I Magi fantasmatici

Ezio Albrile

Magi_1La basilica di SantAndrea a Vercelli (circa 1227) è un maestoso libro di pietra entro il quale leggere la storia della religiosità medievale, segretamente edificata sulle propaggini a volte eretiche del mondo tardoantico.
Due dei timpani che ornano i portali della facciata, incorniciati da archivolti intagliati a racemi, foglie d’acanto, rose e fiori di loto, recano bassorilievi di tradizione antelamica: in quello centrale è rappresentato il Martirio di Sant’Andrea. Vi si osserva al centro la figura di Sant’Andrea crocifisso a un legno di rozza fattura, secondo una iconografia che imita la Crocifissione di Gesù. L’interpretazione canonica vede nei personaggi scolpiti, a destra Egea, proconsole d’Acaia che ordina a due aguzzini l’esecuzione del martirio; a sinistra sarebbe raffigurata la vergine cristiana che diede sepoltura al corpo del santo assieme a due fedeli.
Nel rilievo, però, i personaggi coinvolti nella storia non sembrano riflettere la vicenda del Martirio, la quale al contrario reinterpreta la Crocifissione del Salvatore.
Gesù è legato alla croce, vestito di tunica e pallio mentre volge lo sguardo in basso verso la madre Maria, che avvolta in un drappo tiene il capo reclinato. Nel frattempo un giovane sta slegando una delle mani del crocifisso mentre un altro lo afferra per la vita. L’atteggiamento e le movenze dei due personaggi non fanno pensare che si tratti degli sgherri del proconsole intenti a martirizzare l’apostolo Andrea.
Due personaggi maschili, un giovane e un anziano, si avvicinano da sinistra con le mani coperte da una piega dell’abito; un altro vecchio è seduto dalla parte opposta. Dai vestiti indossati e dal portamento sembra riconoscere nei tre i Magi evangelici.
Al vertice della ghiera che circonda il timpano, il busto di un fanciullo incoronato da petali di rosa è tenuto nelle mani da un angelo. È l’anima che ascende ai cieli, confermando la natura astrale dell’episodio.
Magi_2Alla luce di questa descrizione, il martirio di Sant’Andrea appare il pretesto entro cui lo scultore medievale riscrive la vicenda del Cristo, secondo una prospettiva inusuale, coniugando l’episodio dell’Adorazione dei Magi con la Crocifissione; unendo poi quest’ultima a concezioni più antiche, dualistiche o, per meglio dire, «gnostiche». Vediamo come.
In gran parte dello gnosticismo dei primi secoli Gesù avrebbe avuto una natura fantasmatica, immateriale. È il dogma fondante il cosiddetto «docetismo», cioè il ritenere solo apparente il corpo del Salvatore. Chi lo asseriva era uno dei più antichi gnostici, Basilide, la cui scuola fiorì ad Alessandria d’Egitto ai tempi di Adriano e Antonino Pio (ca. 120-140 d.C.) e fu continuata dal figlio Isidoro.
Se per gli Gnōstikoi il mondo era la creazione erronea di un Demiurgo omicida e ignorante, il Salvatore che vi discendeva non poteva di certo assumerne una delle forme fondamentali, il corpo materiale. Così predicavano anche Saturnino (o Satornilo) di Antiochia e il più famoso Marcione, per il quale il Salvatore si alimentava e beveva solo in apparenza (Tert. Adv. Marc. 3, 8, 4).
Ma i riferimenti più precisi alla nostra scultura sono in Basilide (Ir. Adv. haer. 1, 24, 4). Negli insegnamenti del maestro gnostico il mondo sarebbe stato creato dagli Angeli (= Arconti) dimoranti nell’ultimo cielo. Questi si sarebbero spartiti le terre e le genti che le abitavano. Uno di essi, il Dio dei Giudei, avrebbe imposto la propria egemonia, convincendo la sua gente a conquistare gli altri popoli. Ne sarebbe nata una guerra fra gli Arconti, e di riflesso fra nazioni, di proporzioni tali da preoccupare il vero Dio, il Padre ingenerato e ineffabile. Per contrastare un tale massacro di uomini e di angeli, egli avrebbe inviato nascostamente sulla terra il proprio Figlio (= Intelletto, Noûs), il Cristo.
Sceso nel mondo, Cristo prenderà le sembianze di Gesù, un uomo solamente in apparenza. Infatti non sarà lui a patire sul Golgota, ma Simone di Cirene, il personaggio che nella tradizione sinottica è obbligato dai miliziani a portare la croce (Mc. 15, 21; Mt. 27, 32; Lc. 23, 26). Secondo Basilide è lo stesso Cristo a trasformare le sembianze di Simone in quelle di Gesù, al fine di rendere agevole lo scambio di persona. Mentre il vero Gesù, cioè la maschera del Cristo, dopo aver assunto l’aspetto di Simone si fermerà ai piedi della croce irridendo e canzonando i propri aguzzini. I personaggi coinvolti in quest’azione sarebbero quindi tre, come nel rilievo antelamico: il presunto Gesù crocifisso, il vero Gesù (visibile, ma incorporeo), il Cristo (invisibile). Il Cristo, il Salvatore, come il giovane accanto alla croce slega il morente, è colui che libera dai lacci del fato, della Heimarmenē, emancipa dalle Archai e dalle Exousiai regnanti sul cosmo.
Magi_3La vicenda è ripresa in due testi gnostici di Nag Hammadi, l’Apocalisse di Pietro (NHC VII, 3, 81, 10-83, 8) e il Secondo Trattato del Grande Seth (NHC VII, 2, 55, 34-56, 20), nonché ha un importante riflesso nel Corano (Sura 4). Nell’Apocalisse di Pietro, mentre il Gesù umano è crocifisso il «Gesù vivente», che è il corpo immateriale del Salvatore, se la ride sotto la croce. Il Gesù carnale è il «sostituto», l’infamante «magione dei demoni», l’uomo morto sul legno.
Il rilievo di Vercelli è un raro caso, se non l’unico, in cui sono congiunti i temi dell’Adorazione dei Magi e della Crocifissione.
I presunti Magi indossano copricapi persiani, alla sinistra il più giovane (Gaspare?) veste un lungo abito con copritunica ornata di piccole sfere riunite in gruppi di quattro. Un motivo iconografico che si ritrova in alcuni diademi di re sasanidi. È  il caso di un rilievo di Cosroe II proveniente da Tāq-i Bust…n, dove le piccole sfere disseminate (in gruppi di tre) sul globo sovrastante la corona del sovrano starebbero a rappresentare gli astri.
Accanto, il  Mago più anziano (Baldassarre ?), indossa una veste di eguale fattura, si intravedono in basso dei motivi rettangolari, mentre il copritunica è cosparso di stelle, ulteriore prova della natura astromantica o apotelesmatica dei personaggi in questione. A confermare l’ipotesi, in origine le vesti dei presunti Magi dovevano essere colorate in azzurro.
Entrambi i Magi tengono una mano nascosta sotto il copritunica: il più giovane la sinistra, il più anziano la destra; forse a indicare la natura segreta, recondita di ciò che si sta compiendo sulla croce. Il più anziano con la mano sinistra lambisce il vestito della Madonna.
Il terzo presunto Mago (Melchiorre ?) è sul lato opposto del timpano, seduto su di un seggio. Indossa una veste lunga disseminata di piccole sfere ordinate in gruppi di tre, le stesse ma in gruppi di cinque ornano il copritunica. È un vecchio e rivolge l’indice della mano destra verso l’alto. Chi crede la scena riferita al Martirio di Sant’Andrea riconosce in questo personaggio il proconsole Egea che ne ordinò la crocifissione. Per chi crede, invece, che si tratti di un Mago evangelico,  il segno con la mano designa la natura celeste e trascendente di ciò che sta avvenendo.
Basilide, infine, è uno dei rarissimi casi in cui un autore o un testo gnostici parlano o contestualizzano la storia dei Magi. Secondo Ippolito – in una delle 33 «eresie» gnostiche confutate –  Basilide e suo figlio insegnavano una disciplina arcana che il Salvatore stesso aveva comunicato segretamente al discepolo Mattia. Tra le opere che circolavano sotto il suo nome, una era probabilmente un’esegesi in 24 libri sui Vangeli (Eus. Hist. eccl. 4, 5, 7-8).

Commentando la pericope del Vangelo di Giovanni nella quale Gesù sostiene che «la sua ora non è ancora giunta» (2, 4), Basilide vi ritrova un’allusione al determinismo astrale (Hipp. Ref. 7, 27, 5). Ogni cosa ha il suo tempo, è stata preordinata: così i Magi hanno visto una Stella concepita, «prescelta» (prolelogismenos) sin dall’inizio nel grande ammasso della semenza da cui hanno tratto origine gli Arconti facitori del cosmo. Tutto è stato preordinato: dalla nascita degli astri (genesis asterōn) alla restaurazione finale (apokatastasis). I Magi sarebbero quindi i prescelti nel cogliere questi segni celesti, gli esegeti di un libro scritto sin dalle origini del mondo, il cui alfabeto sono gli astri stessi.


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