Dio è morto ma non c’era solo lui

Giuseppe Lampis

Fine della storia, nuda verità, morte di Dio, eclisse dell’essere, schianto del mondo, liquefazione… queste le diagnosi di Hegel, Leopardi, Nietzsche, Heidegger, Pound, Bauman.

Diagnosi formulate sul ciglio dell’eone.

Ma di che parlano, essi e gli altri visionari?

Che scorgono oltre les anciens parapetsd’Europa?

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Angelus Silesius

Angelus Silesius (1657) proponeva con sintesi bruciante che come l’uomo è in Dio così Dio è nell’uomo, tanto che se l’uomo si annulla «Dio non può vivere neppure un attimo».

Ora, per la coincidenza, vale anche il reciproco: se Dio si dovesse annullare, necessariamente l’uomo non potrebbe vivere neppure un attimo.

Se Dio, ci dicono, è morto, che succede, allora, all’uomo?

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La tesi di Angelus Silesius rivela una verità importante: quando scompare un certo genere di uomo scompare necessariamente con lui il dio simbolo metafisico in cui quell’uomo si era identificato e riconosciuto.

Gli dèi muoiono con il mondo degli uomini nati nel loro paradigma archetipico.

Esaurimento e atrofizzazione di un dio e della sua religione sono facce del medesimo evento. La religione cura la malattia del suo millennio, diventa inutile quando la sindrome patologica cambia.

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È paradossale che l’uomo moderno si erga a protagonista della creazione nel momento stesso che proclama la morte di dio. Egli sale sul podio del dio confutato e spodestato e non si avvede che la confutazione rimbalza su lui stesso e lo trascina giù.

Il dio è caduto e svanito in quanto si è appalesato che non esiste un principio creatore, e perciò, a maggior ragione, non c’è alcun podio su cui salire gonfiando il petto.

Dietro l’idea di creazione dal nulla si celava il nulla creativo dell’uomo. Era uno schermo fragile. Adesso saremo costretti a tornare sui nostri passi.

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Il dio del divenire, a forza di divenire, è divenuto troppo.

Morendo ha portato via con sé l’uomo attore del divenire e presuntuosamente centrato sulla speranza di superare la sua costituzione limitata.

Era un dio coessenziale con la credenza in una possibilità di salvezza pressoché meccanica. Ma la dottrina del diritto naturale alla felicità è stata dissolta dalla frustrazione.

A ogni modo, non c’era solo lui. Non c’era un solo dio.

Molto tempo addietro, poco meno di un paio di millenni, un inquieto professore, sacerdote di Apollo, aveva sentito che in mare aperto una voce, seguita da un alto stupefatto gemito, aveva urlato che Pan era morto.

Quali dèi sono rimasti in piedi dopo tanti crepuscoli?

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L’ultimo scivolando ha portato via con sé un’epoca intera. Faceva da riparo ad altri più grandi e riusciva a nasconderli premendo stretto sui nostri occhi.

Perciò quali dèi sono rimasti dopo di lui lo possiamo capire dall’uomo lasciato allo scoperto dalla sua morte.

L’uomo rimasto in vista è il mortale e basta, l’uomo di una sola vita irripetibile e senza doppi fondi.

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Una sola vita, irripetibile e senza doppi fondi.

Al regno di quale principio divino corrisponde?

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Ci sono molti dèi, perché anche gli dèi muoiono.

Quelli che abbiamo conosciuto sono scivolati nel tramonto. Li ha bruciati uno dopo l’altro il più micidiale di tutti.

Sotto il suo occhio abbagliante«neanche le tombe resistono molto».

Giuseppe Lampis


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