Claudio Widmann
Ed. Ma.Gi. – Roma 2010
Contro lo scientismo razionalista e le sue derive positiviste, già nel XIX° secolo il Romanticismo, il Simbolismo e il Surrealismo si sono levati a difesa della potenzialità creativa, privilegio dell’uomo, esaltando i valori dell’immaginario, del sogno, financo dell’allucinazione e degli allucinogeni che hanno portato, come dice Ellemberger, a “La scoperta dell’inconscio“.
Lo psichismo umano non lavora infatti soltanto negli aspetti diurni della percezione immediata e della razionalità dell’incatenamento di idee. Nella penombra e nella notte dell’inconscio nascono le immagini irrazionali del sogno, della nevrosi o della creazione poetica. E Eraclito, l’oscuro, ci aveva profetizzato che ” L’uomo nella notte accende un lume a se stesso”.
Dobbiamo a Freud il merito di aver dimostrato attraverso i suoi studi clinici il ruolo decisivo dell’immagine, non più svalutata “folle du logis” ma chiave che permette di penetrare nella camera più segreta dello psichismo. L’immagine, sorta di intermediario tra un significante conscio e confessabile e un significato oscuro inconscio, acquista così lo statuto di simbolo, tipo stesso del pensiero indiretto.
Con Jung che riconobbe nella costruzione dell’immagine il modello dell’auto-costruzione (o “individuazione”) della psiche, l’immagine si tramuta da sintomo in agente terapeutico che può risvegliare le potenzialità creative della psiche e guidare l’uomo nel suo cammino individuativo. Gli pscologi analisti, in primis Hillman, hanno ribadito, sulla scia del maestro di Zurigo, il pluralismo psichico. Perché, come ci ricorda il grande antropologo dell’immaginario Gilbert Durand, lo psichismo è attraversato da un’infinità di venature, di sfumature che segnalano il pantheon delle religioni politeiste le cui tracce vivono ancora nelle nostre moderne astrologie.
In questa prospettiva che dà all’immaginazione, al pensiero analogico, una dignità pari se non più complessa, profonda e stratificata che al pensiero cosciente e razionale si inscrive la ricerca che Claudio Widmann, psicologo analista junghiano, sta conducendo da vari anni e di cui sono frutto i suoi libri quali la psicologia del colore (2005), Il rito (2007), Sul destino (2008) Il mito del denaro (2009), Il male (2009) e in particolare il suo ultimo testo Gli arcani della vita. Una lettura psicologica dei tarocchi.
Arcano, è parola che deriva da arca, ci ricorda Widmann, ‘lo scrigno prezioso e misterioso costruito da Aronne per custodire le cose più sacre di Israele e il segreto della sapienza ebraica’ ed è dunque ‘sinonimo di riserbo, segreto e mistero’. E, forse, in parentela con la parola sanscrita arka, parola su cui si concentra sempre un insegnamento segreto (cf. L’ardore di Roberto Calasso, 2010). ‘Arka è qualsiasi cosa irradi. E’ raggio, splendore e folgore. E’ il canto (Stella Kramrisch).
Nei segreti di ogni cultura e tradizione ritroviamo sempre uno stesso insegnamento, cercare al di là degli eventi iscritti nei vari periodi storici, al di là dello scorrere del tempo, al di là dei fatti contingenti, al di là degli oggetti concreti, o proprio in essi, se guardati con un altro sguardo, i segni, le figure eterne, gli archetipi, che costituiscono la trama su cui viene tessuta la vita. Da sempre i saggi hanno invitato gli uomini a leggere i segni, a cogliere gli avvertimenti e i segreti più profondi del mondo, a scorgere nei fatti o nelle apparenze più insignificanti un senso profondo. ” Il signore che ha l’oracolo a Delfi non parla e non nasconde ma dà segni” (Eraclito fr. 93) E origini antichissime ha la scienza delle interrogationes con cui venivano studiati i luminari del cielo per comprendere ciò che avveniva in terra.
Da questa esigenza di cogliere le trame nascoste della vita nasce anche l’antico gioco dei tarocchi, gioco di carte e di divinazione (secondo una leggenda essi sarebbero il disperso a libro di Toth, scrigno della più pura e segreta dottrina degli Egizi). Le immagini, senza commenti, disegnati sulle carte, apparvero a Court de Gébelin un liber mutus, un liber mundi che abbraccia “tutto l’universo e quindi tutti gli stati in cui può esprimersi la vita dell’uomo”.
Widmann, in quanto psicoterapeuta vede in esso ” un rappresentante emblematico della dinamica della coscienza,… un compendio di immagini simboliche, che rappresentano l’insieme della vita psichica, le sue vicende evolutive e i suoi arcani” per cui “accanto alla lettura divinatoria delle carte dei tarocchi è possibile una lettura psicologica e analitica che li consideri come archetipi della personalità e del suo processo di individuazione… Nei loro simboli si configurano i nodi organizzatrivi della personalità e gli snodi evolutivi dell’esistenza”.
Particolare attenzione è data al rapporto dei Tarocchi con la Qabbalah, la più importante fonte della tradizione della mistica ebraica, animata da un prorompente immaginario simbolico. Ad Eranos, fu Scholem a sottolineare il parallelo fra la concezione ebraica dell’aleph-beit e la concezione degli archetipi, come anche la similitudine fra la visione quabbalistica della creazione e la teoria del processo di individuazione.
Il volume, scritto con la religiosa attenzione alle dinamiche psichiche fin nelle loro più lontane derive e la serietà storico-filologica che contraddistingue l’autore, è ricco di illustrazioni che testimoniano la diffusione dei Tarocchi in significativi centri culturali ed artistici delle più diverse contrade (vedi, tra i molti: I Tarocchi di Mantegna, i Tarocchi di Carlo VI, Le lames hermétiques di Pitois, gli storici Tarocchi dei Visconti, ecc.).