamentale dell’essere umano, là dove questi si interroga sul senso della propria vita e della propria esistenza.

L’essere umano è (si può dire per essenza) l’essere che interroga e che si interroga. Egli si interroga prima di tutto sul senso della propria vita. Ma attraverso di esso il suo domandare si allarga al senso dell’essere in generale. Le due domande, quella su di sé e quella sull’essere, non sono separate, ma strettamente connesse. Anzi, non c’è vera risposta all’una senza risposta all’altra. Questo aspetto è stato ampiamente illustrato dal pensiero filosofico e teologico, sia antico che moderno[2].

Dante e Beatrice di fronte all’Empireo. Illustrazione di Gustavo Doré

Il grande filosofo greco Aristotele (m. 322 a.C.) afferma che la filosofia, e quindi la riflessione umana, ha la sua origine dalla ‘meraviglia’ dell’essere umano di fronte ai fenomeni della natura, e infine di fronte all’Essere in quanto tale: perché l’Essere e non il Non-essere? Noi esseri umani ci interroghiamo e dialoghiamo in primo luogo proprio perché abbiamo in comune delle domande fondamentali a cui dobbiamo rispondere, perché siamo costretti a questionarci incessantemente su questa problematica radicale che attraversa tutta la nostra esistenza. È infatti dalla risposta a tali domande che dipende il senso del nostro esistere. L’esempio dei bambini e del loro continuo ‘porre domande’ è una testimonianza chiara di tale dimensione fondamentale e primaria dell’essere umano, al punto da poter affermare che un essere umano che non si ponesse tali domande, che non si interrogasse sul senso del suo esistere, cesserebbe di essere ‘umano’.

In ogni caso, appare chiaro che l’essere umano, a differenza degli altri esseri viventi, ha sempre manifestato fin dai suoi primordi una curiosità insaziabile e una ricerca incessante che oltrepassano i limitati orizzonti dei suoi bisogni e dei suoi istinti puramente animali. L’essere umano si scopre quindi come l’essere che inevitabilmente si trova in un movimento di ricerca incessante e inappagata sul senso del suo esistere, e questo anche quando egli cerca di evitare tale questione, negandola.

In questo senso si potrebbe proporre una definizione dell’essere umano parallela (e complementare) a quella classica data da Aristotele, secondo cui “l’uomo è l’essere ragionevole (logikòs)”. L’uomo, l’essere umano, appare infatti, per essenza si potrebbe dire, come ‘l’essere questionante’ o, se si vuole, come ‘l’essere della domanda continua e della ricerca incessante’, cioè come l’essere dialogico (dialogikòs) per eccellenza. Il continuo ricercare, l’incessante questionare, il problematizzare sempre più radicale sul senso del suo esistere, costituiscono infatti i tratti caratteristici dell’essere umano in quanto tale (qua talis), si direbbe in termini scolastici, tratti questi che lo differenziano da ogni altro essere. Infatti gli esseri a lui inferiori, come gli animali, le piante e i minerali ecc., sembrano essere mossi da forze puramente fisiche e istintuali iscritte in modo fisso e determinato nella loro natura, e quindi ‘al di qua’ di ogni domanda. Mentre gli esseri creduti superiori all’uomo, come gli angeli, sono immaginati esistere in uno stato di visione chiara, luminosa e perpetua della verità, e quindi ‘al di là’ di ogni domanda. Tuttavia, anche in questo caso una visione più profonda e vasta delle cose sembrerebbe rivelare che, in realtà, in tutti gli esseri creati, in quanto tali, esiste una ‘domanda ontologica’ radicale e inevitabile: la domanda sul proprio fondamento ontologico, in definitiva sull’Assoluto, come il fondamento ultimo e il fine supremo del Tutto: tutto viene da Lui e tutto è diretto verso di Lui. Infatti, come molte riflessioni filosofiche hanno intuito, tutta la creazione in quanto tale si trova come in un movimento incessante che parte dall’Assoluto ed è a Lui diretto. Essa è animata da un desiderio ‘ontologico’ che la muove verso l’Assoluto, suo fondamento primo e termine ultimo. Questo è l’eros ontologico, cantato in moltissime forme dai poeti di tutti i tempi e luoghi, ed espresso chiaramente dal grande poeta, Dante Alighieri (m. 1321), nell’ultimo verso del Paradiso e della sua Divina Commedia ove contempla: “L’amor che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, v. 145).

Questa realtà rimane tuttavia ancora un vasto campo aperto alle grandi questioni ontologiche e alle intuizioni mistiche e poetiche che ne sono il frutto, e che qui non possono essere trattate.

L’uomo quindi, a differenza degli altri esseri, appare come ‘l’essere che domanda, che si interroga, che pone questioni’. Egli è l’essere che dopo ogni risposta pone sempre nuove domande: egli è l’essere interrogante per eccellenza. Egli si muove in una perpetua domanda, in un’incessante ricerca di senso che riguarda il suo esistere come pure l’esistere degli esseri attorno a lui. Questo almeno fino a che egli continuerà a essere ‘umano’…  Perché, chissà?… Forse un giorno egli cesserà di essere ‘umano’. Forse un giorno la tirannia tecnocratica crescente lo ridurrà a essere una pura macchina di produzione e consumo, senza nessun orizzonte che vada al di là del mondo manipolabile della tecnica. Allora forse si realizzerà l’aforisma che vado ripetendo da tempo: “L’uomo ha creato la macchina, quindi si è trasformato a sua immagine e somiglianza”. Allora l’essere umano cesserà di essere ‘umano’ per divenire – chissà mai? – forse un ‘robot perfetto’, destinato a operare, produrre e consumare all’interno di un sistema totalmente robotizzato dove l’esistere è diventato una pura funzione operativa, sempre intercambiabile con i vari componenti della macchina robotica universale. Allora l’uomo-robot avrà cessato di essere umano; esso non si interrogherà più sul senso del proprio esistere, essendo questo già prefissato da un Super-Robot dominante che lo determina come una sua pura funzione operativa. Allora l’essere umano, ridotto a pura unità robotica, non dovrà più pensare a se stesso, ma dovrà solo continuare a funzionare finché la sua capacità operativa resiste. Dopo di che dovrà sparire senza rimpianti… infatti altre unità operative, tecnicamente più avanzate di lui, gli subentreranno e continueranno la sua funzione robotica.

Sarà questo il destino ultimo dell’umanità, per quanto appare al nostro visibile orizzonte umano? Questi sono grossi interrogativi che gravano sul nostro esistere umano, soprattutto nel mondo della globalizzazione e della super-tecnocrazia sempre più invadente. Molti hanno già indicato questo esito come una possibilità reale e molte manifestazioni della cultura di massa che ci circondano sembrano suggerire che non siamo lontani da alcuni aspetti drammatici di tale futuribile robotico.

È interessante notare che il Concilio Vaticano II (1962-1965) nel documento Nostra aetate pone la domanda umana come il punto di partenza di tutte le religioni. Esso recita:

Tutti gli uomini attendono dalle diverse religioni la risposta agli enigmi nascosti della condizione umana che, ieri come oggi, turbano profondamente il cuore umano. Che cos’è l’uomo? Che senso e che fine ha la nostra vita? Che cos’è il bene e che cos’è il peccato? Qual è l’origine e il fine della sofferenza? Qual è la via che conduce alla vera felicità? Che cos’è la morte, il giudizio e la retribuzione dopo la morte? Qual è infine il mistero ultimo e ineffabile che circonda la nostra esistenza, dal quale noi riceviamo la nostra origine e al quale noi tendiamo? (Nostra aetate, paragrafo 1).

La domanda umana di senso da una parte, e la ricerca religiosa dall’altra, non sono infatti dei processi estranei, ma sono strettamente legati nel divenire dell’essere ‘umano’. La religione, e la sua dimensione mistica, non sono una semplice opzione facoltativa che si può accettare o rifiutare a piacere, ma esse costituiscono il nucleo vivo e palpitante per essere e divenire sempre più ‘umani’. Tolto tale nucleo, la caduta dell’umano in un robotismo universale sembra quasi inevitabile.

Inoltre, tale domandare umano, se esaminato a fondo, si rivela essere in realtà una chiamata divina posta nel cuore dell’essere umano. Esso è il primo segno del farsi presente di Dio alla coscienza umana, e quindi la Sua prima rivelazione all’essere umano. L’essere umano infatti si interroga perché egli stesso si sente ‘interrogato’ dal suo Fondamento. L’uomo si scopre ‘responsabile’ perché ha coscienza di dover rispondere del suo esistere, perché ha coscienza che il suo esistere non è ‘suo’, ma gli è dato come vocazione e compito, e quindi anche come responsabilità. Al fondo del suo domandare l’essere umano percepisce (anche se in modo non sempre esplicito) la presenza di Qualcuno che lo interroga, e lo interroga perché è Lui che gli ha dato il dono di esistere: dono gratuito sì, ma nello stesso tempo anche compito inevitabile. L’essere umano scopre che deve esistere, che deve realizzare la sua esistenza, e di ciò è responsabile. Al punto che, se anche decidesse di non esistere, eliminandosi ontologicamente e moralmente dal piano dell’esistere, questa sua scelta sarebbe già una risposta alla chiamata all’esistenza e al suo senso. Certo, si tratterebbe di una risposta negativa, ma pur sempre una risposta che lo rende responsabile e quindi perseguibile per i suoi risultati.

In conclusione, il domandare, l’interrogare e il cercare appaiono come caratteristiche fondamentali dell’essere umano in quanto tale, ma essi rappresentano pure la chiamata divina a una responsabilità e scelta esistenziali. È sullo sfondo di tale orizzonte che il senso delle differenti religioni, e quindi anche dei loro cammini mistici, deve essere compreso.

L’uomo è stato definito come ‘il pellegrino dell’Assoluto’ (homo viator). L’uomo è quell’essere inquieto che nulla appaga. Dopo ogni realizzazione, conquista o successo, il suo inquieto cercare lo spinge sempre oltre, con un nuovo e inevitabile domandare: “Perché?”, “e poi?”.

Infine, è utile ricordare che questa idea dell’essere umano come ‘l’essere della domanda’, o ‘l’essere in ricerca continua del senso del suo esistere’, in una parola come ‘pellegrino’ (homo viator) in questo mondo, non è propria del nostro tempo moderno, anzi essa affiora in molti miti e leggende nelle più diverse culture. Si pensi, a titolo di esempio, al famoso poema epico babilonese Gilgamesh, uno dei più antichi testi dell’umanità, risalente pare al secondo millennio a.C., ma che riporta un racconto certamente molto più antico. In esso la problematica di fondo dell’esistenza umana è trattata in modo lucido e incisivo. Gilgamesh, il re della città-stato sumerica di Uruk, turbato dalla morte del suo amico Enkidu, si mette in cammino per cercare l’albero della vita immortale. Alla fine, dopo averlo trovato, quest’albero gli viene rubato, e a lui non resta che affrontare il destino amaro di ogni essere umano: la morte.

L’uomo si trova dunque a vivere in un continuo paradosso: da una parte il desiderio inestinguibile di vita immortale, e dall’altra l’esperienza costante del suo limite spaziale e temporale, il limite della morte. Questo è un paradosso che lo spinge continuamente a cercare una via per una vera liberazione da tale drammatica situazione. Essere della domanda, essere del paradosso, essere della ricerca: queste sono le caratteristiche fondamentali dell’esperienza umana in generale, e dell’esperienza mistica in particolare. Tali temi, come vedremo, affiorano continuamente nei testi sufi che presentiamo nella Antologia.

P. Giuseppe Scattolin

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Note:

[1] Il presente lavoro è fondamentalmente la traduzione dell’antologia di testi sufi in arabo: Giuseppe Scattolin e Aḥmad Ḥasan Anwar, Al-Tajalliyât al-rûḥiyya fî l-islâm. Nuṣûṣ ṣûfiyya ‛abra al-târîkh (Spiritual Manifestations in Islam. Sufi Texts in History), Al-Hay’a al-Miṣriyya al-‛Âmma li-l-Kitâb, al-Qâhira (Cairo), 2008 (qui citato come Al-Tajalliyât). La traduzione italiana è notevolmente ampliata con nuove personalità sufi, introduzioni, biografie e commenti ai testi sufi e indici riveduti e ampliati.
Ringraziamo il Prof. Giuseppe Scattolin per averci concesso di pubblicare in anteprima alcune pagine del testo in via di stampa presso la casa editrice Officina di Studi Medievali .

[2] L’essere umano come ‘l’essere della domanda metafisica’, cioè della domanda sul senso dell’essere in generale e della propria esistenza in particolare, è un tema di base di molta riflessione filosofico-teologica del nostro tempo. Ma in realtà tale ricerca è un tratto che attraversa tutta la storia umana, in quanto ‘umana’, sotto molti e vari modi di espressione. Le riflessioni che qui presentiamo sono ispirate in gran parte al pensiero del grande teologo cattolico, uno dei principali animatori del Concilio Vaticano II e uno dei più profondi pensatori cattolici del secolo XX, Karl Rahner (m. 1984); in particolare: Karl Rahner, Spirito nel mondo, Vita e Pensiero, Milano, 1989 (or. Geist in Welt, ed. Johannes Baptist Metz, 1957); Id., Uditori della Parola, Borla, Roma, 1988 (or. Hörers des Wortes, ed. Johannes Baptist Metz, 1941). Con questo non si esclude la possibilità di altri approcci alla questione esistenziale umana, cioè la ricerca di senso del proprio esistere e dell’essere in generale. Qui siamo di fronte a una domanda che caratterizza l’essere umano ‘in quanto tale’.


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