I Greci antichi e la verità

Giuseppe Lampis

La verità, per i Greci antichi, non è una acquisizione pacifica, al contrario è una violenza, una rottura, una folgorazione, un annullamento.

greciantichiIl termine conoscenza, gnosi, con cui si è designata la conquista della verità, storicamente ha avuto l’effetto di spingere fuori strada; esso è inadeguato se e in quanto induce a restare nei limiti di un evento contemplativo, speculativo, logico e intellettuale, mentre il possesso della verità implica un salto di livello.
La verità è il rovesciamento della menzogna, non è una addizione graduale e progressiva di nozioni lungo una scala continua.
La traduzione della parola greca alétheia con disvelamento risulta corretta a patto di intendere il disvelamento nel senso originario indiano di rottura del velo di Maia: scoperchiamento, scoprimento, squarcio, smascheramento.

Platone ce ne ha dato tre rappresentazioni altamente indicative: nel Simposio l’abbagliante apparizione della bellezza in sé nella quale culmina l’ascesa dell’iniziato; nella Repubblica il sole verso il quale si stravolgono per liberarsi gli incatenati nella caverna del mondo; nel Fedone il mondo superiore senza morte a cui appartiene il combattente martire che sfida il potere dello stato.
Prima ancora, all’inizio della storia della filosofia greca, Parmenide usa espressioni tanto nette da disorientare il lettore moderno. Per Parmenide aléteheia è una dea che esige, comanda, impone. La parola che pronuncia non ammette né transazioni né mediazioni: quando appare la luce della verità il mondo ne risulta semplicemente annullato.

Una linea ininterrotta connette questo «pensiero vero» alla corrente degli gnostici del II secolo; e non solo alle complesse e raffinate elaborazioni mitiche e metafisiche dell’egizio Valentino, ma anche al nucleo profondo degli Adoratori del Serpente. Gli Ofiti, nome collettivo affibbiato dagli apologeti cristiani a una varietà di cerchie apocalittiche e ribelli, il cui indirizzo esprime il senso originale dell’intero movimento. Questo movente originale raccorda il pluralismo degli atteggiamenti e non è intaccato dalla mancanza di uniformità. Gli Ofiti, come in effetti tutti gli gnostici, adorano il Caos e la catastrofe del mondo.
Ora, questa linea rivela una trasparente ascendenza iranica.
In Parmenide il rapporto con l’antico Iran è quasi diretto. Due princìpi sono in lotta fra loro, in alternativa inconciliabile, la verità e la menzogna, il pensiero vero e il pensiero falso, il dio della saggezza e il suo nemico.

Colui che sa, dice esplicitamente Parmenide, stringe la mano destra in un patto di alleanza alla dea che smaschera, dissolve, annulla il mondo.
La filosofia greca nasce da questa chiamata anche se non rimarrà sempre fedele a essa. La filosofia rientra nella forma essenziale della rivolta dell’uomo eroico contro le forze del male e, in questo senso e per questo motivo, si inserisce nella mai spenta corrente religiosa del culto dell’eroe.
L’eroe, il combattente che sa affrontare la suprema prova, è nel tempo stesso l’iniziato al risveglio, il folgorato, il vegliante che ha scoperchiato la storia del mondo e ha visto il suo significato invisibile.

Giuseppe Lampis


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