Immaginale e Mitodologia Ponte tra oriente e occidente

Maria Pia Rosati

La regina madre con le pesche dell'immortalità
La regina madre con le pesche dell’immortalità

Guardando indietro al secolo passato notiamo un grande sviluppo di studi intorno alla modalità del pensiero simbolico o dell’immaginale, per usare il termine coniato da H. Corbin, alquanto svalutata in occidente, in particolare nei secoli dell’illuminismo e dei movimenti epigoni protesi al pensiero scientifico-tecnologico e al ‘pensiero calcolante’. Già dalla fine del XIX sec. nel mondo dell’arte figurativa, della letteratura e della musica si era imposto il Simbolismo, che all’ansia di un continuo progresso scientifico tecnologico oppone un desiderio di trascendimento e di altrove. Si vuol penetrare l’intima essenza delle cose, esplorare l’ignoto, gli abissi dell’animo umano. Il linguaggio diviene simbolico e metaforico: l’analogia prevale sulla logica e per accennare all’indicibile ci si affida alla forza evocatrice delle immagini archetipali. Paradossalmente proprio le nuove scoperte scientifiche (la chimica dei supporti, la fisica delle comunicazioni) hanno portato nel XX secolo a un progressiva e gigantesca rivalutazione dell’immaginario che sembra improvvisamente invadere ogni settore del sapere e infiltrarsi, poco a poco, in tutte le discipline rompendo le barriere tra i differenti metodi e fornendo nuove modalità di comprensione e di criticaNasce una nuova Civiltà dell’immagine che avrebbe travolto sia il mondo ‘del libro’ sia l’epistemologia fondata sulla logica aristotelico-cartesiana.

Anche la nuova disciplina, la psicoanalisi fondata da Freud, aveva posto l’immaginario al centro dell’organizzazione psichica facendo del mito di Edipo la chiave di volta per la comprensione della nevrosi. Soprattutto Jung, con la sua teoria degli archetipi, modelli fondanti dello sviluppo psichico del singolo come dell’umanità, permetteva la costituzione di una metaforica anatomia e di fisiologia dell’immaginario. Nel campo dell’arte Aby Warburg rivoluzionava la maniera di guardare le opere d’arte e accostando le immagini per affinità tematiche creò un Atlante di immagini (Bilderatlas), intitolato alla memoria (Mnemosyne), una sorta di teatro che poteva essere attraversato da molteplici sguardi. Nel mondo delle immagini e dell’immaginario egli colse, al di là delle epoche e delle culture, le fondamentali modalità espressive della psiche umana, Pathosformeln (formule di pathos). Nel frattempo anche gli studi di neurofisiologia delle immagini sul Sapiens sapiens dimostrarono e che la presentazione di un’immagine stimolante nell’uomo immediatamente sviluppa un’infinità di articolazioni simboliche e che dunque ogni pensiero è rappresentazione (cfr. G. Durand, L’imagination symbolique, 1962)

Dai continui scambi interdisciplinari con la psicoanalisi e la nuova arte dell’immagine, il cinema, nascono in Francia le Nouvelles Critiques
(Gaston Bachelard e Northrop Fry ne furono i pionieri) che portarono alla luce i sostrati immaginari delle opere artistiche. La scuola di Grenoble, fondata negli anni 60 da Gilbert Durand riconosce l’importanza centrale dell’immagine, del simbolo e del mito per la comprensione del semantismo dell’opera letteraria o artistica: sono le immagini che, come diceva Bachelard, da sole sono in grado di “spiegare le immagini”. Nasce una nuova ‘mitocritica’ che incrocia i suoi cammini di ricerca con le scienze del mito, l’etnologia e l’antropologia culturale, le arti e le lettere che a loro volta acquistano nuove modalità di comprensione.

Gli studi pluridisciplinari sulla facoltà simbolica portano G. Durand e la sua scuola (1950-1960) a riconoscere nel campo dell’immaginario umano due importanti regimi (diurno/eroico, e notturno/mistico) a cui si aggiungeva un terzo (copulativo-sintetico), ma soprattutto ad evidenziare l’emergere progressivo nel cervello umano di un campo percettivo assolutamente trasversale una sorta di non-luogo paracerebrale, sede dello spirito.

“Qingming”, festa Cinese in onore degli antenati.  Il dipinto mostra una società fiorente e pacifica intorno al ponte di Bianjing.
“Qingming”, festa Cinese in onore degli antenati.
Il dipinto mostra una società fiorente e pacifica intorno al ponte di Bianjing.

Le numerose opere di Durand sin dalle prime, Le Strutture Antropologiche dell’Immaginario (1960) e L’immaginazione simbolica(1962) più volte tradotte in più lingue (tra cui turco, arabo, giapponese, coreano e presto russo e cinese), la partecipazione di Durand a riviste internazionali («Temenos» a Londra, «Spring» a New York, «Àtopon» a Roma) hanno ampliato i molteplici orizzonti della ricerca dell’immaginario che si è articolata in più di cinquanta istituti in tutto il mondo. Di fondamentale importanza per la nascita di una nuova antropologia e una nuova epistemologia sono stati gli incontri di Eranos ad Ascona, crocevia culturale e spirituale che dal ’33 riunivano ogni anno studiosi di ogni disciplina e di ogni paese per un articolato confronto sulle problematiche di un’unica Scienza dell’Uomo. Quivi Durand ebbe modo di confrontarsi tra gli altri con M. Eliade, studioso del pensiero simbolico, dei miti e delle credenze religiose, l’orientalista H. Corbin, specialista dell’immaginario iraniano e del sufismo, G, Scholem, studioso della Cabala, J. Hillman, discepolo di Jung e fondatore della psicoanalisi archetipale.

Gli incontri di Eranos divennero dei potenti acceleratori di energia che aiutarono a superare barriere ideologiche apparentemente invalicabili. Il tema inaugurale ‘Yoga e meditazione in occidente e in oriente’ voleva costruire un ponte con il pensiero orientale che fu rappresentato da H. Wilhelm, studioso dell’Estremo oriente, figlio di Richard Wilhelm, traduttore del Yi-king (Il libro delle trasformazioni), il più antico e moderno tra i libri della Cina e, secondo Jung, la più bella collezione di archetipi. E ancora Toshihiro Izutsu et Hayao Kawai, specialisti giapponesi dello zen buddista, del confucianesimo e del taoismo e il sinologo cinese Chungyuan Chang, specialista del taoismo. Già gli studi di George Dumézil avevano dimostrato che i miti indoeuropei erano alla base delle strutture culturali sociopolitiche dell’occidente, e avevano contribuito a far crollare l’etnocentrismo degli storici occidentali. Ad essi si affiancarono gli studi dei comparativisi e degli storici delle religioni: M. Eliade, G. Tucci, J. Daniélou, J. Servier, H. Corbin.

L’incontro tra G. Durand e H. Corbin dette vita alla fondazione del Cahier de l’Université Saint-Jean de Jérusalem, del Centre de recherches spirituelles comparées, che per 12 anni ha prodotto studi su mito, simbolo, tradizione, cerca iniziatica, aprendo all’esplorazione dell’immaginario del Medio e dell’Estremo Oriente.

Gilbert Durand fu sempre attirato dall’Oriente e numerosi sono i lavori di ricerca comparativa sull’immaginario cinese e l’immaginario occidentale compiuti in collaborazione con. come Proprio la nuova epistemologia di Durand, ‘la mitodologia’, evidenzia il legame profondo tra la saggezza dell’Oriente e quella dell’Occidente (cfr. Chaoying Durand-Sun, Colloquio sull’immaginario Durandiano di Ottawa – giugno 1912). Il pensiero di Durand fu ampiamente recepito dal mondo orientale come testimoniano lo studio e la traduzione giapponese e coreana dei suoi scritti, gli inviti a tenere corsi di insegnamento e conferenze all’Università di Tokyo, e nella Corea del Sud e gli scambi costanti e fecondi tra Grenoble e Tokyo e Nagoya. L’arte giapponese (pittura, stampe, giardini zen) è stata porta privilegiata per Durand, egli stesso pittore, per penetrare nella cultura giapponese, mentre le risaie innevate del Paese del Calmo Mattino lo riportavano alla Psychanalyse de la neige, ispirata dalla sua Savoia. Il convegno «
Traditions: 
a Continual Revival
» a New Delhi (1986), situazione ‘atopon’, ‘tempo fuori del tempo’, portò Durand a riscoprire le immagini primordiali e immemoriali dei tesori dell’India.

Parte del tratto urbano dell'antica pittura cinese:  "Vita lungo il fiume Bianjing durante il Festival della Pura Luminosità."
Parte del tratto urbano dell’antica pittura cinese:
“Vita lungo il fiume Bianjing durante il Festival della Pura Luminosità.”

E soprattutto la collaborazione con Chaoying Sun ha portato Durand a scoprire una sconfinata materia mitica nella vastità e profondità del bacino semantico della cultura cinese, vero tesoro dell’umanità, le cui radici affondano nelle strutture figurative dell’immaginario umano. L’opera a quattro mani Mythe, thèmes et variations(Desclée de Brouwer, 2000 recensita nel vol. VI di atopon e pubblicata su questo sito) raccoglie articoli interdisciplinari, legati dal filo rosso del “tragitto antropologico” dell’immaginario umano, sguardi incrociati che allontanano ogni tentazione di etnocentrismo. Per Durand l’Immaginario, come il tema di una sinfonia, può modularsi all’infinito, svilupparsi, variare, sempre sorretto dall’ineluttabile solfeggio della natura umana. Gli autori ben consci della “Complessità della materia mitica”, studiano la polisemia, dunque “incertezza” di molti simboli e temi mitici, la diversa recezione e diffusione nei differenti momenti storici, le differenti sfumature di colore nelle varie identità culturali. Ma sottolineano anche la permanenza dell’Immaginario secondo due importanti modalità antropologiche: la risonanza che accorda semanticamente un insieme culturale a un altro insieme e lo scambio generalizzabile della simbolica. Si rileva, ad esempio, il nesso tra i miti delle divinità della folgore e l’agiografia di Sant’Antonio l’Eremita, e la risonanza dei mitemi antoniani in una importante leggenda dell’immaginario cinese, il Xyou Ji “Il viaggio verso l’Occidente”. Evidente la concordanza, pur nelle diverse angolature, del mito cinese dell’età della “Età grande Concordia” con quello occidentale dell’”Età dell’oro”.

Questi temi sono trattati più specificamente da Sun Chaoing in Neuf chants du drago(Parigi, 2004), raccolta di saggi che costituiscono importanti strumenti non solo per far conoscere agli occidentali il senso profondo di una civiltà millenaria, ma anche per una migliore comprensione del senso della propria cultura, attraverso il confronto tra varianti di uno stesso mito in culture diverse. Tali studi si inseriscono in una tradizione di studi antropologici aperti da M. Granet che, applicando la teoria sociologica di Durkheim, e di Marcel Mauss, era riuscito ad approcciare il pensiero cinese, coglierne e comunicare l’essenza, a partire dagli aspetti più comuni della vita sociale e dell’etichetta. La complementarietà, fra società e natura, fra Ying e Yang, principio femminile e principio maschile, il ritmo delle stagioni, sempre nuovamente evocati nella festa, nei luoghi santi e nelle parole, sono colti da Granet, anch’egli legato per origini familiari alle tradizioni contadine, nel momento iniziale in cui ragazzi e ragazze, al risveglio della natura in primavera, si scambiano parole e canzoni d’amore (cf. Feste e canzoni dell’antica Cina, 1919). Nel riproporci questi stessi aspetti di fondo della vita cinese nei millenni, Sun Chaoing, alla luce della ‘mitodologia’ di Durand, parla di un regime notturno/mistico che prevale su quello eroico/diurno tipico del mondo occidentale, evidente in un aspetto della vita quotidiana, l’abbigliamento, molto poco mutato nel corso del tempo, proprio perché doveva trasmettere il senso di rassicurante armonia del cosmo e suggerire l’idea di profondità, discrezione, sottigliezza, e soprattutto di intimità. Nessuna originalità, né desiderio di distinguersi o di provocare, ma uno stile che tende all’androginia, al regime sintetico, all’armonia di contrari.

I‘L’ge d’or, du tibre au fleuve jaune’ Sun Chaoing mette a confronto due grandi civiltà contadine, l’ubertosa Saturnia tellus
intorno al ‘biondo Tevere’, e la terra intorno al Fiume Giallo, retta dall’imperatore giallo del Regno di Mezzo, giungendo alla conclusione che le rive del Fiume giallo sono ancora più saturnie di quelle del Tevere in quanto mentre l’occidente si è fatto permeare dallo spirito prometeico che lo ha portato al progressismo industriale e a trascurare i tesori della terra, l’immaginario della Cina da quaranta secoli è rimasto profondamente legato al mito di una Grande Concordia agricola e al sogno di un ritorno in un paradiso terrestre di pace e prosperità presente in tutte le fondamentali filosofie cinesi (Yi jing, Dao, Confucianesimo, Buddismo).

Possiamo dunque augurarci che lo spirito eroico-inventivo dell’occidente e la polarità meditativa e sfumata dell’oriente si integrino per raggiungere quell’equilibrio di pace, di concordia, di beatitudine, sogno di ogni popolo, ugualmente presente nel mito cinese dell’Età della grande Concordia e in quello occidentale dell’Età dell’oro.

Maria Pia Rosati


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