L’anima tigrata. I plurali di «psyché»

 

Gilbert Durand
curatore: Davide Navarria
Edizioni Mimesis, collana Abraxas – 2017

Redazione

Siamo lieti di segnalare la traduzione in italiano a cura di Davide Navarria dell’opera L’Âme tigrée, les pluriels de psyché (1980) di Gilbert Durand.

Si tratta di un evento significativo in quanto ripropone un’opera importante di un grande studioso transdisciplinare del XX sec. rendendola disponibile anche ai lettori italiani che non abbiano dimestichezza con la lingua francese.

Gilbert Durand, antropologo, sociologo del profondo, comparatista e ermeneuta di miti e tradizioni religiose appartenenti a differenti bacini culturali, dal Brasile alla Cina, all’Africa si è interrogato sul significato di usi, riti, miti che appartengono alla vicenda umana sempre connessa alla più grande vicenda cosmica. L’intelligenza vivace, la penetrante intuizione accompagnate al rigore scientifico portano a inattesi accostamenti tra differenti domini del sapere accendendo illuminanti bagliori. Le sue pagine lucide e vibranti di intima convinzione, emanano forza e intensità e riflettono la luce di un vasto e antico sapere. Durand ha cercato sempre, anche fuori dagli ambiti accademici, confronti autentici e dialettici sui temi significativi al fine di rinvenire le strutture profonde, i lineamenti simbolici, le forme formanti che si presentificano a differenti livelli nell’uomo e che sono i gradi successivi di una ricerca verticalizzante, in quanto rivelatrice di senso. Luogo privilegiato di tali incontri era il circolo di Eranos, in cui nel 1964 era stato introdotto dal filosofo e iranista Henry Corbin e a cui per circa 20 anni partecipò assiduamente offrendo il contributo delle sue ricerche. Karl Kerényi parla dello Spirito di Eranos come di “one of the most creative cultural experiences in the modern Western world” . “Hence, – scrive Hans Thomas Hakl in Eranos an alternative intellectual history of the twentieth century – out of the original concept of an encounter between East and West, Eranos also emerged as a meeting place between North and South. Furthermore, in true yi-yang fashion, it was also a meeting of modernity and antiquity, of naturalsciences and the humanities, of science in general and religion, of the outer and inner worlds, of matter and spirit, of rationality and intuition, of word and imagine, of definition and myth, of extraversion and introversion, of multiplicity and unity”.

Durand aveva compreso la portata euristica della ricerca epistemologica di Gaston Bachelard, suo maestro e, seguendo la sua strada, è passato dall’epistemologia della scienza all’epistemologia del senso e all’ermeneutica poetica aprendo un’affascinante prospettiva sui paesaggi dell’immaginario letterario. In Psicoanalisi della neve (1953), dedicato a Bachelard, è già presente l’inquietudine di chi è sospinto oltre la verità del fare della scienza tecnocratica, oltre la verità dell’essere surreale della poesia, alla ricerca di una realtà simbolica in cui le cose sensibili e transitorie rinviino a realtà metafisiche.

Durand si muove nell’ambito della vera filosofia che «… è saggezza terrestre che sa far posto, accanto alla scienza esatta e ideale, alle intimità della poesia e della mitologia», perché, secondo le sue stesse parole «… ogni saggezza che non ha un pizzico di follia non è veramente umana; l’umanesimo autentico è quello che sa dare spazio alla debolezza e a tutto ciò che è errore agli occhi della scienza. Ci vuole di tutto per fare un uomo».

L’anima Tigrata, i plurali di “psyche” si svolge in cinque capitoli che ci inducono al thaumazein, al soffermarci stupiti e ammirati di fronte alla pluralità dell’anthropos e della sua Psyché (il cui nome in greco indica anche la farfalla, nella sua leggerezza e nel variegato intrecciarsi dei colori delle sue ali).

Nel primo capitolo, confrontandosi con Bachelard, Durand ribadisce che anche i dati scientifici che si rivestono di pretesa obiettività (ma la fisica quantistica ci mostra che il soggetto e l’oggetto sono sempre parti interconnesse di un unico campo) nascono pur sempre da un’aura simbolico immaginativa e che non può esserci scienza senza co-scienza.

L’autore affronta nel secondo capitolo il tema della polarità magnetica e mostra come il metodo aperto e plurale dell’antropologia sia una via importante per ogni sperimentazione scientifica. Lo sapevano i filo-sofi greci (amanti del sapere) che crearono il nome di physis (da phyo = l’emergere della forza della vita, della natura) da cui ‘fisica’ che designa quella che è oggi considerata la scienza delle scienze. Ma il grande Eraclito ricorda che la physis ama nascondersi e che ‘ethos anthropoi daimon’, che l’uomo nel profondo del suo essere, della sua psiche, è in contatto con il divino.

Durand si sofferma quindi sulle strutture ‘drammatiche’ dell’immaginario, uno dei temi cardini della sua ricerca. L’esplorazione delle strutture archetipiche dell’uomo porterà alla nascita di un Nuovo Spirito Antropologico in accordo con il Nuovo Spirito Scientifico, le Weltanschauungen, le logiche, le assiomatiche della rivoluzione epistemologica che caratterizzano la seconda metà del novecento. Lo studioso ha fatto riscoprire la potenza del pensiero simbolico, la perennità della struttura religiosa del Sapiens, l’irrinunciabile desiderio di ‘altrove’ e ha chiamato a una lotta di resistenza contro il “terribile collasso etico e culturale” che purtroppo si sta oggi mostrando sempre più grave.

L’ultimo capitolo è dedicato alla lettura ermeneutica del mito di Eros e Psyche. Psyche, l’anima, è una figura immaginale che l’illuminismo ha rimosso per innalzare la dea Ragione. Tramontata dolorosamente la Belle Époque e la fede cieca nella speranza del progresso, il XX° sec. ha dovuto confrontarsi con il lato oscuro, l’ombra che accompagna ogni luce, l’insondabile profondità dell’inconscio su cui galleggiano le isole della nostra coscienza ma ha anche scoperto che proprio quella oscura profondità alimenta la nostra vita conscia e ogni impulso creativo e che … “l’anima è tigrata”.

 


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