La chiamata della Donna

Giuseppe Lampis

Orfeo, affranto dall’irreversibile scomparsa della sposa rapita dal dio degli inferi, rifiuta di amare altre donne e inventa l’erotica omosessuale convincendo gli uomini traci a seguirlo, finché viene sbranato dalle loro mogli.

Émile Levy, La morte di Orfeo

Ippolito, figlio di Teseo e dell’amazzone Ippolita, ne segue la devozione a Artemide e predilige la caccia e la vita solitaria. Afrodite irritata gli eccita contro Fedra, seconda moglie del padre, nata da Pasifae, figlia del sole. Il giovane inorridito la respinge, lei si impicca accusando il figliastro di violenza, Teseo invoca la vendetta da Poseidone suo genitore e il giovane innocente muore travolto dai cavalli.

Le fini di Orfeo e Ippolito sono un esempio del prezzo del rifiuto.

Il rifiuto di rispondere all’imperiosa chiamata della Grande Madre nasce dalla paura di accettare di essere uno strumento che dopo l’uso diviene inutile. Di accettare che la fioritura non valga in sé bensì per gli altri.

Sappiamo dagli antichi che unendosi con la Grande Madre, la Regina, la Donna archetipale, si contrae il privilegio di morire.

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In generale i maschi valgono poco e per poco.

Se guardiamo le cose da una scala naturalistica, basta mettere attenzione sulla loro funzione di base, effimera, precaria, con uno slancio che si esaurisce in breve arco di tempo e in un nonnulla, dopo di che è difficile che il singolo maschio mantenga alti ruoli vitali per la comunità e che, nella fredda spietata autoregolazione della bilancia dell’ecosistema, sia giustificabile il tenerlo ancora sulle spalle degli altri se non per quella carità pelosa e ipocrita dei deboli che vogliono applicare e ingessare un criterio etico universale che li metta in salvo per quando saranno un peso.

Le femmine, dal canto loro, si affannano a farsi credere un mistero da scoprire, necessario al prosieguo della felicità del mondo, eppure non c’è alcun mistero. Sono diventate il corrispettivo dei predetti maschi che si prolungano nel tempo per il tacito accordo dei deboli, in un effetto di rimbalzo e trascinamento che si sono industriate a persuadersi fosse liberazione e autonomia.

Hanno impostato un ragionamento specioso ponendo in premessa che la libertà e l’autonomia equivale alla liberazione dalla sovranità del maschio unico, del capo–tribù, e ne hanno concluso che aprivano il nuovo mondo della libertà. Hanno scambiato la libertà universale con la libertà di ballare con chi volessero e si sono ritrovate in uno scenario vuoto di ballerini che conoscano la danza.

Sono arrivate in ritardo. In definitiva, in ritardo su sé stesse.

Questo è un mondo che si dà un sacco da fare per credersi e autorappresentarsi appassionato al sesso. In verità non c’è nessun sesso, è solo un’infantile narrazione collettiva. Il fascino di un mistero che non esiste. Non c’è sesso reale e autentico perché non c’è giovinezza reale e autentica.

Non c’è giovinezza perché nessuno vuole sapere che sia. Non c’è perché la toglie via l’angoscia di non essere più giovani e la mancanza del coraggio di guardare in faccia al tempo che passa.

Giuseppe Lampis


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